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Cronache

La straordinaria sanità della Campania ha curato il covid 19 che ha contagiato quest’uomo con sciroppo e vitamina, Luigi è morto e ora ci sono dieci indagati

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La Procura di Torre Annunziata (ufficio inquirente guidato da poche settimane dal procuratore Nunzio Fragliasso) ha deciso di procedere alla riesumazione della salma di Luigi Starita, cittadino di Piano di Sorrento, deceduto alla fine dello scorso marzo. Mercoledì ci sarà l’autopsia. L’inchiesta su questa morte è coordinata dal pm Barba. Ci sono dieci avvisi di garanzia già notificati. Il reato ipotizzato è l’omicidio colposo. Si tratta di un accertamento di legalità, qui non c’è alcun intento di criminalizzare chi oggi è indagato ma solo raccontare fatti. La cui lettura giudiziaria sarà svolta dal pm, ma gli indagati avranno, eventualmente dovesse esserci un processo, la possibilità di difendersi. Sotto inchiesta c’è il medico di famiglia di Luigi Starita, ma anche alcuni medici dell’ospedale di Sorrento dove il paziente venne ricoverato per qualche giorno. CI sono  medici e sanitari del Loreto Mare, dove il paziente Luigi Starita affetto da covid 19 arrivò in condizioni ormai disperate. Il magistrato inquirente vuole capire se ci sono state responsabilità circa cure sbagliate o ritardi nell’apprestare cure adeguate a Luigi Starita. A far avviare le indagini la denuncia di Viviana Starita, figlia del paziente covid deceduto. Starita pure avendo 75 anni era persona che godeva di bona salute generale. Ad  inizio di marzo è rimasto contagiato dal virus.
Tra gli indagati c’è Coppola, medico di famiglia e altri medici e sanitari che lavorano in costiera, vale a dire Rossana Galasso, Elvira Giaquinto, Pietro De Nicola, Luca Allocca, Maurizio D’ Antonio, Vincenzo Terrone; oltre ai camici bianchi del Loreto mare, vale a dire Giovanni Spagnuolo, Barbara Primerano, Salvatore Visconti. Gli avvisi di garanzia notificati a queste persone non sono garanzia della loro colpevolezza, semmai il contrario. Il pm dovendo ordinare una autopsia è indispensabile che questo esame irripetibile venga fatto in contraddittorio.  Che cosa ha spinto la Procura a riesumare la salma a tre mesi dal suo decesso? Nei primi giorni del lockdown Starita inizia a manifestare tosse e febbre alta. Il medico di famiglia – secondo quanto si apprende dalla denuncia – avrebbe tranquillizzato la famiglia di Luigi Starita. All’uomo viene dato sciroppo.  Si arriva al 14 marzo, quando le condizioni di salute di Starita degenerano, al punto tale che, il medico – sempre al telefono – prescrive una infiltrazione di Rocefin e Bentelan, senza però avanzare richiesta di tampone o di ricovero in ospedale. Questo è scritto nella denuncia, dunque una versione di parte. Starita ottiene la visita di due sanitari della guardia medica, che si limitano a constatare l’esistenza di una bronchite in corso e a disporre una cura a base di sciroppo sedativo e vitamina b.
Anche in questo caso, niente tampone. E oggettivamente la cosa è strana perchè eravamo e siamo in un Paese dove il contagio da covid faceva e fa paura. La domanda è: perchè non si fece il tampone? Non c’erano a disposizione?  Per negligenza da parte di qualcuno? Poi la situazione peggiora, precipita, prima il ricovero all’ospedale di Sorrento (dove non ci sono farmaci antivirali e la figlia del paziente deve cerarne con tanto di pec ai carabinieri e al prefetto, per ottenerne la consegna. Poi  Starita viene trasferito al Loreto Mare (nel frattempo diventato Covid hospital) e dal Cotugno, centro di riferimento per il covid,  arriva il tampone che accerta la positività al corona virus. Il 30 marzo i medici del Loreto Mare comunicano a Viviana Starita il decesso del papà. Quattro ore prima di morire,  l’Asl segnala, con beffarda e tragica puntualità, comunica sempre alla famiglia che Luigi Starita è positivo al Covid. Uno scenario su cui si attendono le conclusioni del pm, a partire dalla esumazione della salma. Questo è il racconto della straordinaria concretezza e l’eccellente modo con cui la sanità della regione Campania ha affrontato una minuscola coda dell’epidemia virale. Da quel che si legge nella denuncia di Viviana Starita, la figlia del paziente morto, al netto delle responsabilità personali degli indagati (se ci sono), emerge una disorganizzazione della sanità regionale spaventosa, nascosta in questi mesi dalla paura alimentata da una classe dirigente che dovrà rendere però conto. Non sempre e non solo in aule di giustizia.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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