Il Pd vorrebbe un’opposizione unitaria in Aula. Il terzo polo, rimasto a bocca asciutta negli uffici di presidenza delle Camere, sostiene che ad oggi le opposizioni “sono due”: loro da una parte, dem e pentastellati dall’altra. Per il M5s, che esclude la possibilità di fare fronte comune “permanente” con i democratici, sono tre, ognuno per la sua strada. Se in Parlamento stenta a decollare il progetto di unificare l’asse alternativo alle destre e le opposizioni si mostrano più che mai divise, Enrico Letta non demorde: “Sono fermamente convinto che in questa legislatura serva un percorso verso una convergenza” dei partiti di minoranza, “se si vuole evitare che la legislatura duri 5 anni con lo stesso governo”. “Ma – rimarca subito dopo – noi siamo gli unici ad aver fatto un’autocritica. Con il congresso costituente per il nuovo Pd metteremo in discussione noi stessi” per allargare il campo. Il clima, almeno in Parlamento, non è dei migliori. Gli eletti dem masticano amaro per la mancata elezione di due segretari d’Aula “a causa della voracità di FdI”. Azione e Iv, come promesso, portano “l’esclusione dai ruoli fondamentali di garanzia istituzionale” sul tavolo del presidente Sergio Mattarella, durante le consultazioni. La capogruppo dei senatori, Raffaella Paita, sottolinea lo “scambio fatto dalle altre forze di opposizione”, a scapito del terzo polo e aggiunge: “Vedremo se ci sarà un cambiamento a partire dalle commissioni”. Matteo Renzi, tirato in ballo per la presidenza del Copasir, sostiene “di non pensarci nemmeno”. Il leader di Iv non si presenta al Colle, dove la delegazione viene rappresentata da Carlo Calenda, che non risparmia una stoccata a Letta: “Si parla di opposizione unica”, è evidente come ce ne sia “più di una”, in questo caso “sicuramente due”. Anche Conte – nonostante l’accordo fatto tra M5s e Pd sulle vicepresidenze – frena: “Un’opposizione unitaria non è nell’ordine delle cose. Il Pd ha avviato una fase congressuale, faranno il loro percorso. Su molti passaggi potremo trovarci insieme ma non è il tempo di una cabina di regia coordinata e permanente”. Il leader dei 5 stelle, per ora, guarda al polo progressista che dovrebbe riunirsi sabato a Roma e alle “crescenti adesioni” al suo “progetto politico”. Il Nazareno, da parte sua, lavora per avviare concretamente il percorso verso il “nuovo” Pd, aprendo alla società civile e ai partiti satellite, con la direzione che dovrebbe riunirsi tra lunedì e martedì. Articolo 1 – che ha aperto alla possibilità di una strada comune – sta alla finestra, attendendo di capire “se il percorso sia davvero aperto e capace di costruire la nuova proposta progressista che serve al Paese”. In quest’ottica, il segretario nazionale, Roberto Speranza, sta programmando un giro in molte regioni italiane, a novembre per discutere con la sua base del da farsi. Poi, a fine mese, ci sarà l’assemblea nazionale. La primarie, previste a marzo, saranno solo la tappa finale dell’iter in quattro tappe a cui si prepara il partito di Letta. Ma già fervono le manovre di candidati e ‘papabili’ successori alla segreteria: Matteo Ricci, il coordinatore dei sindaci dem che si è fatto avanti da tempo (insieme a Paola De Micheli), ha iniziato il suo viaggio nelle province italiane dal nome “Pane e Politica – un sindaco a cena dalle famiglie italiane”. Il governatore Stefano Bonaccini, che ancora non scioglie la riserva, fa sapere che gli stanno arrivando “molte sollecitazioni”. Marco Sarracino, su cui potrebbe puntare l’area di Orlando, esorta a fare del lavoro e della lotta allo sfruttamento le parole d’ordine del Pd.