Fra le facciate un po’ spente e tutte uguali delle case popolari di piazza Salvatore Lo Bianco, nel rione Luzzatti, periferia orientale di Napoli, spunta una vera e propria opera d’arte: è il murale dal titolo “Nient’altro importa”, realizzato dall’artista di strada di fama internazionale Luis Gomez de Teran. Due bambine, orfane, si stringono in un abbraccio, per farsi forza a vicenda nella loro situazione disagiata e precaria. Inevitabile il rimando a Lila e Lenù, le due protagoniste de “L’amica geniale”, il romanzo di Elena Ferrante, vero e proprio caso letterario degli ultimi anni, la cui storia è ambientata proprio nel Rione Luzzatti. In realtà, l’artista, pur rifacendosi alle bambine del romanzo, ha citato l’incredibile realismo de “La tempesta”, dipinto dell’accademico francese William-Adolphe Bouguereau.
Il progetto nasce circa un anno fa da un’idea di Bruno Flora, un giovane residente del quartiere. Convinto che l’arte potesse contribuire in modo determinante al riscatto del rione, Bruno ha coordinato un team di progetto, che ha visto le adesioni di NAStartUp – acceleratore napoletano di startup, Inward – Osservatorio nazionale sulla creatività urbana, Anema & Coop, cooperativa sociale attiva sul territorio, e Stefano Maria Capocelli, assessore alla Mobilità e al Turismo della IV Municipalità.
“Abbiamo messo in piedi “I colori del rione”, una campagna di social crowdfunding lanciata su Meridonare, la prima piattaforma di crowdfunding del Sud Italia – racconta Bruno Flora – e abbiamo raccolto 6437 euro, ma non era abbastanza. Allora ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo iniziato a coinvolgere partner e sponsor; abbiamo cercato di ridurre al minimo i costi, alla fine ci siamo riusciti, è stata molto dura, ma non ci siamo mai risparmiati”.
Un progetto che si iscrive in un trend che va sempre più consolidandosi nella nostra città: il ricorso alla street art come strumento di riscatto e rigenerazione urbana dei quartieri di periferia. Uno strumento mediante il quale rendere unici e riconoscibili palazzi, strade, rioni che il razionalismo architettonico dell’edilizia popolare voleva tutti uguali. Così provano a rinascere le periferie.
“Già prima del murale si intravedevano i primi turisti, curiosi di scoprire il quartiere in cui è ambientato il romanzo – spiega Bruno -; adesso tutte le persone che passano di qui alzano la testa, si fermano a guardare. Sono i primi sentori di un cambiamento. In mezzo al degrado spunta qualcosa di bello. Ma questo è solo l’inizio: quest’opera è la prima del “Rione dei murales”, un progetto con cui contiamo di trasformare il rione in un complesso di opere di street art. Il rione deve diventare un’attrattiva, sul modello vincente del Parco dei Murales di Ponticelli”.
La storia del rione è forse nota a qualche tifoso del Napoli. Proprio qui sorse infatti il primo stadio del Napoli, l’unico di proprietà privata del club nella sua storia, voluto dal munifico industriale napoletano Giorgio Ascarelli, fondatore e primo presidente dell’Associazione Calcio Napoli. Lo stadio fu chiamato “Vesuvio”, ma quando il presidente scomparve, pochi giorni dopo l’inaugurazione dell’impianto, il popolo napoletano decise all’unanimità di intitolargli lo stadio.
Durante il regime fascista, lo stadio Ascarelli, a causa delle origine ebraiche dell’industriale napoletano, fu rinominato “Stadio partenopeo”. Per questo motivo il rione è anche noto come Luzzatti-Ascarelli, in ricordo di un benefattore che tanto fece per il quartiere e per la città.
“I problemi principali ad oggi sono l’incuria, il degrado, la scarsa pulizia. Il quartiere si deve riprendere; dobbiamo muoverci noi abitanti, nessuno lo farà per noi, le istituzioni da sole non ce la fanno. I residenti hanno accolto molto bene il murale, in pochi giorni hanno visto nascere un’opera dal nulla, sono rimasti sbalorditi. Con quest’opera – conclude Bruno – vogliamo anche accendere un faro sul quartiere: la bellezza è dappertutto se sai vederla e valorizzarla”.
Un messaggio di speranza veicolato anche dall’artista. La firma di Gomez è infatti un suggestivo squarcio a colori aperto sull’opera, un tocco cromatico in mezzo al bianco e nero. Una metafora della rinascita del Rione Luzzatti, che dal grigiore della quotidianità punta a risplendere e a colorarsi attraverso l’arte di strada.