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Cronache

L’ex legale di Ruby sette anni dopo ricorda che “Berlusconi pagò 5 milioni il silenzio della minorenne” che partecipava alle cene di Arcore

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È una storia di milioni di euro transitati da conti correnti, assegni e contanti. Ma anche di paradisi fiscali, case e ristoranti, viaggi alle Maldive, abiti griffati, scarpe, gioielli, orologi.
La nuova vita di Karima El Mahroug  dopo lo sconquasso giudiziario dei processi Ruby. Oggi Ruby ha appena 26 anni, ma quando non ne aveva ancora compiuti 18 raccontò ai pm di  Milano delle feste ad Arcore, con Silvio Berlusconi padrone di casa generoso nei confronti delle ragazze che animavano le serate. Ruby, sostiene a distanza di anni il suo ex avvocato Egidio Verzini, ebbe tanti soldi dall’ex premier. Nel 2011 Karima avrebbe ricevuto da Berlusconi “un pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank di Antigua su un conto presso una banca in Messico”. Nel dettaglio, due milioni “sono stati dati a Luca Risso”, l’ex compagno, e tre “sono stati fatti transitare dal Messico a Dubai e sono esclusivamente di Ruby”.
Chi è questo Verzini? È un avvocato. Sette anni fa, tra giugno e luglio 2011, fu anche legale di Ruby, “poi è venuto meno il rapporto di fiducia” e se ne andò o meglio fu sostituito da Ruby. Sette anni dopo questo legale ha deciso “di rinunciare all’obbligo del segreto professionale” sul caso per un “dovere etico e morale”. Perciò, spiega, racconta di quei soldi. Un racconto che mette nei guai Silvio Berlusconi. “Falsità, quereliamo”, lo smentisce subito con fermezza Niccolò Ghedini, storico avvocato del fondatore di Forza Italia. “Mai vi sono stati contatti diretti o indiretti né con l’avvocato Verzini né con Luca Risso per far ottenere denaro a Karima el Mahroug”, sottolinea il legale, ricordando come la circostanza “che il presidente Berlusconi non fosse a conoscenza della minore età di Karima el Mahroug è cristallizzato in una ben nota sentenza definitiva della Cassazione”.

“Sbalordita per queste fantasie” si dice la stessa Ruby. Verzini, che parla di “operazione interamente diretta dall’avvocato Ghedini”, è uno dei testimoni della procura di Milano nel processo a carico dell’ex premier e di altri 27 imputati per corruzione in atti giudiziari nell’ inchiesta Ruby Ter. E dunque, avendo deciso di rinunciare al segreto professionale, verrà convocato davanti ai giudici nel procedimento in corso. Durante le indagini è stato ascoltato dai magistrati, senza tuttavia fornire alcun dettaglio sul trasferimento di soldi. A quel tesoretto i pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, insospettiti dall’alto tenore di vita della giovane che a maggio 2015 si presentò a un interrogatorio con una borsetta Chanel dichiarando di essere disoccupata, hanno dato la caccia per mesi, anche con una rogatoria in Messico. Qui Ruby si è rifugiata a dicembre 2012 quando il tribunale la cercava per ascoltarla e ha cominciato una nuova vita con il Restaurante Casa Sofia, un locale con annesso pastificio.
Le indagini della procura di Milano puntavano a scoprire con quali soldi la coppia avesse fatto questi investimenti e adesso Verzini fornisce la presunta contabilità. I soldi arrivati in Messico, secondo il legale, sarebbero stati divisi, “due milioni di euro a Luca Risso, il quale ha acquistato il ristorante Sofia a Playa del Carmen, una villa a Playa del Carmen e un terreno edificabile sull’isola di Cozumel (tutto ciò è di proprietà esclusiva di Risso, Ruby non c’ entra nulla); tre milioni di euro sono stati fatti transitare dal Messico a Dubai e sono esclusivamente di Ruby”.
Berlusconi, afferma Verzini, “era a conoscenza sin dall’inizio della minore età di Ruby, motivo per cui ha elargito il denaro”. E lei, in cambio, doveva negare tutto nel processo, farsi passare per pazza.
Un paio d’anni dopo, aggiunge il legale, Karima voleva “costituirsi parte civile”, ma ci furono “degli interventi esterni”. All’ inizio “l’operazione Ruby, interamente diretta dall’avvocato Ghedini con la collaborazione di Luca Risso per controllarla, prevedeva il pagamento di 7 milioni di euro, di cui 1 milione per me e 1 milione per la persona incaricata da Ghedini di assistermi”.
Conclusione di Verzini: “Ho proposto una linea difensiva diversa (legale e non illegale), rigettata da Ghedini-Risso”. Quindi si sarebbe fatto da parte, salvo raccontare sette anni dopo la sua verità. Che è l’ennesima verità su questo capitolo oscuro.

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Caivano, Antonio Natale fu ucciso per uno sgarro al “sistema”, tre arresti

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Omicidio di Antonio Natale, si chiude il cerchio. Tre proiettili per punire lo sgarro. Il giovane, ribelle del “sistema” criminale, sarebbe stato ucciso per aver sottratto un borsone di armi e droga. Il cadavere venne rinvenuto dopo due settimane in un fondo agricolo.  I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, nei confronti tre persone gravemente indiziate, a vario titolo, del reato di omicidio e dei connessi reati di detenzione e porto di arma da sparo, aggravati dal metodo mafioso.

Omicidio Natale, tre arresti. Il VIDEO

In particolare, gli indagati, il 4 ottobre 2021 in Caivano, avrebbero ucciso Natale Antonio, esplodendo tre colpi di pistola che attingevano la vittima alla testa ed al torace.
L’omicidio sarebbe stato deliberato e premeditato per punire il Natale, che avrebbe sottratto armi, droga e denaro al gruppo criminale Bervicato, per conto del quale effettuava attività di spaccio di droga.
Il cadavere del Natale veniva rinvenuto in un fondo agricolo il giorno 18 ottobre 2021.
L’odierna attività fa seguito all’arresto di un’altra persona avvenuto nell’aprile scorso.

Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

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Bari, risolti due omicidi: 8 arresti della Polizia

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Maxi operazione della Polizia di Stato ancora in corso nelle città di Bari, Cagliari, Benevento, Siracusa, e Teramo, a dare esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Sezione G.I.P. presso il Tribunale di Bari, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di otto persone, ritenute responsabili, a vario titolo, in base agli elementi acquisiti nel corso delle indagini, di due omicidi, porto e detenzione di armi da guerra e di armi comuni da sparo.
Gli omicidi sono stati consumati nel 2017, nel quartiere Japigia di Bari; si tratta di delitti aggravati dal fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso di cui erano sodali.

Blitz della Polizia contro laCriminalità a Bari. Il VIDEO
I dettagli dell’operazione verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa programmata per le ore 10.30 odierne, presso la Procura della Repubblica di Bari, alla presenza del Procuratore della Repubblica.

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Nordio ferma test toghe dopo braccio ferro nel governo

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I test psicoattitudinali per i magistrati restano lì. Sono stati accantonati, messi da parte per un po’, ma sono ancora a portata di mano. Nella maggioranza c’è la volontà di introdurli, prima o poi. Anche la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, è convinta che l’obiettivo sia quello, ma solo dopo un confronto con i giudici. Ma spingere adesso significherebbe arare il terreno di scontro con i pm. Uno stop, quindi, rispetto alla volontà di accelerare che si è manifestata nel governo, con la proposta del sottosegretario Alfredo Mantovano nella riunione preparatoria con i tecnici, prima del consiglio dei ministri.

L’intenzione che prevale adesso è quella di non creare altri fronti. Il clima è ancora troppo acceso, dopo le parole del ministro della Difesa, Guido Crosetto, sulla “opposizione giudiziaria”, e dopo gli ultimi decreti, che hanno modificato le pagelle per i magistrati e hanno dato una stretta alla disciplina del collocamento fuori ruolo. In questa chiave, è stata letta anche la ricostruzione di via Arenula fatta uscire poco dopo una visita del ministro Carlo Nordio a Palazzo Chigi, mentre Meloni era impegnata al tavolo con i sindacati: è stato il ministero della Giustizia – è stato fatto sapere – a stoppare ieri in pre-Consiglio dei ministri l’ingresso nei decreti attuativi della riforma Cartabia dei test psicoattitudinali per i magistrati, tenendo il punto sui decreti legislativi che sono stati approvati dal Consiglio dei ministri.

“Con la nostra riforma – ha spiegato Nordio – non verrà penalizzato il magistrato che sbaglia troppo spesso. La nostra riforma contempla la grave sanzione per il magistrato soltanto quando i suoi provvedimenti sono abnormi, manifestamente contrari alla logica”. L’intenzione del governo è quella di stemperare il clima con le toghe. Un proposito che non può che incontrare i favori del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, capo del Consiglio superiore della magistratura: nelle prossime ore è in programma il plenum, con il Capo dello Stato. Anche Crosetto ha tentato di smorzare gli effetti delle sue accuse, aprendo alla richiesta delle opposizioni: “Avendo parlato di riunioni pubbliche fatte da associazioni mi pare che ci sia poco da denunciare – ha detto – Ma se vogliono che riferisca in Parlamento, riferisco volentieri”. I magistrati ancora non hanno derubricato: “Opposizione giudiziaria – ha detto il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia – è un termine inaccettabile sul piano costituzionale”, l’accusa di Crosetto è “gravissima”.

Poi la telefonata fra i due: “Crosetto ha avuto la cortesia di chiamarmi – ha rivelato Santalucia – E’ fuori Italia e quando ritornerà probabilmente ci incontreremo”. In serata è stato Nordio a dare una lettura della vicenda: “Non temo un attacco della magistratura e non lo teme neanche Crosetto – ha detto -. Credo che il ministro della Difesa abbia interpretato quello che è un sentimento abbastanza diffuso e che si è creato in questi decenni ed è stato acuito dallo scandalo Palamara”. Il tema dei test psicoattitudinali è comunque sul tavolo. E’ vero che la proposta del sottosegretario Alfredo Mantovano si è fermata alla riunione preparatoria del consiglio dei ministri, senza approdare nei decreti, ma la volontà di procedere in quella direzione resta.

“Non è stata ancora introdotta solo perché la legge delega del governo non lo consentiva – ha chiarito il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, di Forza Italia – ma è una cosa che va fatta. In Francia e in Germania è una prassi, evidentemente non è un’offesa alla magistratura”. Come resta il progetto di separazione delle carriere fra magistratura inquirente e magistratura giudicante, altro tema di tensione con i magistrati. “La posizione di Forza Italia è chiara – ha ribadito il capogruppo azzurro, Paolo Barelli – la riforma della giustizia serve al Paese e ai cittadini, non è contro qualcuno. Noi vogliamo ci sia equidistanza tra difesa e accusa nei confronti del giudice che deve essere terzo”. Il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini ha provato a rassicurare: “C’è bisogno di una riforma della giustizia, che è da fare insieme a magistrati e avvocati”

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