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“Le Iene” trovano un lavoratore in nero pure nell’azienda del papà di Di Battista, il figlio abbozza: ora speriamo vadano pure da Berlusconi

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Vittorio Di Battista (nella foto in evidenza), il padre di Alessandro, ha fatto lavorare in nero nella sua azienda. “Un lavoratore, per quattro-cinque ore alla settimana di media”. È la confessione di Vittorio Di Battista fatta a Filippo Roma de “Le Iene”, in un’intervista che andrà in onda stasera. Roma chiede a Di Battista Senior se giustifica il lavoro nero: “Per certi aspetti sì – risponde – è diffuso in Italia”. “Bisognerebbe contrastarlo – prosegue – ma colpendo le situazioni che impediscono a tanta gente di assumere regolarmente perchè costa un sacco, a tanti disgraziati che cercano lavoro di adattarsi a queste situazioni”. Poi la domanda secca: lei ha mai avuto dei lavoratori in nero? “Sì, pensi che scoop”, replica senza esitazioni Vittorio Di Battista. E alla domanda su quanti lavoratori abbia tenuto in nero, risponde: “Uno, quattro-cinque ore alla settimana di media”. Filippo Roma osserva che se “la batta con Antonio Di Maio”: “Che me la batto con Antonio di Maio è un’interpretazione un po’ stupida, se permette. Che significa battersi? Io sostengo che migliaia di piccoli imprenditori sono offuscati dal fatto che si possa approfittare della possibilità di poter avere un ausilio, un contributo senza dover pagare quelle somme enormi che vanno dietro il contributo”. Lei se ne è approfittato, ha incalzato l’inviato delle Iene: “No – ha infine risposto Di Battista – ho usufruito di certe situazioni…”. E con questo Vittorio Di Battista, che ha goduto delle attenzioni delle Iene, ha semplicemente detto la verità, non si è nascosto e ha messo in evidenza una situazione che è molto praticata. Ciò significa che siccome lo fan tutti lo può fare anche il signor Di Battista? Giammai, ma la situazione c’è. Ed ecco servito un altro scandalo mediatico che si gonfierà di centinaia di dichiarazioni, richieste di dimissioni, difese, accuse, che consentirà di non discutere di cose forse più importante dell’operaio in nero di Di Battista. Ma funziona così il circo, e tocca assistere allo spettacolo. Prima che qualcuno glielo chiedesse, Alessandro Di Battista, ha ricostruito la vicenda così come l’ha vissuta lui.

“Questa mattina mi ha chiamato mio padre e mi ha detto che è stato avvicinato da Le Iene in merito ad una piccola azienda di famiglia. Gli hanno chiesto se c’è un lavoratore in nero e lui ha risposto di sì. È una cosa che mi ha detto mio padre qualche giorno fa. Mi sono incazzato, in primis perchè è una cosa profondamente sbagliata. Mi sono arrabbiato a morte, perchè non si fa e perchè a noi fanno le pulci su tutto. Specialmente ora che sto tornando a dare una mano al M5S, e sto portando avanti certi temi come il “no” alla Tav” ha affermato, in una diretta fb, Alessandro Di Battista. “Lui mi ha spiegato che questa persona ogni tanto viene a dare ad una mano, e che la cosa è dovuta ad una fase difficile dell’azienda”, racconta Di Battista che sottolinea: “comprendo, ma non lo giustifico”. “La prima e l’ultima cosa che voglio fare e dare una mano perchè questa persona venga regolarizzata”, aggiunge Di Battista. “‘Le Iene’ fanno il loro mestiere, non me la sono mai presa con loro, lo sapete. Sono andati dal papà di Di Maio e di Renzi, ora dal mio ed è una cosa giusta. Ora però vadano anche da Berlusconi, a chiedere dei finanziamenti effettuati su Cosa Nostra” rilancia  Di Battista.

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Precari e licenziamenti facili, verso l’ok della Camera

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Contratti di somministrazione e licenziamenti. Questi gli ambiti degli interventi principali inseriti nel ddl Lavoro, che si prepara a ricevere il primo via libera della Camera. Terminato l’esame degli odg in Aula, a Montecitorio manca il voto finale sul provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri il Primo maggio del 2023. Che così potrà sbarcare al Senato per l’ok definitivo dopo un lungo iter. Mentre non si placano le voci critiche di opposizioni e sindacati, che scendono in piazza per opporsi a uno strumento che “aumenta la precarietà”.

Tra le misure più discusse, c’è quella sulle cosiddette ‘dimissioni in bianco’, che di fatto allarga le maglie delle disposizioni in tema di licenziamenti rispetto a quanto stabilito dal Jobs Act del governo Renzi. In particolare, l’articolo 19 del collegato al lavoro prevede la risoluzione del rapporto di lavoro imputabile alla volontà del lavoratore (dimissioni volontarie) nei casi in cui un’assenza ingiustificata si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo o, in mancanza di previsioni contrattuali, per un periodo superiore a quindici giorni. Secondo la maggioranza, è una maniera per impedire che i lavoratori, sfruttando la leva delle assenze ingiustificate, inducano i datori al licenziamento per poi accedere opportunisticamente alla Naspi. In caso di dimissioni volontarie, infatti, non è possibile richiedere l’indennità.

Con un’altra misura cardine, si interviene, di fatto per estenderlo, sul tetto del 30% previsto per i lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato sul totale del numero dei lavoratori con contratti stabili. La nuova norma esclude dal computo di questo limite i casi in cui la somministrazione riguardi lavoratori assunti a tempo indeterminato da parte di un’agenzia o lavoratori con determinate caratteristiche o assunti per determinate esigenze. Vincoli più leggeri anche per il ricorso al lavoro stagionale, che si allarga a fattispecie come l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno oppure per esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati di destinazione.

Tra le altre misure, c’è anche quella che ridefinisce la durata del periodo di prova dei contratti a tempo determinato: tra i due e i quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e da due ai trenta giorni per i contratti dai sei ai dodici mesi. Intanto, in piazza a Roma, i sindacati alzano la voce contro il provvedimento. Per la Uil il ddl “cancella diritti e tutele”, per la Cgil “è contro il lavoro, perché lo precarizza ancora di più”.

A Maurizio Landini, che non esclude uno sciopero generale contro la manovra, replica la ministra del Lavoro Marina Calderone. “Non credo si possa dire che il governo stia attuando una politica di precarizzazione del lavoro, i numeri non dicono questo”, taglia corto. Alla protesta delle due sigle sindacali, si affiancano i partiti di opposizione: Pd, M5s e Avs, che intanto in Aula provano a rilanciare ancora sul salario minimo con un odg bocciato dalla maggioranza. Per dem e rossoverdi, il ddl Lavoro allarga la precarietà. Per il M5s, “c’è un accanimento contro le lavoratrici”.

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A novembre il nuovo M5s, si chiude la costituente

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Il nuovo M5s nascerà il 23 e 24 novembre, quando si terrà l’assemblea Costituente chiamata a ridisegnare struttura e politiche del partito: dai ruoli del garante e del presidente, oggi occupati da Beppe Grillo e da Giuseppe Conte, al nome e al simbolo, che potrebbero cambiare, fino allo spinoso tema del limite dei due mandati, che potrebbe scomparire. E perfino le alleanze. La data definitiva dell’assemblea, genericamente prevista in autunno, è stata comunicata ufficialmente dal presidente Conte. Il percorso costituente, che ha coinvolto non solo gli iscritti ma anche i simpatizzanti, ha portato non poco scompiglio nel Movimento, con uno scontro acceso fra Grillo e Conte.

Il garante aveva infatti chiesto che alcuni pilastri – nome, simbolo e limite del doppio mandato – non venissero messi in discussione. Mentre Conte ha lanciato la costituente lasciando campo libero alla discussione. Ne sono seguiti scambi di lettere al vetriolo con accuse e rivendicazioni reciproche. Una coda della polemica è arrivata fino in Sardegna. Per Grillo, il Movimento sta perdendo la sua spinta originale. Una prova sarebbero le politiche energetiche della presidente sarda Alessandra Todde, del M5s. In un post, il fondatore del Movimento ha pubblicato una foto della bandiera della Sardegna con i quattro mori che indossano una maschera antigas.

E sopra il testo. “Finalmente un po’ di verità su questo ambientalismo da strapazzo: e basta con il vento, il sole, il fotovoltaico! Ci vuole il carbone! Facciamo una rivoluzione straordinaria in Sardegna!”. Dura la replica della presidente: “Credo che Grillo faccia quello che fa meglio: il comico”. Poi la spiegazione: “Fino al 2030 abbiamo stanziato quasi un miliardo di euro, stiamo promuovendo le comunità energetiche e l’autoconsumo. La transizione energetica la vogliamo fare, ma il tema è non trasformare il paesaggio unico della Sardegna in un paesaggio industriale”.

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Voto per la presidenza Rai, la maggioranza prende tempo

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Nulla di fatto in ufficio di presidenza sulla convocazione della riunione della Commissione di Vigilanza per la votazione di Simona Agnes alla presidenza Rai. Di fronte alla richiesta dell’opposizione di calendarizzare in tempi brevi l’appuntamento, la maggioranza ha chiesto di avere più tempo e ha spinto la presidente della bicamerale Barbara Floridia a convocare per domani mattina una riunione plenaria dove si prenderà la decisione.

Sono stati in particolare il capogruppo di Fratelli d’Italia, Francesco Filini, e quello di Forza Italia, Roberto Rosso, ad insistere su questa linea, mentre Lega e Noi Moderati non hanno mosso particolari obiezioni. Non è un caso, perché lo sponsor principale di Agnes è proprio il partito guidato da Antonio Tajani ed al momento non c’è un accordo con la minoranza, o parte di questa, per arrivare alla ratifica dell’incarico, che richiede i due terzi delle preferenze. Alla maggioranza mancano almeno due voti sui 28 necessari e l’opposizione ha già reso noto che intende non partecipare alla votazione per evitare il rischio dei franchi tiratori. Floridia ha proposto senza successo alcune date ravvicinate per la convocazione, tra questa sera e i prossimi giorni. “Nell’ufficio di presidenza di questa mattina ho preso atto della impossibilità di stabilire oggi una data per il voto sulla presidente della Rai a causa del diniego di alcune forze di maggioranza – afferma -. Ho quindi convocato per domani mattina alle 8 la commissione di vigilanza in plenaria affinché si decida in quella sede la data del voto. Ove ciò non avvenisse, calendarizzerò il voto entro venerdì, come previsto dal regolamento”.

Forza Italia sostiene che non c’è alcun intento ostruzionistico. “Abbiamo aperto un ponte con l’opposizione avviando la discussione sulla riforma della governance Rai e dato la nostra disponibilità a partecipare agli stati generali sull’informazione – spiega Rosso -. A fronte di questo, ci sembra opportuno avere più tempo per provare ad instaurare un dialogo con l’opposizione anche sulla presidenza della Rai, visto che al momento, con l’annuncio della minoranza di voler uscire dall’aula, questo dialogo non c’è”. L’opposizione teme, invece, che si vogliano dilatare i tempi per provare a trovare i voti mancanti, eventualmente barattando qualche poltrona in Rai. Sul piatto ci sono, infatti, le nomine alle testate che arriveranno, probabilmente a novembre, sul tavolo del cda. In particolare, oltre a Rainews, Tgr e Rai Sport che presumibilmente resteranno nell’ambito della maggioranza, è da assegnare la guida del Tg3 dopo l’uscita di Mario Orfeo in direzione Repubblica.

I Cinque Stelle vengono dati favoriti, con l’approdo di Bruno Luverà o Senio Bonini, ma la partita è tutta da giocare e non mancano nomi di area Pd. I dem si sono chiamati fuori dal voto per i consiglieri, ma la spaccatura ha già creato molti malumori nella minoranza e solo ieri Carlo Calenda ha parlato di “figura da imbecilli”. I Cinque Stelle hanno assicurato che non parteciperanno al voto, ma la maggioranza, Forza Italia in primis, spera che questa linea possa cambiare, trovando così un appoggio da parte loro o dei due renziani in commissione, eventualmente al secondo tentativo di votazione per Agnes che potrebbe avvenire dopo il voto in Liguria.

Nella maggioranza c’è chi preme, però, per l’allargamento del dialogo anche al Pd con la scelta per la presidenza di un nome di garanzia, come ad esempio Giovanni Minoli. Da Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli respinge le illazioni su un dialogo con M5s in chiave Rai. “Noi lavoriamo per le istituzioni – afferma -. Certo poi speriamo che a un certo punto l’opposizione inizi a pensare anche all’Italia e non alle loro divisioni interne. Il problema è tutto lì: che non riescono a trovare una sintesi tra di loro”.

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