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Cronache

Lettera dall’inferno del testimone di giustizia Gennaro Ciliberti: spremuti come limoni dallo Stato e poi buttati

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L’autore di questa lettera-appello è un testimone di giustizia, Gennaro Ciliberti*. Grazie alla sua collaborazione sono stati aperti in molte procure d’Italia inchieste su presunte infiltrazioni anche della camorra negli appalti di Autostrade. Che fine abbiano fatte queste inchieste, dove si arenano e perché accade poco o nulla è da vedere e capire. Quale sia la condizione dei TDG si può cogliere nelle parole amare di questo uomo che per aver scelto di denunciare reati si ritrova oggi ad essere una sorta di cittadino fantasma.

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Se uno vale uno tutte le vite dei testimoni di giustizia devono essere tutelate e protette.
Da giorni girano sul web comunicati che riguardano la vicenda dell ex testimone di giustizia Ignazio Cutró.
Bene ha fatto la deputata Piera Aiello giá coordinatrice del “X comitato Testimoni di Giustizia” a portare alla ribalta la questione sicurezza.
Ma la domanda di altri 89 testimoni di giustizia alle istituzioni è questa: solo Ignazio Cutrò è in pericolo?
Degli 89 testimoni di giustizia non se ne parla mai?
Questo drammatico silenzio ci porta a pensare che che c’è qualcuno che crede che tutti gli altri testimoni di giustizia stanno bene, hanno una adeguata protezione, vivono una vita serena e senza alcun problema economico, senza nessuna cartella esattoriale che li insegua e li metta in una condizione di povertà e mille altri problemi chi scelse di aiutare lo Stato nel perseguire reati gravi.
Oppure non è cosi ?
Forse anche per i testimoni di giustizia vige la regola della classificazione di serie A o di serie B o addirittura del non classificato?
Purtroppo negli anni si è visto già troppo ma sinceramente credevamo nel cambiamento di cui si fa alfiere il M5S. Un cambiamento inesistente e anche illusorio.
Ecco perché dico a loro, agli alfieri del cambiamento che i testimoni di giustizia sono abbandonati da anni nel silenzio. A loro dico che ai testimoni di giustizia resta solo la preghiera già che la politica è incapace di aiutarci. Tanto l’abbiamo capito: per lo Stato siamo come limoni da spremere e poi buttare.

*Gennaro Ciliberti

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Maresciallo arrestato lascia carcere militare e va a domiciliari

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Lascia il carcere militare e va agli arresti domiciliari il comandante Davide Oddicini, il maresciallo finito in cella per corruzione, concussione, accesso abusivo ad atti coperti da segreto e falso. Il militare era stato arrestato dai colleghi del nucleo investigativo di Genova e sospeso dal servizio.

Il giudice ha accolto la richiesta dell’avvocato Andrea Testasecca. Per il gip sussistono i gravi indizi ma i domiciliari appaiono adesso una misura adeguata. Nel frattempo proseguono gli accertamenti degli investigatori, coordinati dalla pm Gabriella Dotto e dall’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. Sotto la lente sono finiti anche due arresti “dubbi”.

Gli investigatori hanno deciso di approfondire questi due episodi anche dopo le audizioni, come persone informate dei fatti, dei colleghi sottoposti al maresciallo. I carabinieri sentiti hanno spiegato che in alcuni casi era lo stesso Oddicini a redigere personalmente i documenti, pur non avendo assistito alle operazioni, facendoli allontanare dall’ufficio. L’ex comandante, tra le varie contestazioni, ha anche quella di avere falsificato i verbali di arresto di uno straniero.

L’uomo, infatti, era stato accusato di rapina impropria sulla base di verbali che, per l’accusa, sarebbero stati “aggiustati” dal carabiniere. Oddicini si è difeso dicendo di essersi basato sulla testimonianza dei presenti (in quel caso una delle testimoni era la fidanzata). Anche per gli accessi al sistema ha dato una sua spiegazione: la maggior parte erano connessi ad attività di indagine, mentre alcuni li ha fatti perché glielo hanno chiesto alcuni amici.

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Cronache

Fa segnale d’aiuto ai carabinieri per strada e si salva da strupro, arrestato 38enne

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Fermato dai carabinieri della compagnia di Roma Centro un cittadino tunisino di 38 anni per violenza sessuale ai danni di una donna 39enne. I militari sono intervenuti dopo aver notato camminare sul marciapiede di via Einaudi una strana coppia per cui l’uomo teneva stretta per mano la donna che, nell’incontrare la pattuglia di militari ha attirato con lo sguardo la loro attenzione, portando la mano libera dietro la schiena per fare il gesto convenzionale antiviolenza ‘Signal for help’ che è stato subito riconosciuto dai militari.

Chiesti i loro documenti, l’uomo ha subito tentato di scappare ma è stato inseguito e fermato dopo circa 200 metri da uno dei militari. La donna ha denunciato di essere stata avvicinata poco prima nell’area cantiere di piazza dei Cinquecento dall’uomo che, dopo averle offerto e fatto consumare del crack, le aveva chiesto in cambio un rapporto sessuale e al suo rifiuto ha iniziato a molestarla, minacciandola di farle del male se non avesse ceduto alla sua richiesta. Così la donna ha finto di accettare convincendolo a spostarsi in una strada vistasi in estremo pericolo, gli aveva fatto credere di accettare, convincendolo a spostarsi nella strada più trafficata.

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Cadavere riemerge dal fiume a Rimini, ipotesi di omicidio

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Cadavere riemerge dal fiume Uso, è un omicidio. Lo confermerebbe l’autopsia disposta dalla Procura della Repubblica sul corpo ritrovato il 29 ottobre: l’uomo, Abderrahman Hamdane, 48 anni, cittadino marocchino, è stato ritrovato senza vita galleggiare lungo il fiume, nel tratto compreso tra il comune di Bellaria Igea Marina e quello di San Mauro Pascoli. Aveva in tasca cellulare e documenti, oltre a pochi euro in contanti, ed è stato subito identificato come regolare sul territorio. Lunedì infatti avrebbe dovuto firmare il contratto di lavoro come bracciante e invece giovedì scorso il suo corpo è stato notato da alcuni addetti allo sfalcio che operavano sulla stradina di ghiaia lungo il canale. Il cadavere era riverso a faccia in giù in acqua. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Bellaria Igea Marina, i vigili del fuoco e la polizia municipale. Indagano ora i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Rimini coordinati dal sostituto procuratore Alessia Mussi. L’ipotesi è quella di omicidio volontario.

La morte risalirebbe a poche ore prima del ritrovamento, al momento si ipotizza uno strangolamento o lesioni interne successive ad un’aggressione. Sicuramente quando il 48enne è entrato nel fiume era già morto, perché l’autopsia ha rivelato che non c’era acqua nei polmoni. La salma era stata recuperata dalla squadra di soccorso acquatico dei vigili del fuoco. Hamdane era arrivato in aereo dal Marocco con un volo su Bologna e aveva preso alloggio a casa dei familiari. Ad aspettarlo in Italia infatti c’erano i cognati mentre la moglie era rimasta in Marocco. Probabilmente l’intenzione era di rimanere in Italia per pochi mesi e poi tornare a casa. Il suo corpo è stato quindi ripescato a circa 300 metri dalla casa che condivide con i parenti a Bellaria Igea Marina. Un uomo dal passato specchiato, così come quello dei familiari che sono tutti lavoratori, nei campi e come muratori, e che non hanno alcun precedente.

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