Il primo big scende in campo nella corsa per la segreteria dem. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, rompe gli indugi e si candida per succedere a Enrico Letta. Per l’annuncio sceglie il suo circolo di Campogalliano (Modena): “Non chiederò a nessuna corrente di sostenermi né vorrò il sostegno di qualsivoglia corrente”, afferma perentorio. Poi, promette: “E’ in gioco la vita del partito”, “il Pd nasce come partito di centrosinistra e questo spazio adesso ce lo andiamo a riprendere noi”. Un’iniezione di ottimismo in tempi bui per i dem. Per la sua possibile competitor, l’outsider Elly Schlein, esprime solo parole di stima e affetto” “Sarà una bella sfida se vorrà candidarsi”.
Subito dopo, però, è lo stesso Bonaccini a voler rimarcare che “sui giovani il tema non è l’età che si ha, perché in Emilia Romagna scoprimmo che il 61% dei ragazzi tra i 18 e i 25 anni votò per Bonaccini…”. La sua ricetta per rifondare il Pd parte dalla necessità di ritrovare l’identità perduta, sia attraverso l’opposizione parlamentare, sia tornando nelle piazze, nei mercati, nei luoghi di studio, da cui il partito spesso è mancato. Le alleanze verranno dopo, ma lo schema è già chiaro e viene a galla quando, rivolgendosi a terzo polo e M5s, Bonaccini afferma: “Divisi si perde…non credo sia stato compreso in Lazio e Lombardia” ma “speriamo di avere più forza in futuro per convincerli”. Per ora, l’accusa al partito di Conte e all’alleanza Calenda-Renzi è di “strabismo” nell’approccio alla maggioranza e all’opposizione. Per il governatore gli attestati di stima e supporto non si fanno attendere: da Eugenio Giani a Alessia Morani.
“E’ la leadership giusta”, si schiera il governatore della Toscana. Dario Nardella, secondo alcune voci (non confermate), potrebbe alla fine non candidarsi più per cedere il passo a Bonaccini o a Schlein. “Ho chiamato Stefano per fargli un sincero in bocca al lupo – dice il sindaco di Firenze -. In questi giorni con lui, come con gli altri protagonisti politici di questo congresso, c’è un dialogo aperto e costruttivo”. Un dialogo aperto che, nell’ottica di Nardella risponde alla logica di interpretare il congresso non come una lotta tra bande ma come un confronto per il bene del partito, prima di qualsiasi iniziativa personale. Coloro che sperano nella sua candidatura (il primo cittadino – come spiegano fonti a lui vicine – non ha rinunciato all’ipotesi di scendere in campo) sul calendario hanno già cerchiato in rosso il 27 novembre, data in cui terrà un’iniziativa a Roma.
“Chiederò una mano particolare a sindaci, amministratori locali, al gruppo dirigente diffuso sul territorio, ai tanti segretari di circolo. Anche perché mi è abbastanza chiaro che non avrò il sostegno di molti nel gruppo dirigente nazionale”, fa sapere Bonaccini. Che parla anche delle correnti, finite al centro delle polemiche, sostenendo di non averne mai fatto parte ma che il “tema non è far loro la guerra”. Lo scontro tra i dem sui tempi congresso, dopo essersi consumato prima e (solo in parte) durante l’assemblea, riemerge nelle dure parole di Andrea Orlando: “Mi pare che, al di là della buona volontà dei progettisti di questo percorso, si vada nei fatti verso un congresso ordinario. E’ la costituente più breve della storia delle forze politiche. Spero di sbagliarmi per il bene del Pd”. In Lombardia intanto, il candidato del centrosinistra Pierfrancesco Majorino, lancia la sfida: “Saremo la vera sorpresa della campagna elettorale”, dice.