La giornata di ieri l’altro ha partorito un decreto così ambizioso, lo si vede dal nome appiccicatogli: “Misure di accesso al credito per le imprese”, da aver affollato di amici e parenti, prima le sale di attesa delle cliniche di tutta Italia e, subito dopo le nursery.
Oggi però siamo tutti spettatori, il figlio tanto atteso dal nome aureo, è dedito con altri otto amici (i commi dell’art. 1 di nostro interesse sono infatti nove) al gioco dell’oca o poco più. Del resto sempre di bambini si tratta e quindi le partite vere, quelle che decidono la sopravvivenza stessa delle imprese italiane, si giocano su altri tavoli, tavoli che ultimamente ci devono fermamente preoccupare e, a questo punto, speriamo non anche spazientire.
L’art. 1 forte di 14 commi reca in seno ben due rinvii, il primo normato dall’art. 10, di natura interna, il quale assegna alla solita noiosa decretazione ministeriale il compito di riempire il campo di nuovi giocatori, implicitamente ammettendo l’incapacità di quelli attualmente esistenti. La norma intravede infatti la possibilità di disciplinare, da parte del Ministro, nuove modalità attuative ed operative per l’esecuzione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 9 proprio del “decreto 23”. E fino a qui il primo giro dell’oca sarebbe compiuto!
La cabala o, per noi napoletani, la smorfia, evidentemente non mentono. Il secondo giro però si sposta, ai sensi del comma n. 12, sul piano europeo dove parte una nuova tornata, con nuovi blasonati giocatori internazionali i quali avranno il compito, ai sensi dell’art. 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di sindacare e quindi determinare l’efficacia dei commi da 1 a 9 del decreto citato, di fatto potendone mettere completamente a rischio la sua stessa esistenza.
Sul fronte del terzo giro, quello dei requisiti previsti per l’accesso, gli spettatori sono impegnati strenuamente a corrente alternata, con un occhio a guardare la partita nazionale ed internazionale, di cui sopra, con l’altro alla lettura del “decreto 23” al fine di individuare tra le svariate possibili, la migliore interpretazione del dettamen del comma 6, quello che individua le modalità di individuazione della documentazione e dei dati necessari per l’accesso alle misure. Il tutto proprio come chi con un occhio è dedito a guardare il gatto e con l’altro a friggere il pesce. E qui, consentitemi, è veramente dett’amen. Ed allora il fatturato si potrebbe individuare con i dati di bilancio, i cui termini di approvazione sono stati da poco differiti al 30 giugno 2020, o più semplicisticamente certificati con riferimento alla data di entrata in vigore del “decreto 23”, se l’impresa non lo ha ancora approvato (circostanza questa quasi scontata tranne che per quei pochi soggetti operanti in settori stagionali, che hanno l’anno di imposta non coincidente con l’anno solare). Ma tutto questo sempre che le regole del gioco non vengano nel frattempo cambiate, infatti a norma del comma 11 il turno del gioco passerebbe poi alla Commissione europea del 19 marzo 2020 (i dati sono stati appena spostati dalla pagina originaria alla seguente https://ec.europa.eu/info/index_it), recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza COVID-19”, la quale potrebbe indurre il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, alla modifica delle condizioni indicate ai commi da 2 a 8 del “decreto 23”. Bene la Ragioneria dello Stato che ci ricorda nella sua relazione tecnica al decreto che, al comma 2 lett. e) decr. cit., è previsto finanche il pagamento per il rilascio della garanzia statale sui prestiti. Ed allora da cittadini non ci resta che aspettare con le dita incrociate, stando attenti a leggere e rileggere lo stesso decreto perchè, gira e rigira, non vorrei che per noi uscisse sempre il 23. A buoni intenditori poche parole.
Massimiliano Toriello