“In una sola giornata ci sono troppi punti da affrontare”. Un ambasciatore di uno dei Paesi membri lascia intendere che l’ultimo summit dei leader europei del 2022 e il primo per Giorgia Meloni potrebbe essere pieno di trappole. L’agenda ufficiale non include uno dei temi più divisivi, quello della migrazione. Ma di migranti si parlerà. I leader di alcuni Paesi del Nord, nel capitolo Vicinato Meridionale, alzeranno la mano per porre il nodo dei movimenti secondari. A quel punto l’Italia e i Paesi del Mediterraneo replicheranno che il pacchetto flussi va trattato nella sua interezza. Il rischio scontro è dietro l’angolo. Il Consiglio europeo, eccezionalmente, durerà un solo giorno. L’inizio è previsto alle 9.30. La fine potrebbe cadere a notte fonda. Perché in agenda c’è un altro capitolo che rischia di alzare la temperatura, quello sull’energia. Nelle conclusioni del summit è scritto nero su bianco che “il Consiglio europeo invita il Consiglio Ue a finalizzare” il pacchetto proposto dalla Commissione. Piano che include la piattaforma di acquisti comuni, norme per velocizzare i permessi per le rinnovabili e il price cap.
Lunedì al Consiglio Affari Energia si aspettano tutti che il pacchetto si chiuda. Il price cap, però, resta una ferita aperta. La soglia di 220 euro a megawattora per diverse capitali resta troppo alta. L’Italia preme perché si scenda sotto la cifra simbolica dei 200 euro e anche nelle ultime ore ha ribadito come il via libera vada dato al pacchetto energia nella sua interezza: come dire, senza price cap anche il resto non passa. “C’è insoddisfazione sul perdurante impasse”, ha spiegato una fonte europea. Ancora una volta, però, ci sarà il fronte del Nord da affrontare. Il cancelliere Olaf Scholz, parlando al Bundestag, ha rimesso in dubbio l’opportunità di un cap mettendo sul tavolo ancora una volta il timore di non avere più gas. E c’è un gruppo di capitali silenziose che non si strapperebbe certo i capelli in caso di mancata intesa sul tetto. Dal dibattito su migranti e energia dipenderà molto della tenuta della riunione. Sul primo tema, tra diversi Paesi europei serpeggia la volontà di portare il dibattito al tavolo dei leader solo nel 2023. Olanda, Belgio e Austria nelle riunioni preparatorie hanno fatto sapere di voler porre la questione dei movimenti secondari, alzando la temperatura del dibattito. E’ molto difficile, tuttavia, che lo scontro si traduca in un negoziato fino all’ultimo minuto disponibile sul testo delle conclusioni, che non contiene il punto delle migrazioni.
A fare da apripista al summit c’è poi il Qatargate. La presidente del Pe Roberta Metsola ne farà cenno nel suo intervento a inizio della riunione. Il Consiglio europeo non entrerà nel merito del caso ma potrebbe affrontarne le conseguenze: prima fra tutte i rapporti con Doha alla luce dell’inchiesta. Le conclusioni, invece, prevedono un altro capitolo spigoloso per l’Ue, quello della legge sull’inflazione Usa e sulle ripercussioni per le imprese del Vecchio continente. Ursula von der Leyen, in una lettera piuttosto irrituale inviata ai 27 alla vigilia della riunione (che dà il senso dello stato dei rapporti con il presidente del Consiglio Ue Charles Michel), ha annunciato una “risposta europea” all’Inflaction Reduction Act, fatta di investimenti pubblici per la transizione verde e di nuove norme sugli aiuti di Stato. A gennaio la Commissione potrebbe mettere la proposta sul tavolo. Con un’appendice rischiosa per Meloni: dare più libertà agli aiuti di Stato aiuterebbe chi ha maggior spazio fiscale. Paesi come la Germania e non certo come l’Italia.