Sono quei buchi sulle mura dei palazzi di Sarajevo, città simbolo della guerra Serbo-Bosniaca, città assediata per 3 anni sotto il fuoco dei cecchini che dalle montagne e dagli scheletri dei palazzi, tenevano sotto mira e sotto scacco una intera popolazione che non aveva alcuna possibilità di movimento, Sarajevo, città che ancora oggi porta i segni delle sue ferite, ferite inferte dalle granate, dai calibri 50, 7,62, 9 parabellum, che segnano uno dei percorsi che Antonella Raio con la sua sensibilità trasforma in costellazioni. Antonella è riuscita a leggere quello che la popolazione civile di Sarajevo ogni mattina, di ogni giorno dell’occupazione scriveva nell’agenda della propria esistenza, la voglia di normalità, il superamento di una sporca guerra che aveva portato a denunciare, ferire e ammazzare il proprio vicino di casa con il quale si era, fino al giorno prima, condiviso il pane e l’olio che in casa si era dimenticato di comprare. Una voglia di normalità che, come in tutte le guerre del mondo, mentre gli eserciti si combattono, le popolazioni civili, quelle che la guerra la subiscono, vogliono che ritorni ed esprimono questo desiderio ogni giorno con gesta che li riportano ad una vita che vorrebbe essere con tutta la sua forza “normale”. Si esce per la spesa, si cucina, si lavora, si va a scuola, si studia, ma con i sensi, quello della vista, dell’udito, dell’olfatto, sempre tesi a percepire il dolore e la morte che all’improvviso può abbattersi su di essi. Le costellazioni viste nei fori prodotti dalla pazzia umana. Antonella Raio ne ha fatto costellazioni, galassie che porteranno lontano i ricordi orrendi di quei quattro anni e da tutti gli anni terribili attraversati dai territori di guerra che l’artista napoletana visiterà in futuro per mappare le galassie lasciate dal fuoco, ma noi, speriamo, come Antonella spera, che queste galassie e queste costellazioni non siano infinite come nella meravigliosa realtà che ci propone l’universo.
Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Universo, e sono i suoi quattro elementi fondamentali che sicuramente indicano all’artista la sua strada, come lo sono sicuramente i quattro sensi. Nei quattro elementi ha scelto la dimora del suo studio, che è di fianco ad uno dei pensatoi dove amava rifugiarsi, dopo le fatiche delle prove al teatro San Ferdinando, il grande Eduardo De Filippo. Uno studio/laboratorio in un vivaio, dove la terra e l’acqua si uniscono per dare vita alle piante che poi daranno ai sensi della vista, dell’olfatto, del tatto e anche del gusto il loro appagamento, un vivaio nel centro di Napoli, città dove il fuoco arde sempre, ma nel momento in cui si entra nello spazio verde di Antonella, il silenzio accarezza l’udito respirando l’aria profumata delle rose.
Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
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Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
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Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
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Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
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Il pensatoio di Eduardo de Filippo vicinoal teatro San Ferdinando a Napoli. Nello stesso luogo è presente lo studio/laboratorio dell’artista napoletana Antonella Raio.
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Tutto lo si ritrova nei lavori dell’artista e nella sua capacità di sintetizzarli, di renderli visibili, di portarli alla conoscenza di chi si avvicina ad essi. ASCOLTO, una grande scultura performativa ne è un esempio, tante voci registrate per le strade della città di Napoli e offerte sottovoce a coloro che avvicinano l’orecchio al grande cerchio di foglie di palma, ottone e alluminio presente nella collezione Jannotti Pecci per The Britannique Hotel in Naples. Come ci si ascolta anche in forma di preghiera, in ginocchio, come le sue innumerevoli statue indicano percorsi nel giardino, ascoltandosi e certificando questo momento con il rituale del sigillo postale e poi INNESTI, ossia i cuori. Cuori a significare la summa dei sensi e degli elementi, cuori pulsanti cuori che battono, cuori da ascoltare, vedere, toccare e poi gli animali, animali dalle fisionomie precise, forti ma rilassate, in una pace che li vede giocare tra di loro senza alcuna preoccupazione o esitazione, chissà, forse per prepararsi ad accogliere nei loro giochi l’animale più feroce, quell’uomo, che il male ha continuato a farlo non solo a loro.
Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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Un’ opera dell’artista napoletana Antonella Raio all’interno del suo studio a Napoli
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L’artista Napoletana Antonella Raio nel suo studio all’interno di un vivaio.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
L’artista Napoletana Antonella Raio nel suo studio all’interno di un vivaio.
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L’artista Napoletana Antonella Raio nel suo studio all’interno di un vivaio.
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Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
Il New Yorker e l’Italia: copertine a soggetto italiano, come l’iconica Piazza San Marco riflessa nel Canal Grande di Saul Steinberg, o create da illustratori italiani saranno al centro di una mostra in maggio al Consolato Generale italiano di New York, parte di un fitto calendario di eventi con cui l’illustre settimanale degli intellettuali newyorchesi (ma non solo) festeggia nel 2025 i suoi primi cento anni. Il primo numero del New Yorker usci’ il 21 febbraio 1925 con in copertina l’immaginario dandy Eustace Tilly che insegue una farfalla attraverso il monocolo.
Simbolo di eleganza, alla raffinatezza e un certo snobismo culturale, il personaggio in cappello e cilindro e frac creato dal primo direttore artistico Rea Irvin divenne presto la mascotte del magazine che in questi giorno tira le somme del suo secolo di storia forte tra l’altro di 85 mila vignette e 90 mila articoli, molti dei quali di grandi firme come J.D. Salinger, Ernest Hemingway, Truman Capote, John Updike, Vladimir Nabokov, Gabriel Garcia Marquez, Haruki Murakami e Margaret Atwood. Dal 2014, anno in cui le riviste furono ammesse a concorso, il New Yorker ha vinto otto premi Pulitzer. Nel suo secolo di storia le sue pagine hanno portato alla realizzazione di decine di film come A Sangue Freddo tratto da una serie non fiction di Truman Capote, Le Ore, basato su un racconto di Michael Cunningham e per cui Nicole Kidman vinse l’Oscar come migliore attrice e nel 2005 Brokeback Mountain, l’adattamento di un racconto di Annie Proulx.
Il settimanale degli intellettuali, il cui cuore batte prevalentemente a sinistra, ha contribuito a fare la storia con inchieste importanti come quelle di Seymour Hersh sul massacro di My Lai e di Ronan Farrow, il figlio di Woody Allen e Mia Farrow, sul caso Weinstein. Longevi oltre che stabili al loro posto i cinque direttori: dal fondatore Harold Ross che lo gesti’ per un quarto di secolo, a William Shawn (1951-1987), Robert Gottlieb (1987-1992), per passare alla rivoluzionaria Tina Brown: sua l’introduzione delle foto, prima rigorosamente off limits e di alcune copertine shock per i tempi come quella del bacio di Times Square rivisitato in chiave gay.
Dal 1998 e’ David Remnick in carica, un veterano del magazine sopravvissuto alle molte tempeste del gruppo Conde Nast che tre anni prima aveva acquistato la testata. Per celebrare l’anniversario il New Yorker sta digitalizzando il suo archivio mettendo a disposizione degli abbonati tesori firmati da James Baldwin, Shirley Jackson, E. B. White, Hannah Arendt, Art Spiegelman e oltre 4.000 numeri in precedenza disponibili solo in Pdf. Non sara’ solo il New Yorker a festeggiare: istituzioni della citta’ per cui il magazine e’ stato un punto di riferimento chiave organizzeranno eventi tra cui la National Public Library, il Film Forum, il 92Y, il museo dei trasporti e perfino il Museo del Cane con una rassegna sulle copertine illustrate con immagini dei fedeli amici a quattro zampe.
Lo street artist napoletano Jorit ha pubblicato su Facebook una sua opera, un ritratto di Luigi Mangione, l’ingegnere italoamericano 26enne arrestato in America per l’omicidio di Brian Thompson. Il 50enne Ceo della divisione assicurativa di UnitedHealthcare, è stato ucciso a New York lo scorso dicembre. Non è la prima volta che Jorit usa la sua sua arte e la sua immagine per messaggi controversi. L’artista fu al centro di polemiche quando incontrò Putin a Mosca. “La mia foto con Putin è stata fraintesa. L’arte è sempre politica”, disse.
Dopo aver lasciato il segno a Clichy-Montfermeil, San Francisco, Dallas, New York e Miami, l’artista JR, tra i più influenti della scena artistica contemporanea, si prepara a realizzare un nuovo, imponente murale partecipato a Napoli. Il progetto Chronicles, ispirato alle opere monumentali di Diego Rivera, prevede la creazione di un grande murale realizzato incollando migliaia di ritratti di persone del luogo, fotografate e intervistate dallo stesso JR e dal suo team.
Ad anticipare l’evento è stato Michele Coppola, direttore esecutivo Arte, Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo, nel corso della presentazione del libro Photoansa presso le Gallerie d’Italia di Napoli.
Un murale che racconta Napoli attraverso i suoi volti
Il progetto Chronicles ha già trasformato le strade di alcune delle città più iconiche del mondo e ora si prepara a dare voce ai napoletani attraverso un’installazione che si preannuncia spettacolare. Nei mesi scorsi, JR ha immortalato i volti della città, catturando istantanee di vita quotidiana che ora potrebbero trovare spazio sulla facciata del Duomo di Napoli.
L’obiettivo del progetto è chiaro: dare un volto artistico e identitario alla città, attraverso la partecipazione diretta della sua comunità. Una filosofia che si sposa con la visione di Intesa Sanpaolo, da anni impegnata nella trasformazione delle proprie sedi in spazi culturali aperti a tutti.
L’arte come spazio di condivisione
La collaborazione tra JR e Intesa Sanpaolo è iniziata nel 2023 con il progetto Déplacées, ospitato nelle Gallerie d’Italia di Torino, e ora vede Napoli come nuova protagonista.
“Quando abbiamo trasformato questo palazzo nella quarta sede delle Gallerie d’Italia, ci siamo interrogati sul ruolo che potesse avere un museo contemporaneo aperto a un pubblico dinamico per una città così caratterizzante e piena di energia come Napoli”, ha spiegato Michele Coppola.
L’idea è stata quella di offrire spazi aperti alla comunità, dove l’arte potesse avere un ruolo centrale e aggregante. La sede di via Toledo, già teatro di importanti esposizioni come “Warhol” e la scultura di Jago, conferma il suo ruolo di polo culturale di riferimento per la città.
Un progetto che unisce arte e memoria
Il sostegno di Intesa Sanpaolo alla cultura non si limita a progetti artistici come Chronicles, ma si estende anche alla conservazione della memoria storica. La banca, infatti, supporta il progetto di digitalizzazione e conservazione dell’archivio fotografico e testuale dell’ANSA, in occasione dell’80º anniversario dell’agenzia.
Un’opportunità unica per Napoli
L’arrivo di Chronicles rappresenta un’occasione straordinaria per Napoli, che si conferma capitale dell’arte contemporanea e della sperimentazione visiva. La città sarà protagonista di un’opera corale, in cui la gente comune diventerà parte integrante dell’arte stessa, in un progetto che unisce storia, comunità e innovazione.
La street art di JR si prepara così a lasciare un segno indelebile nel cuore della città, raccontando Napoli attraverso i suoi volti, le sue storie e la sua energia unica.