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Cronache

Le idiozie del fotografo Toscani sul crollo del Ponte Morandi e sui 43 morti innocenti

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Hanno colpito al cuore Genova e la Liguria, stretti intorno ai parenti delle vittime, e provocato stupore e indignazione a destra e a sinistra, le parole choc di Oliviero Toscani sul crollo del ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 provoco’ la morte di 43 persone. Il dolore dei parenti, la sofferenza dei feriti, la fatica dei soccorritori, gli incubi dei sopravvissuti e i pianti degli sfollati sono tornati a galla quando la frase del fotografo alla trasmissione ‘Un giorno da pecora” ha fatto il giro di social e tv: “Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola”, ha detto, quando gli e’ stato chiesto delle polemiche per la foto che lo ritrae con Luciano Benetton insieme ai fondatori delle Sardine al centro culturale Fabrica. “43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto”, ha detto Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Morandi.

Oliviero Toscani. In questa foto recente assieme a Luciano Benetton, ai fondatori delle cosiddette Sardine e ai giovani di Fabrica

Toscani “e’ confuso”, ha aggiunto, invitando le Sardine a guardare altrove per cercare eccellenze in Italia, non ai Benetton, che controllano Aspi, accusata della tragedia. Il primo a reagire e’ stato il governatore ligure Giovanni Toti che ha lanciato l’hashtag #ANointeressa, invitando Toscani a scuse immediate, hashtag che e’ stato rilanciato su molte pagine social, anche dei parenti delle vittime, dal neonato Comitato Autostrade Chiare e da molti cittadini. Quando la polemica e’ montata – “parole agghiaccianti” ha detto, tra i primi, Giorgia Meloni – Toscani ha twittato: “Mi dispiace che parole estrapolate e confuse possano far pensare una follia come quella che a me non interessi nulla del Ponte. Solamente la cattiveria puo’ strumentalizzare una cosa simile”. Poi ha dato la colpa ai giornalisti: “A me come a tutti, quella tragedia interessa e indigna, ma e’ assurdo che certi giornalisti ne chiedano conto a me”. Il sindaco Bucci ha ricordato che il crollo interessa a “43 persone che hanno perso la vita, ai loro figli, genitori, mogli, mariti e amici. Alle famiglie che hanno dovuto cambiare casa e vita. Il crollo dovrebbe interessare ogni persona dotata di coscienza civile e umana solidarieta’”. Ha reagito a Toscani anche Alessandro Benetton: “Mi dissocio fortemente dalle affermazioni fatte da Toscani”, ha scritto. Dopo Toti e Meloni, il deputato della Lega Edoardo Rixi, genovese, ha detto a Toscani di vergognarsi per il “cinismo inaccettabile in nome del suo dio denaro” e ha annunciato mozioni per fermare patrocini in eventi con la sua presenza in Liguria. E il leader del suo partito, Matteo Salvini, ha tuonato: “Toscani vergognati, neanche pensarle certe cose”. Il Pd si spinge a parlare di revoca della concessione, da tempo chiesta dal M5S: “Anche questo episodio – hanno scritto i democratici liguri – conferma la necessita’ che lo Stato non conceda piu’ di gestire il bene pubblico a gruppi industriali e finanziari che stanno dimostrando di aver anteposto il profitto all’interesse pubblico e alla dignita’ umana”. E’ spiazzata da Toscani anche Aspi: “Non comprendiamo le affermazioni di Toscani. In ogni caso, credo sia giusto ribadire che la tragedia del Morandi e’ stata e sara’ sempre gravissima e ingiustificabile. Porteremo il dolore che ha causato dentro di noi per tutta la vita”, ha affermato l’ad Roberto Tomasi. Le Sardine non parlano della frase choc ma prendono le distanze da Toscani e Benetton: “Non vogliamo piu’ che si strumentalizzi questa storia. Noi abbiamo ammesso il nostro errore. Ora chiediamo a Oliviero Toscani e Luciano Benetton di non strumentalizzare piu’ questa vicenda che purtroppo grava su cicatrici ben piu’ grandi”.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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