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L’IA diventa pilota di droni e batte gli umani

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L’intelligenza artificiale ha imparato a pilotare i droni e sa farlo in modo più efficiente rispetto agli esseri umani. Lo dimostra il sistema di IA chiamato Swift, vincitore di gare contro piloti umani di droni e al quale la rivista Nature dedica la sua copertina. Il risultato non è solo una curiosità, ma costituisce una pietra miliare per i futuri sviluppi della robotica, in particolare per le auto autonome e i robot destinati a vivere nelle case con gli esseri umani.

La ricerca è stata coordinata dall’Università di Zurigo, con il gruppo diretto da Elia Kaufmann e dei quali fanno parte gli italiani Davide Scaramuzza e Antonio Loquercio, e condotta in collaborazione con gli Intel Labs di Monaco (Germania) e Jackson (Stati Uniti). I ricercatori hanno progettato un sistema robotico autonomo in grado di far gareggiare veicoli al livello dei più abili piloti umani di droni.

Il sistema funziona combinando strategie di apprendimento automatico per rinforzo con i dati raccolti nel mondo fisico e l’addestramento ha dimostrato di funzionare, considerando che Swift è riuscito a battere tre campioni umani, due dei quali di livello internazionale. Complessivamente il sistema di intelligenza artificiale si è aggiudicato 15 vittorie su 25 gare disputate, nonché il tempo di gara più veloce registrato sul percorso, con un vantaggio di mezzo secondo sul miglior tempo registrato da un pilota umano.

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Quattro italiane tra le 100 scienziate migliori al mondo

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Ci sono quattro italiane tra le prime 100 scienziate al mondo secondo la classifica 2023 stilata dalla piattaforma accademica Research.com sulla base del numero di pubblicazioni e citazioni ricevute. Al 20esimo posto c’è l’esperta di epidemiologia oncologica Silvia Franceschi, direttrice scientifica del Cro di Aviano; al 62esimo posto Speranza Falciano, dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; al 70esimo posto l’epidemiologa Eva Negri, docente all’Università di Bologna; all’85esimo posto Silvia Priori, docente di cardiologia all’Università di Pavia.

Allargando lo sguardo a tutta la classifica, che elenca le top 1.000 al mondo, si trovano altre 22 studiose che lavorano in Italia, impegnate in svariati settori, dalla medicina all’astrofisica. Tra queste spiccano: Patrizia Caraveo dell’Istituto nazionale di Astrofisica (alla posizione 116); Annamaria Colao (nella foto) dell’Università Federico II di Napoli e prima donna presidente della Società Italiana di Endocrinologia (alla posizione 225); Silvia Bordiga, ordinaria di Chimica Fisica all’Università di Torino (265); l’epidemiologa Carlotta Sacerdote dell’Università di Torino (345); Lucia Pozzetti dell’Osservatorio astronomico di Bologna Inaf (355); Marcella Brusa, astrofisica dell’Università di Bologna (376).

In testa alla classifica mondiale si è piazzata la statunitense JoAnn E. Manson della Harvard Medical School, nota per le sue ricerche pionieristiche nei campi dell’epidemiologia e della salute delle donne. Nel complesso, gli Stati Uniti dominano la classifica con 623 studiose tra le top 1.000; seguono il Regno Unito, con 96 scienziate, e la Germania con 37 classificate. L’Università di Harvard è la prima istituzione con 40 scienziate incluse nella classifica, seguita dai National Institutes of Health (33) e l’Università di Stanford (27). Le migliori scienziate al mondo si occupano prevalentemente di medicina (46,8%), fisica (10,8%), immunologia, biologia e biochimica (4,4%), genetica medica (4,2%) e psicologia (4,1%). Il rapporto pubblicato da Research.com evidenzia anche le difficoltà che le donne incontrano in un mondo scientifico ancora dominato dagli uomini. Rispetto ai loro coetanei maschi, le donne hanno meno probabilità di essere nominate su un brevetto o un articolo, e i loro contributi sono spesso non riconosciuti: le ricercatrici hanno una probabilità di ottenere un’attribuzione pari al 15% rispetto al 21% degli uomini. Per quanto riguarda i finanziamenti, le donne ricevono in media circa 342.000 dollari rispetto ai 659.000 dollari degli uomini.

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Neuralink di Elon Musk raccoglie 43 milioni di dollari

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Neuralink, la società fondata da Elon Musk che sviluppa chip impiantabili in grado di leggere le onde cerebrali, ha raccolto ulteriori 43 milioni di dollari di nuovi investimenti. Lo riporta il sito TechCrunch, basandosi su un documento depositato presso la Sec, l’ente federale statunitense che vigila sulla Borsa. Il documento mostra che la nuova iniezione di capitale è arrivata pochi mesi dopo un’altra operazione da 280 milioni di dollari guidata dal Founders Fund di Peter Thiel, uno dei nomi più iconici della Silicon Valley. Secondo il sito, Neuralink ora sarebbe valutata circa 5 miliardi di dollari.

Fondata nel 2016, Neuralink ha ideato un dispositivo in grado di impiantare fili ultrasottili all’interno del cervello. I fili si collegano a un chip progettato su misura contenente elettrodi in grado di leggere informazioni da gruppi di neuroni. Dopo sperimentazioni su animali e dopo diversi dinieghi, a maggio la società di Elon Musk ha ricevuto l’approvazione della Fda per gli studi clinici sull’uomo e ha aperto al reclutamento. Sta cercando un volontario per il suo primo test clinico: un adulto con meno di 40 anni e con i quattro arti paralizzati.

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IA sul lavoro, favorevole il 72% delle aziende italiane

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Il 72% dei leader aziendali in Italia afferma che l’IA generativa sarà vantaggiosa per i dipendenti. È quanto emerge dalla nuova indagine di LinkedIn condotta su oltre 1.000 manager in sei paesi europei. Gli italiani ritengono che l’eliminazione di attività noiose e ripetitive (49%), l’aumento della produttività (45%) e la maggiore disponibilità di tempo da dedicare al pensiero creativo (40%) rappresentino i maggiori benefici che l’IA generativa porterà ai dipendenti. Oltre un terzo (34%) ritiene inoltre che l’ascesa della tecnologia creerà nuovi ruoli all’interno della propria organizzazione.

I dati dell’ultimo report Future of Work: AI at Work di LinkedIn mostrano che l’IA sta già ridisegnando il mondo del lavoro, con le imprese che cercano di massimizzare il potenziale della tecnologia. Le posizioni di “Head of AI” sono triplicate a livello globale negli ultimi cinque anni e, in Italia, gli annunci di lavoro che menzionano l’IA sono quasi quintuplicati (4,7 volte) negli ultimi due anni.

A livello europeo, sono i manager in Germania i più ottimisti sull’IA (93%), seguiti da Regno Unito (81%) e Francia (80%). Nuovi dati diffusi dal Work Trend Index di Microsoft confermano il guadagno in termini di produttività derivante dagli strumenti di IA generativa come Microsoft Copilot. Il 77% tra i primi utenti che hanno provato il nuovo chatbot per Microsoft 365 per svolgere il proprio lavoro ha dichiarato di non volervi più rinunciare. LinkedIn prevede che le competenze richieste ai lavoratori cambieranno almeno del 65% entro il 2030, accelerate dai rapidi sviluppi dell’intelligenza artificiale. “Un futuro all’insegna dell’intelligenza artificiale è possibile, ma sarà fondamentale che i leader aziendali in tutto il mondo comprendano come preparare la forza lavoro” ha sottolineato in una nota ufficiale Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia.

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