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La Valle dei Mulini, il luogo della Pasta ed una tappa imprescindibile del Grand Tour nelle bellezze della Campania

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Chi non è originario di Gragnano difficilmente conoscerà la Valle dei Mulini, eppure proprio qui affondano le radici dellarte della Pasta di Gragnano, qui nasce lantica tradizione dei suoi Maestri Pastai. La Valle dei Mulini è protagonista della 19esima edizione della Festa della Pasta: il Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano IGP ha scelto infatti di valorizzare il territorio in quanto elemento imprescindibile di un  prodotto di eccellenza dell’enogastronomia italiana conosciuto a livello globale.

Nei due giorni della Festa, il professor Giuseppe Di Massa ha condotto i visitatori alla scoperta della Valle. Unesperienza unica, perché il professore rappresenta la memoria storica di Gragnano e della Valle dei Mulini, conoscendone alla perfezione ogni anfratto, ogni curiosità legata alla sua storia secolare. Il professore è un punto di riferimento per la comunità e in particolare per il Consorzio.

Prolungamento del Parco Regionale dei Monti Lattari, attraversata dal fiume Vernotico, la Valle è un sentiero che congiunge Castellamare ad Amalfi. In passato era una strada commerciale. Il grano arrivava da Castellammare e, passando per questa antica mulattiera, veniva condotto ai mulini per la macinazione. La farina era poi prodotta a Castellammare di Stabia e da qui esportata a Napoli. La Valle dei Mulini e la sua attività molitoria divennero, col passare del tempo, di fondamentale importanza per lapprovvigionamento della città di Napoli. La Valle contribuiva infatti a rifornire di farina i forni per il pane della capitale. Unimportanza strategica assunta anche in occasione di fermenti rivoluzionari, quali la rivolta di Masaniello del 1647. In quella circostanza, i gragnanesi si schierarono dalla parte dei rivoltosi contro il viceré e gli spagnoli dovettero recarvisi ben due volte per sedare la rivolta e ripristinare lordine: era essenziale che la farina giungesse a Napoli, per contenere le proteste della popolazione.

I mulini lavoravano per mezzo di un ingegnoso sistema di pale orizzontali. Lacqua, di origine torrentizia, era conservata nella torre di accumulo e metteva poi in rotazione la macina. Proveniva dallalto e, una volta riempita la torre, ripassava per il canale e da lì al mulino sottostante e così, a cascata, per i circa trenta mulini fino al mare. Lacqua era sempre recuperata e riutilizzata, un principio che il professor Di Massa cerca di trasmettere ai ragazzi delle scuole della città.

I mulini saranno progressivamente soppiantati nelleconomia cittadina dallindustria della pasta. Lo sviluppo dellattività pastaia fu per lungo tempo protetto con il regime delle concessioni ma nel 1805, con lavvento dei francesi, le corporazioni furono abolite e il mercato liberalizzato. Inizia in quel momento uno sviluppo esponenziale, tant’è vero che, al momento dellUnità, Gragnano contava già un centinaio pastifici. Il pastificio prende così il posto del mulino, che nel corso dellOttocento è gradualmente abbandonato. Il punto di non ritorno fu la legge sul macinato imposta dal governo piemontese nel 1866, che comportava un contatore che misurava il numero di giri della macina. Un provvedimento che favorì i grandi mulini del nord a danno di quelli del sud, di dimensioni assai più ridotte.

Con il contributo del Consorzio, è stato restaurato il Mulino Porta di Castello di Sopra, che ne restituisce in maniera fedele loriginario funzionamento. Ma almeno una decina di mulini meriterebbero lo stesso trattamento.

La Valle dei Mulini rappresentò anche una tappa obbligata per i visitatori del Grand Tour; fra questi molti pittori che immortalavano gli scorci più suggestivi. La Scuola di Posillipo, fondata a Napoli dal fiammingo Pitloo, diede vita ad una vera e propria moda, dipingendo in serie quei paesaggi per i viaggiatori del Grand Tour, che portavano via un dipinto come ricordo del viaggio.

Per questo motivo, oggi molti di quei dipinti sono conservati nei musei di tutto il mondo: solo al Louvre, ad esempio, ve ne sono ben sei.

Ma la Valle è anche natura lussureggiante, con un microclima peculiare e una ricchissima biodiversità. Ospita infatti oltre trecento tipi diversi fra alberi, arbusti e fiori.

Luogo magico e sconosciuto ai più, sospesa fra passato e presente, la Valle dei Mulini non delude il visitatore e dispensa in maniera generosa i segreti di Gragnano della sua rinomata arte pastaia.

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Napoletani protagonisti nella Guida Gambero Rosso 2026: tra le Tre Forchette brillano Danì Maison, Quattro Passi, Don Alfonso

Nella Guida Ristoranti d’Italia 2026 del Gambero Rosso la Campania conquista un posto d’onore con i grandi chef napoletani tra le Tre Forchette.

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L’eccellenza della cucina campana continua a brillare ai vertici della gastronomia italiana. Nella Guida Ristoranti d’Italia 2026 del Gambero Rosso, la regione si conferma tra le più premiate, grazie alla forza di chef napoletani che portano la tradizione partenopea nella haute cuisine.

Tra le 55 Tre Forchette assegnate quest’anno — tre in più rispetto al 2025 — spiccano infatti Quattro Passi di Massa Lubrense, Torre del Saracino di Vico Equense, Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui Due Golfi (nella foto), Danì Maison di Ischia, Krèsios di Telese Terme e Taverna Estia di Brusciano, oltre alla new entry Marotta Ristorante di Castel Campagnano, che porta l’alta cucina anche nell’Alto Casertano.

Bottura, Crippa e Romito dominano il podio

Al vertice nazionale, con il massimo punteggio di 97/100, tornano Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena), Enrico Crippa (Piazza Duomo, Alba) e Niko Romito (Reale, Castel di Sangro). Sono loro i “campioni della cucina italiana”, simbolo di ricerca, creatività e sperimentazione continua.

A seguire, tra conferme e novità, spiccano 55 ristoranti che incarnano l’eccellenza gastronomica italiana, tra grandi dinastie familiari e giovani talenti.

La forza della cucina napoletana e campana

La Campania si conferma una delle regioni più vivaci del panorama gastronomico. Dalle coste della Penisola Sorrentina alle colline beneventane, i maestri partenopei riescono a unire territorio, tecnica e visione internazionale, offrendo esperienze culinarie che restano nella memoria.

“Il riconoscimento delle Tre Forchette non è solo un premio, ma una conferma della vitalità della nostra cucina, capace di innovare restando fedele alla tradizione”, commentano i cuochi campani premiati.


Classifica Tre Forchette per regioni (Guida Gambero Rosso 2026)

Piemonte: Piazza Duomo (Alba), Guido (Serralunga d’Alba), Antica Corona Reale (Cervere)
Lombardia: Da Vittorio (Brusaporto), Contrada Bricconi (Oltressenda Alta), D’O (Cornaredo), Berton (Milano), Cracco in Galleria (Milano), Enrico Bartolini al Mudec (Milano), Il Luogo Aimo e Nadia (Milano), Dina (Gussago), Miramonti l’Altro (Concesio), Casa Perbellini 12 Apostoli (Verona)
Veneto: Le Calandre (Rubano), Antica Osteria Cera (Campagna Lupia), La Peca (Lonigo)
Emilia-Romagna: Osteria Francescana (Modena), DaGorini (Bagno di Romagna)
Toscana: Da Caino (Montemerano), Enoteca Pinchiorri (Firenze)
Marche: Uliassi (Senigallia), Madonnina del Pescatore (Senigallia), Dalla Gioconda (Gabicce Mare)
Lazio: Il Pagliaccio (Roma), La Pergola (Roma), Zia (Roma), Idylio by Apreda (Roma), Enoteca La Torre Villa Laetitia (Roma), Pascucci al Porticciolo (Fiumicino), La Trota (Rivodutri)
Campania: Quattro Passi (Massa Lubrense), Torre del Saracino (Vico Equense), Don Alfonso 1890 (Massa Lubrense), Danì Maison (Ischia), Taverna Estia (Brusciano), Krèsios (Telese Terme), Marotta (Castel Campagnano)
Abruzzo: Reale (Castel di Sangro), Villa Maiella (Guardiagrele)
Puglia: Pashà (Polignano a Mare)
Sicilia: Duomo (Ragusa), La Madia (Licata), I Tenerumi del Therasia Resort (Vulcano)
Trentino-Alto Adige: Atelier Moessmer Norbert Niederkofler (Brunico)
Friuli-Venezia Giulia: L’Argine a Vencò (Dolegna del Collio), Agli Amici dal 1887 (Udine), Laite (Sappada)
Liguria: (nessun Tre Forchette 2026 segnalato)
Sardegna: (nessun Tre Forchette 2026 segnalato)


La Campania emerge ancora una volta come regina del gusto italiano, con una presenza straordinaria nella classifica nazionale e una generazione di chef che continua a scrivere la storia dell’alta cucina mediterranea.

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Cannellino flegreo verso la DOP: imprenditori e agricoltura identitaria per la rinascita dei Campi Flegrei

Nasce il Comitato per la DOP del pomodoro cannellino flegreo. Imprenditori visionari come Tammaro guidano il rilancio dell’agricoltura flegrea tra archeologia, tradizione e sviluppo.

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A Cuma, tra le vestigia greco-romane e il profumo intenso della terra vulcanica, prende ufficialmente il via il Pomodoro Cannellino Flegreo Tour 2025, evento che segna un passaggio decisivo: la costituzione del Comitato Promotore per il riconoscimento della DOP. È il primo passo verso un riconoscimento europeo che potrà consacrare definitivamente questo prodotto tipico come simbolo identitario dei Campi Flegrei.

Un’agricoltura che parla il linguaggio del territorio

Il pomodoro cannellino flegreo non è solo un ortaggio: è un frutto della storia, nato su terreni sabbiosi modellati dal fuoco e dal mare, perfettamente adattato al microclima flegreo. Oggi sono oltre 55 gli ettari coltivati, grazie anche all’impegno di giovani agricoltori che hanno riscoperto le antiche pratiche colturali.

Il ruolo degli imprenditori visionari

Determinante, in questo percorso, è il contributo di imprenditori come la famiglia Tammaro, che si sono spesi negli anni per salvaguardare e valorizzare le tradizioni agricole locali. La loro visione ha permesso di trasformare un prodotto dimenticato in una leva di sviluppo culturale, economico e sociale, capace di creare rete tra imprese, enti locali e cittadini.

Figure come Tammaro dimostrano quanto l’agricoltura identitaria possa diventare motore di rinascita, contribuendo alla costruzione di un modello di sviluppo sostenibile fondato su qualità, storia e comunità.

Una rete per la DOP

Nel comitato promotore per la DOP, oltre a imprenditori di punta come Generoso Colandrea, Vincenzo e Giovanni Tammaro, Nicola Laezza, Giuseppe Lanni e i fratelli Pignata, è forte l’impegno delle istituzioni. Come ha ricordato l’assessore all’Agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo, la sfida oggi è trasformare l’eccellenza agricola in brand territoriale, capace di competere sui mercati globali.

Il paesaggio che unisce archeologia e agricoltura

Il Parco Archeologico dei Campi Flegrei, che ha patrocinato l’iniziativa, ha ribadito il valore unico del paesaggio agricolo e archeologico di Cuma. Fabio Pagano, direttore del Parco, ha sottolineato come l’integrazione tra colture e patrimonio culturale rappresenti un’opportunità straordinaria per il territorio.

Un modello virtuoso di sviluppo

L’evento si inserisce all’interno del più ampio progetto Monterusciello Agro City (MAC), sostenuto dall’Unione Europea, che ha puntato sul recupero delle aree coltivabili e la nascita di nuove imprese. La rinascita agricola del territorio flegreo è così diventata anche strumento di rigenerazione urbana, restituendo dignità e speranza a intere comunità.

Una sfida collettiva

Alla giornata hanno partecipato anche Confagricoltura Campania e l’EBAT, a dimostrazione di una rete ormai consolidata. Il Pomodoro Cannellino Flegreo, in attesa del marchio DOP, si impone già come simbolo di orgoglio e riscatto locale, frutto del coraggio di imprenditori come Tammaro, che hanno saputo guardare lontano partendo da molto vicino: dalla loro terra.

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I cornetti ischitani di Nello Iervolino per Zuckerberg direttamente dal Regina Isabella

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Un mostro da 300 milioni di euro che sfreccia da qualche giorno nel Golfo di Napoli e dintorni: è il Launchpad di Mark Zuckerberg, una barca di 118 metri che ha persino un campo di basket a prua. È stata varata nel 2024 e sarebbe stata acquistata da Zuckerberg: sembra fosse destinata ad un oligarca russo ma poi il blocco dei loro beni…

I cornetti di Iervolino

Non è la prima volta che il miliardario americano sceglie il sud del nostro Paese per le sue vacanze: è  arrivato il 28 luglio a Positano e da li si è poi mosso per andare in giro e stavolta ha persino dimostrato di avere anche buona conoscenza del ci o italiano e delle specialità locali.
Ieri, a Ischia ha scelto di mangiare i cornetti all’ischitana per colazione: gli sono stati recapitati direttamente a bordo.

Nello Iervolino, pastry chef del Regina Isabella

Cornetti d’autore: sempre con crema e amarena a ma la mano era quella del più noto pastrychef dell’isola, Nello Iervolino, ischitano doc, responsabile della pasticceria per l’albergo della Regina Isabella, autore dei dolci del ristorante Indaco, stella Michelin con lo chef Pasquale Palamaro.
Il motoscafo con i cornetti ancora caldi e fragranti è partito dal molo del Regina Isabella, ha raggiunto la splendida imbarcazione del manager ed ha consegnato i cornetti. Per il piacere di tutti gli ospiti del grande yacht.

 

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