L’esodo dei malati al nord, la Campania paga oltre 300 milioni di euro ogni anno alle regioni Lombardiam Veneto ed Emilia per curare i suoi cittadini-pazienti
C’è un esercito di pazienti campani che per motivi di salute vanno a curarsi in strutture sanitarie pubbliche della Lombardia o del Veneto o dell’Emilia Romagna. La loro scelta è dettata da efficienza o competenza o altri qualità della sanità regionale del Nord che forse non vedono in Campania. I viaggi della salute però non sono gratis. Costano alla sanità regionale campana 318 milioni di euro. È questo il prezzo che i campani pagano sull’altare della cosiddetta “mobilità sanitaria passiva” ovvero la somma che la regione Campania paga ad altre strutture sanitarie pubbiche di altre regioni per le prestazioni rese ai suoi cittadini. La Campania è sistemata in fondo alla classifica della efficienza della sanità o se vi piace di più alla percezione di efficienza di funzionamento. Ed è per questo che i pazienti si fanno curare altrove (Veneto e Lombardia in primis) con una spesa di oltre 318 milioni di euro l’anno.
La Campania è in buona compagnia sotto questo profilo. Tutte le altre regioni del Centro Sud registrano tutte performance negative, saldi negativi, che pesano sui bilanci e vanno ad arricchire le tre regioni del Nord che rimpinguano le loro casse col danaro ricavato dalle prestazioni sanitarie ai pazienti del Sud. E le regioni del Nord che incassano miliardi di euro dalle regioni del Sud sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Per capirci sono le regioni che (per ragioni che forse prescindono anche dalla politica) rivendicano l’autonomia differenziata. Sono soldi. E i soldi non hanno colore politico. Con l’autonomia differenziata la fuga di pazienti da Sud verso Nord aumenterebbe considerevolmente. E così la sanità del Sud sarebbe sempre meno efficiente e godrebbe sempre di meno fiducia, favorendo la fuga dei pazienti verso nord e arricchendo la sanità pubblica del nord. L’88% del saldo attivo delle risorse sanitarie pubbliche (parliamo di circa l’80 per cento delle risorse di bilancio di ogni regione) vengono incamerate da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. Questi numeri si possono leggere in un report della Fondazione Gimbe.
Per le compensazioni finanziarie dovute a ricoveri, day hospital, specialistica ambulatoriale e farmaceutica, le Regioni hanno rendicontato 4.578,5 milioni nel solo 2017.
Tra le regioni con il numero di pazienti in trasferta e il saldo finanziario negativo ci sono il Lazio (13,2%) e la Campania (10,3%) che insieme contribuiscono a circa 1/4 della mobilità passiva nazionale.
Le Regioni con saldo positivo superiore ai 100 milioni di euro sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo oltre i 100 milioni di euro tutte del Centro-Sud. Il saldo positivo più rilevante è quello della Lombardia (784,1 milioni di euro). Seguono in dettaglio Emilia Romagna (307,5 milioni), Veneto (143,1 milioni) e Toscana (139,3 milioni). Il saldo positivo è minimo per il Molise (20,2 milioni), per il Friuli Venezia Giulia (6,1 milioni), per la Provincia Autonoma di Bolzano (1,1 milioni). Il saldo negativo è minimo, invece, per la Provincia Autonoma di Trento (-0,1 milioni), per la Valle d’ Aosta (-1,8 milioni), per l’ Umbria (-4,17 milioni). È negativo ma moderato per le Marche (-43 milioni), Piemonte (-51 milioni), Basilicata (-53,3 milioni), Liguria (-71,2 milioni), Sardegna (-77,2 milioni), Abruzzo (-80 milioni).
Ma più si scende lungo lo Stivale e peggio si presenta la situazione: per la Puglia arriva a -201,3 milioni di euro; per la Sicilia non va meglio (-236,9 milioni); così per il Lazio (-239,4 milioni), per la Calabria (-281,1 milioni) e, infine, come dicevamo, per la Campania (-318 milioni di euro): ultima in classifica. Si riducono le differenze delle prime tre Regioni nel saldo pro-capite: la Lombardia registra un saldo pro-capite di 78 euro; l’ Emilia Romagna di 69 euro; il Molise (prima Regione del Sud a salire sul podio) di 65 euro; infine è la Calabria a precipitare nell’ ultima posizione con un saldo pro-capite negativo di 144 euro, pari circa a tre volte quello della Campania (55 euro) e di poco inferiore alla somma del saldo pro-capite positivo di Lombardia ed Emilia Romagna (147 euro).
“Le nostre analisi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sono state effettuate esclusivamente sui dati economici della mobilità sanitaria aggregati in crediti, debiti e relativi saldi, ma per studiare al meglio questo fenomeno abbiamo già inoltrato formale richiesta dei flussi integrali trasmessi dalle Regioni al Ministero che permetterebbero di analizzare, per ciascuna Regione, la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità, la differente capacità di attrazione di strutture pubbliche e private accreditate e la Regione di residenza dei cittadini che scelgono di curarsi lontano da casa, identificando le dinamiche della mobilità, alcune “fisiologiche” ed altre francamente “patologiche””.
“In tempi di regionalismo differenziato – conclude Cartabellotta – il report GIMBE non solo dimostra che il denaro scorre prevalentemente da Sud a Nord, ma che l’88% del saldo in attivo alimenta proprio le casse di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, mentre il 77% del saldo passivo grava sulle spalle di Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania. Anche se la bozza del Patto per la Salute 2019-2021 prevede numerose misure per analizzare la mobilità sanitaria e migliorarne la governance, difficilmente la “fuga” in avanti delle tre Regioni potrà ridurre l’impatto di un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche”.
Alla centrale operativa della Compagnia Carabinieri di Giugliano in Campania arrivano diverse segnalazioni ma il messaggio è sostanzialmente lo stesso: “C’è una persona che sta passeggiando sull’Asse Mediano, sembra spaesato”.
I militari della sezione radiomobile della compagnia di Giugliano raggiungono in pochi minuti l’asse mediano. Ogni minuto può essere prezioso e la Gazzella dell’Arma percorre la strada – nota per essere percorsa ad alta velocità – in direzione Giugliano centro.
Ad un tratto compare l’uomo che vaga sulla corsia di soprasso contro le auto che sfrecciano. Lampeggianti accesi e segnalazione sul tetto dell’auto con l’avvertimento di rallentare e i carabinieri scendono dalla gazzella. Pochi secondi e l’uomo – visibilmente disorientato – viene messo in auto tra il vento, la pioggia e le auto. L’uomo, un 80enne del posto, è stato affidato ai medici del 118 e fortunatamente sta bene. I carabinieri successivamente constateranno che l’anziano si era allontanato poco prima da una casa albergo per anziani.
Una scossa di terremoto che ha avuto magnitudo 4.1, ipocentro a 10 chilometri di profondità ed epicentro a 5 chilometri dai comuni di Socchieve (Udine) e di Tramonti di Sopra (Pordenone) è stata registrata alle 22.19. Il terremoto è stato avvertito chiaramente in tutta la regione, da Pordenone a Udine, a Trieste. Secondo l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia la scossa avrebbe avuto l’epicentro a Socchieve (Udine), piccolo comune della Carnia, a una profondità di dieci chilometri. La spallata è stata avvertita nettamente – anche in Veneto, in Trentino Alto Adige e nelle confinanti Austria e Slovenia – e i centralini dei vigili del fuoco hanno ricevuto decine e decine di telefonate. Al momento non si registrano danni a persone o cose.
“Abbiamo sentito un botto tremendo e abbiamo avuto tanta paura”, poi “è mancata la luce per alcuni minuti”. Lo ha detto a Rainews24 Coriglio Zannier, sindaco di Socchieve, il comune più vicino all’epicentro della scossa di terremoto di magnitudo 4.5 avvertita questa sera in Friuli-Venezia Giulia. Come danni, ha detto il sindaco, si registra “qualche caduta di tegole”, ma ora “stiamo tornando alla normalità”.
La vita di un uomo qualunque. L’acquisto di un’auto, la fila in banca per ritirare un assegno, le polizze assicurative e i bolli meticolosamente pagati. E poi gli esami medici, il ricovero e l’intervento chirurgico ottenuti in tempi record (questo forse non proprio come un comune cittadino). Man mano che emergono nuovi particolari sulla latitanza trentennale di Matteo Messina Denaroil quadro si fa più inquietante e si confermano i primi sospetti: il boss più ricercato del Paese conduceva una esistenza ordinaria grazie a una fitta rete di complici.
Oggi i carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura di Palermo, ne hanno arrestati altri tre: l’architetto Massimo Gentile, siciliano da anni residente a Limbiate, in provincia di Monza, dove si occupa di appalti per conto del Comune e dove ha gestito decine di opere finanziate dal Pnrr; suo cognato Cosimo Leone, tecnico radiologo all’ospedale di Mazara del Vallo e Leonardo Gulotta. Salgono dunque a 14 i fiancheggiatori del capomafia finiti in cella dal 16 gennaio scorso, quando un blitz dei Carabinieri mise fine alla sua latitanza.
Da allora i militari con un paziente lavoro hanno tentato di ricostruire la vita alla macchia del boss. E stavolta hanno scoperto che a novembre del 2014 Messina Denaro andò personalmente da un concessionario auto di Palermo per acquistare una Fiat 500 e poi in banca a ritirare l’assegno da consegnare al rivenditore. Il boss usò una falsa carta di identità intestata all’architetto Massimo Gentile e indicò come numero telefonico di riferimento per eventuali comunicazioni quello di Leonardo Gulotta. L’input all’ultima indagine deriva da un appunto trovato in casa del boss.
La caccia al veicolo ha portato i carabinieri alla concessionaria dove è stata trovata la pratica dell’acquisto della macchina con i documenti consegnati dall’acquirente, tra i quali la fotocopia della carta d’identità su cui era stata incollata la foto di Messina Denaro. Il documento, che portava la firma dal padrino, conteneva alcuni dati corrispondenti a quelli di Gentile e altri falsi: come l’indirizzo di residenza indicato in “via Bono”. Per l’acquisito il capomafia ha versato mille euro in contanti e 9.000 attraverso un assegno circolare emesso dalla filiale di Palermo dell’Unicredit di corso Calatafimi.
Allo sportello, per ottenere l’assegno, ha esibito il falso documento, versato euro 9.000 cash e dichiarato che il Denaro era frutto della propria attività di commerciante di vestiti. Come recapito telefonico per le comunicazioni ancora una volta il boss ha lasciato il cellulare di Gulotta. L’auto è stata assicurata a nome di Gentile e in almeno un anno le polizze, come hanno mostrato le comparazioni grafiche, hanno portato la firma di Messina Denaro. Dalle indagini è emerso anche che nel 2007 l’architetto ha acquistato per conto del mafioso una moto Bmw che sarà poi lo stesso Gentile a portare alla demolizione in una officina a cui si fa riferimento in un pizzino nascosto in una sedia, trovato a casa della sorella di Messina Denaro, Rosalia.
I bolli di moto e auto nel 2016 sono stati pagati l’uno a 40 secondi dall’altro in una tabaccheria di Campobello di Mazara dove, sette anni dopo, pochi giorni prima dell’arresto, il capomafia era andato a fare acquisti, come dimostra uno scontrino ritrovato dal Ros. Poi c’è il fronte sanitario, tutto ancora da scandagliare. Al momento è emerso che il latitante ha potuto godere di aiuti importanti come quello ricevuto da Cosimo Leone, che si sarebbe occupato di far fare una Tac urgente al capomafia (Tac, come risulta da documenti sanitari, anticipata più volte).
Secondo gli investigatori, inoltre, Leone avrebbe costantemente informato dello stato del paziente un altro fiancheggiatore, Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato al boss l’identità per farsi curare. Sono decine i contatti telefonici tra i due nei giorni in cui il capomafia si trovava all’ospedale di Mazara scoperti dai carabinieri. E dalle analisi dei tabulati risulta evidente che Bonafede fece avere al boss un cellulare mentre questi era ricoverato.