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L’affare dei sediolini del San Paolo, smontati dagli spalti e messi in vendita come cimeli on line

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È vero che sono vecchi, sgangherati, scoloriti, che dovevano essere rimossi, smaltiti e poi sostituti per le Universiadi. Ma c’è modo e modo di fare certe cose. L’altra sera, al termine della tribolata partita del Napoli contro il Cagliari al San Paolo alcuni tifosi, forse a conoscenza dell’iniziativa del Comune e della Regione della sostituzione dei sediolini, hanno ben pensato di dare una mano. Come? Portandosi a casa i vecchi sediolini come cimeli. Qualcuno di voi avrà pensato a tifosi feticisti, ad innamorati del San Paolo che vogliono conservare un ricordo di quello che fu lo stadio di Diego Armando Maradona.

In parte è così, ma è vero anche che molti dei marpioni che hanno portato via i sediolini del San Paolo, li hanno poi rimessi in vendita su alcuni marketplace on line a cifre anche non male: 20 euro e 40 euro. Si poteva fare? Ovviamente no. E infatti il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e il conduttore della radiazza su Radio Marte Gianni Simioli hanno denunciato quanto accaduto mostrando anche foto e video della spoliazione dello stadio.

Francesco Emilio Borrelli. Leader dei Verdi in Campania e consigliere regionale

“Non ci risulta che questi signori abbiano chiesto alcuna autorizzazione e li hanno smontati in modo frettoloso. Nello specifico questa scena è avvenuta nel settore Curva B superiore. Al di là dell’azione discutibile sicuramente è da segnalare il problema in previsione dell’ultima gara stagionale contro l’Inter durante la quale alcune persone potrebbero ritrovarsi senza sedie pur avendo pagato il biglietto. A nostro avviso l’appropriazione dei sediolini poteva essere chiesta e ottenuta tranquillamente rivolgendosi al Comune e al Calcio Napoli invece di prenderli in modo incivile. Inoltre si potevano fare delle aste di beneficenza rivendendo i sediolini in questione. Quello che non accettiamo è che siano stati smontati in questo modo”. E però così è stato. Ma si pone anche un altro problema. Una azienda, che evidentemente in questa storia non c’entra,  ha vinto peraltro un appalto per la rimozione e lo smaltimento di questi sediolini. Ora che li hanno portati via, che tipo di lavori farà questa società visto che i sediolini non ci sono più e non possono essere dunque smaltiti?

 

 

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Esteri

Ribadito il no alla Russia per cerimonia anniversario Hiroshima

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Per il terzo anno consecutivo, la Russia e la Bielorussia non saranno invitate alla commemorazione dell’anniversario della bomba atomica che si terrà il 6 agosto nella città di Hiroshima, mentre l’invito sarà esteso a Israele. Lo anticipa il giornale online Asahi Shimbun, che cita fonti a conoscenza del dossier, spiegando che i rappresentanti di Russia e Bielorussia saranno considerate “persone non grate” alla cerimonia annuale al Memoriale della Pace, a causa del conflitto in corso in Ucraina .

“La situazione non è cambiata rispetto all’anno scorso, e per questo motivo attueremo le stesse decisioni , ha dichiarato all’Asahi un funzionario dell’amministrazione cittadina, con il governo centrale che è stato già informato della decisione. Hiroshima ha tuttavia intenzione di invitare un rappresentante di Israele – che da ottobre è impegnato in una guerra contro il gruppo militante islamico Hamas da ottobre, riferisce l’Asahi.

“Non c’è in questo momento un’opinione condivisa nei Paesi del mondo sul conflitto in corso in Medio Oriente. Per questo motivo vogliamo trasmettere un messaggio di pace invitando Israele”, affermano le fonti. Nel 2023, per il 78/esimo anniversario del bombardamento atomico, Hiroshima aveva richiesto la presenza dei leader e degli ambasciatori di 167 Paesi. La mattina del 6 agosto del 1945 un ordigno atomico venne sganciato dal bombardiere B29 statunitense ‘Enola Gay’, causando la morte di circa 140.000 residenti. Una seconda bomba venne utilizzata su Nagasaki il 9 agosto, con un bilancio di 74.000 vittima, decretando di fatto la fine della Seconda guerra mondiale pochi giorni dopo, con la resa incondizionata del Giappone.

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Esteri

Somalia rifiuta dialogo con l’Etiopia su accordo col Somaliland

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Il Governo federale somalo ha dichiarato con fermezza che non avvierà alcun dialogo con l’Etiopia in merito agli accordi tra Addis Abeba e l’autoproclamata regione del Somaliland. La decisione, come riporta il sito Shabelle Media, è stata annunciata in risposta a un comunicato del G7 che esprimeva preoccupazione per l’accordo tra Etiopia e Somaliland, che la Somalia considera una violazione della propria sovranità e integrità territoriale.

La Somalia ha manifestato un forte impegno a mantenere la pace e la stabilità regionale e ha espresso la volontà di collaborare con il G7 e altri partner internazionali. Il Somaliland non è riconosciuto a livello internazionale come Paese indipendente, sebbene gestisca le proprie forze armate e la propria banca centrale e tenga regolari elezioni dal 1991, anno in cui ha rivendicato l’indipendenza dalla Somalia, pochi mesi dopo la caduta del Paese nella guerra civile.

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Economia

Cgil-Uil in piazza, ‘il governo ascolti il Paese reale’

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Cgil e Uil scendono di nuovo in piazza, attaccano il governo e chiedono di cambiare registro e dare risposte. Sul lavoro e la sicurezza, sulla sanità pubblica, il fisco e i salari. Ascoltando “il Paese reale”. A dieci giorni dall’ultimo sciopero insieme, i due sindacati tornano a manifestare, a Roma, per dire “Adesso basta”. Basta con le morti sul lavoro, con la precarietà e con i condoni. I segretari generali Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri lo fanno dal corteo che attraversa le vie della capitale e dal palco: almeno 50mila, secondo le loro stime, in piazza. E assicurano di essere pronti ad andare avanti, per ottenere risultati. “Dalla piazza arriva il messaggio del Paese reale, visto che stanno raccontando delle balle, irreggimentando e cercando di controllare tutto: si ascolti il mondo del lavoro, che tiene in piedi il Paese e non ce la fa più”, dice Landini.

Che poi accusa “il governo e la destra che vogliono costruire un regime”, “vogliono comandare più che governare”. E sullo stop al monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile: “Consentitemi un gioco di parole – afferma ancora -, è stato oscurato”. Parla di “un Paese reale che soffre, che ha difficoltà ad arrivare a fine mese e a fruire dei servizi sanitari” anche Bombardieri. Difficoltà che i due leader sindacali rappresentano portando una serie di numeri: 6 milioni di poveri, 5 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, 4 milioni e mezzo di persone che rinunciano alle cure. E poi su un altro numero puntano ancor di più: arrivare a “zero morti” sul lavoro. Fermando una strage quotidiana, che richiede misure più incisive, compresa l’introduzione del reato dell’omicidio sul lavoro. Sul fronte delle tasse, chiedono un fisco “giusto” perché, ripetono, a pagare sono sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti e i pensionati.

“Fate pagare chi non le ha mai pagate. Certo è complicato se continuate a fare condoni”, ripete Bombardieri. Non manca l’affondo contro l’autonomia differenziata “una follia pura”, sostiene Landini, rimarcando la volontà di mettere in campo una battaglia “con ogni strumento” democratico a disposizione. Dopo aver già dato il via ai quattro referendum sul lavoro. “Non abbiamo alcuna intenzione di fermarci”, assicura. Altro tema quello dell’aborto: Landini e Bombardieri parlano di “pericolosissima regressione”, di “attacco del governo alle donne” e preannunciano per martedì 23 aprile un presidio davanti al Senato, in occasione dell’esame del decreto Pnrr a Palazzo Madama, per contrastare anche la norma sulla presenza delle associazioni pro life nei consultori e difendere la legge 194. In piazza anche questa volta non c’è la Cisl. “Ci sono diverse sensibilità” e ci sono stati “altri periodi nei quali il sindacato ha avuto visioni diverse, supereremo anche questo. Il pluralismo è una ricchezza”, smorza Bombardieri, ricordando che il Primo maggio Cgil Cisl e Uil saranno insieme per “una grande manifestazione” quest’anno a Monfalcone (Gorizia), sotto lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”.

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