Angelo Pisani è stato il legale storico di Diego Armando Maradona, colui che lo ha spalleggiato in una battaglia legale estenuante e apparentemente interminabile col fisco italiano. Pisani – avvocato civilista e presidente dell’associazione Noi Consumatori – racconta a Juorno il suo rapporto con Diego, le battaglie condotte insieme e il suo ricordo del mito. Storie, emozioni, aneddoti che sono anche diventati un libro: “L’avvocato del D10S”, edito da LOG edizioni. Un’arringa difensiva che assolve Diego dalle colpe, vere o presunte, che il mondo gli ha scagliato addosso, pur senza riuscire mai ad offuscarne il mito. E oggi a doversi difendere dalle accuse sono medici, assistenti e pseudo amici del Diez che – secondo la perizia medico-legale del tribunale argentino – con il loro comportamento negligente avrebbero contribuito alla morte di Maradona in quel maledetto 25 novembre 2020.
Avvocato, la perizia del tribunale argentino certifica che con cure mediche adeguate Maradona avrebbe avuto maggiori chance di sopravvivere, se lo aspettava?
Quando Diego è morto ho capito subito che c’era qualcosa che non andava e che il suo decesso era stato provocato dall’abbandono in cui era stato relegato da finti amici, medici e assistenti e dalla negligenza nelle cure: gli somministravano, ad esempio, pillole diverse da quelle di cui abbisognava per le sue patologie cardiologiche, non curavano adeguatamente la sua alimentazione. Ora bisogna capire se si è trattato solo di negligenza, oppure se c’erano altri scopi. Forse qualcuno, pensando di poter gestire il nome e i diritti di Diego al posto degli eredi, ha creduto che Maradona potesse valere più da morto che da vivo. Sono sicuro che verranno a galla altre verità.
Come nasce l’idea di scrivere un libro su Maradona?
Ho deciso di scrivere questo libro per lasciare una testimonianza del mio rapporto con lui. Ho creduto di essere io il suo avvocato, ma in realtà l’avvocato del Dios è il titolo che dò a Maradona, a cui conferisco la toga perché ha difeso i deboli della terra contro i potenti: gli argentini contro gli inglesi, i napoletani contro i nordisti, i compagni di squadra contro l’allenatore o il presidente di turno. Mi diceva sempre: “Angelo, vedrai, dopo la mia morte sentirai ancor di più parlare di me”. È un supereroe destinato all’immortalità. Il suo piede sinistro è stato lo strumento con cui ha saputo riscattare i deboli della Terra.
Come diventò l’avvocato di Maradona?
Molti amici di Diego, fra cui i compagni di squadra Bruscolotti, Giordano e Bagni, mi chiesero più volte di aiutarlo nella sua battaglia contro il fisco italiano. Io all’epoca ero uno dei maggiori conoscitori della materia e accettai di occuparmi del suo caso. Inizialmente pensavo fosse una mera questione di interessi spropositati che gli venivano applicati: il debito iniziale di 3 milioni e mezzo di euro fu portato a quaranta milioni fra interessi, sanzioni e spese. Studiando le carte, scoprii in realtà che non era affatto debitore, non era mai stato un evasore fiscale, come non lo erano stati il Calcio Napoli, Careca e Alemao.
Come si spiega l’accanimento del fisco italiano nei confronti di Maradona?
Fu usato come capro espiatorio nella lotta all’evasione fiscale per educare milioni di contribuenti italiani. La faccenda purtroppo si è risolta solo dopo la sua morte: la Cassazione ha stabilito che Diego non è mai stato un evasore fiscale. Ma c’è di più, la presunta evasione fu addirittura pagata dal Calcio Napoli con un condono, che la Cassazione ha stabilito estendersi anche ai dipendenti della società.
Da dove nasceva, secondo lei, la tendenza autodistruttiva di Diego?
Non credo avesse una tendenza all’autodistruzione. Veniva dalla polvere, dalla povertà assoluta, e per questo non aveva schemi né limiti. Lui sognava soltanto e tutto ciò che faceva lo faceva col cuore, senza regole, fuori dagli schemi comuni. Forse ha sempre vissuto un grande conflitto fra quella che era la sua natura e il mondo esteriore fatto di formalismi, regole e compromessi. Un conflitto che però viveva in modo generoso: non faceva mai del male agli altri, ma si schierava sempre dalla parte di chi subiva un torto.
Ci racconti qualche aneddoto legato alla vostra amicizia.
C’è un aneddoto che mi ha sempre fatto morire dalle risate per il modo in cui Diego lo raccontava. “Quando giocavo al San Paolo la domenica assistevo al miracolo, Angelone”, mi diceva. Così mi raccontava che ad ogni suo gol, tutte le persone in carrozzella che stavano a bordo campo, si alzavano e incominciavano a correre per gioire con lui. Erano quelli che, pur di osservare Maradona da vicino, fingevano di essere zoppi o disabili. Quando Diego segnava, travolti dalla gioia, si dimenticavano di essere entrati irregolarmente e iniziavano a correre pure loro. Era il “miracolo del San Paolo”.
Maradona ha alterato l’ordine naturale delle cose nel Belpaese, ha portato il sud a scalzare l’egemonia del Nord. Per questo è stato così odiato e perseguitato?
Ha pagato lo scotto di essere un rivoluzionario, a Napoli ciò che prima era impensabile divenne realtà grazie al suo estro. La vittoria del Napoli fu la consapevolezza di poter competere con gli squadroni del Nord. È stato un grande trascinatore, un politico del Sud del mondo. È stato ostacolato e danneggiato dai poteri forti per il suo spirito ribelle, per il fatto di non accettare compromessi, di non piegarsi, di non aver un prezzo, in un mondo in cui tutti ne hanno uno. Come quando rifiutò un assegno in bianco di Agnelli che lo voleva a tutti i costi alla Juventus.
Che cosa si aspettava dal futuro un uomo come Diego dal passato così ingombrante?
Maradona era un uomo che viveva nel futuro, di cui spesso riusciva ad anticipare le trame, quelle degli scandali della Fifa, per esempio. Viveva alla velocità della luce: quando aveva cinquanta anni, diceva di averne cento. Correva più veloce della vita e come me aveva la capacità di rimuovere il male ricevuto, la tristezza, le cose negative. E pur non avendo studiato a scuola, aveva una grande conoscenza del mondo e della storia politica del mondo. Credo sia stato il più grande leader politico della storia, molto più di un papa o dei presidenti che si susseguono, lui è unico e rimarrà per sempre nella storia.
Sulla questione Acerbi-Jesus con gli insulti durante la partita Inter-Napoli fa chiarezza il difensore brasiliano del Napoli, con un lungo post su Instagram.
“Per me la questione si era chiusa ieri in campo con le scuse di Acerbi – scrive Juan Jesus- e sinceramente avrei preferito non tornare su una cosa così ignobile come quella che ho dovuto subire. Oggi però leggo dichiarazioni di Acerbi totalmente contrastanti con la verità dei fatti, con quanto detto da lui stesso ieri sul terreno di gioco e con l’evidenza mostrata anche da filmati e labiali inequivocabili in cui mi domanda perdono. Così non ci sto, il razzismo si combatte qui e ora. Acerbi mi ha detto: “vai via nero, sei solo un negro”. In seguito alla mia protesta con l’arbitro ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa aggiungendo poi anche: “per me negro è un insulto come un altro”. Oggi ha cambiato versione e sostiene che non c’è stato alcun insulto razzista. Non ho altro da aggiungere.
Quello che dispiace è anche stavolta probabilmente finirà con un nulla di fatto se l’arbitro La Penna non ha fatto una relazione e non ha scritto alcunchè.
La foto è quella pubblicata da Juan Jesus sul suo profilo Instagram
Con Novak Djokovic grande assente, il Masters 1000 di Miami si profila come un nuovo duello tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Un duello che si svolgerà a distanza dato che un’eventuale rivincita della semifinale di Indian Wells si potrà eventualmente vedere solo al match decisivo, con di nuovo Daniil Medvedev come possibile insidia. Il russo campione uscente è finito nella parte del tabellone dell’azzurro e quindi i due finalisti dell’Open d’Australia potrebbero affrontarsi in semifinale. Il sorteggio del torneo al via mercoledì prossimo non ha riservato grandi sorprese.
Sinner entrerà in campo al secondo turno e avrà di fronte il vincente della partita tra Cachin e un qualificato. Procedendo nel torneo, il n.3 al mondo potrebbe incontrare Paul o Tiafoe negli ottavi e Tsitsipas o Rublev nei quarti. Quanto agli altri azzurri, c’è attesa per rivedere Matteo Berrettini, arrivato in finale a Phoenix dopo sette mesi di stop. Il romano se la vedrà all’esordio con l’ex n.1 Andy Murray, il britannico che ha come principale obiettivo di tornare a vivere l’esperienza olimpica, un desiderio che lo accomuna a Djokovic, il quale ha spiegato la sua rinuncia al torneo in Florida con la volontà di concentrarsi a 38 anni sugli slam e sui Giochi di Parigi. Il primo incontro non sarà sul velluto per tutti gli altri italiani iscritti. Lorenzo Musetti incrocerà al via il russo Safiullin o un qualificato. Matteo Arnaldi se la vedrà con Arthur Fils, Lorenzo Sonego con Dan Evans. Luciano Darderi avrà di fronte il canadese Denis Shapovalov mentre Flavio Cobolli troverà un avversario che arriva dalle qualificazioni.
Parlare di prove generali per gli Europei è ancora presto, ma con la trasferta oltreoceano scatta ufficialmente la missione Germania 2024 dell’Italia visto che la sosta di marzo sarà l’unica finestra, da qui a giugno, che consentirà a Spalletti di sperimentare il gruppo che poi partirà per la spedizione continentale. Come con Lippi nel 2005, dunque, il ct azzurro torna negli Stati Uniti dove affronterà in amichevole Venezuela ed Ecuador. “Un modo per andare a rendere merito a 20 milioni di connazionali che sono là e ci aspettano e per provare da un punto di vista tattico quello che stiamo organizzando”, ha detto il ct alla vigilia della partenza per Miami. Un raduno cominciato nella Capitale sul campo del Cpo Giulio Onesti intitolato a Gianluca Viali con tre volti nuovi: Bellanova, Lucca e Folorunsho.
“E’ necessario che ci siano nuove figure e dobbiamo accoglierli a braccia aperte, nella nazionale la porta è aperta e non c’è nulla di blindato”. Ne sanno qualcosa Immobile e Scamacca, rimasti fuori dalle convocazioni, con il nodo centravanti che resta un tema in casa azzurra. “Ciro è importante per noi e per la Lazio, ma è in un momento in cui non riesce a esprimere il suo potenziale – ha chiarito il tecnico azzurro – Ora era giusto fare altre scelte”.
Netto anche su Scamacca che “è stato un periodo senza giocare e quando l’ho chiamato non ha espresso il meglio di sé stesso. Bisogna essere capaci di dimostrare da subito di essere al livello della Nazionale, visto che nella prima partita dell’Europeo ci giocheremo tutto”. Insomma, nonostante manchino tre mesi la testa è già in Germania. Intanto, in America, la nazionale incontrerà anche Chiellini e Cannavaro come testimonial azzurri ed a chi gli chiede se li vorrebbe anche all’Europeo come collaboratori Spalletti ha risposto con una battuta: “Non escludo niente, io da Buffon imparo ogni giorno – ha esordito – Se vengono ne stacchiamo un pezzo e li teniamo con noi”.
Spalletti è tornato anche sul tema delle Playstation in ritiro. A far infuriare il ct era stato qualche giocatore che prima della gara con l’Ucraina era rimasto sveglio fino a tardi per giocare. “Ho la certezza che sia successo, ma a me interessa che a una certa ora si dorma – ha tuonato in sala stampa dopo il primo allenamento del raduno al Giulio Onesti – Se uno vuole sputtanarsi il tempo come gli pare è libero di farlo, ma poi, non vengono in nazionale perché anche i videogiochi sono delle dipendenze”.
A chi giocò prima dell’Ucraina, però, ha dato una seconda chance perché, nonostante Spalletti non faccia i nomi, conferma che oggi sono convocati per il raduno. Chi non c’è, invece, è Cristante, ma la scelta è stata concordata. “Da tempo aveva bisogno di cure alla schiena, sennò sarebbe stato con noi – ha detto il ct – Noi non andiamo a distruggere i calciatori ai club”. Scopre, per la prima volta da quando allena l’Italia, invece, Lorenzo Pellegrini, rivitalizzato dalla gestione De Rossi, per il quale ha solo complimenti. “Daniele è stato bravissimo – ha raccontato – In alcuni momenti in panchina mi sembrava Carletto Mazzone quando esprime questo suo essere ancora un po’ calciatore un po’ allenatore. Ha fatto un lavoro eccezionale e non era facile”. Così come non sarà facile il suo di compito, con l’Italia che si presenterà in Germania da campione d’Europa in carica.