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La riforma del Csm diventa legge, tra tensioni e polemiche

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Laddove hanno fallito i referendum sulla giustizia, ha potuto il Parlamento. E’ questa una chiave di lettura per l’approvazione definitiva da parte del Senato della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, in tempo utile per eleggere lo stesso Csm con le nuove norme. La riforma non solo contiene le norme di tre dei cinque quesiti referendari, ma ne introduce molte altre di grande incisivita’ per contrastare il correntismo nella magistratura. Nonostante la portata delle nuove norme , quasi tutti i partiti della maggioranza pur votando a suo favore (solo Iv si e’ astenuta) si sono dichiarati non del tutto soddisfatti, affermando che si poteva fare di piu’. Contrari solo Fdi e gli ex pentastellati di Cal ed Italexit. Anche fuori dal Palazzo la riforma e’ stata criticata per motivi opposti dall’Anm e dall’avvocatura, ma il ministro Marta Cartabia puo’ portare a casa il terzo grande pilastro del suoi disegno, dopo la delega penale e quella civile. La seduta del Senato, esaurita mercoledi’ la fase del voto degli emendamenti, si e’ aperta con un breve ringraziamento del ministro Cartabia a tutti i partiti “per l’impegno e la disponibilita’”. La Guardasigilli ha sottolineato che “questo passaggio e’ stato preceduto da un lungo lavoro, a tratti non semplice, reso possibile dall’impegno di molti”, un modo sobrio per ricordare l’estenuante e lunga mediazione condotta dallo scorso ottobre, rimessa in discussione ad ogni passaggio, compreso quello in Senato. La Lega e Iv hanno chiesto e ottenuto di bloccare per un mese e mezzo l’iter del provvedimento, per poter svolgere la campagna referendaria, che con la legge approvata avrebbe perso tre dei cinque quesiti (separazione delle funzioni, sistema elettorale del Csm e presenza dei membri laici nei Consigli giudiziari). Dopo il flop dei cinque referendum, chi si aspettava un’approvazione senza intoppi della riforma e’ stato contraddetto dalla Lega: pioggia di emendamenti (63) in Commisisone, con seduta fiume notturna, bis in Aula con tanto di richiesta di voto segreto, uno strumento a cui ricorrre l’opposizione. Il Pd, anche oggi con Simona Malpezzi, Anna Rossomando e Franco Mirabelli, ha accusato la Lega di voler affossare la riforma, precipitando nel nulla di fatto il Parlamento che ne sarebbe uscito delegittimato. Tesi respinta dalla Lega che con Simone Pillon ha sostenuto che ci fosse il tempo per “migliorare” il testo. In ogni caso la Lega ha solo mostrato i muscoli, rinunciando ad usare la forza con un vero ostruzionismo. Matteo Salvini, in Aula per il voto, ai suoi ha detto che occorreva “non far male” al governo ma dimostrare che “si poteva far male”: un “memento” a futura memoria. Nelle dichiarazioni di voto tutti hannno affermato di non essere del tutto soddisfatti, con sfumature diverse, da quelle piu’ polemiche di Matteo Renzi (Iv) e Giulia Bongiorno (Lega) a quelle piu’ sobrie di Giacomo Caliendo (Fi), Loredana De Petris (Leu), Alessandra Maiorino (M5s) e Julia Unterberger (Svp). La Dem Rossomando e’ stata l’unica a “rivendicare” il fatto che una riforma sulla giustizia non poteva che essere condivisa da tutti i partiti della “strana maggioranza” e quindi in parte scontentare ciascuno: ma “questa e’ la riforma possibilie”. La ministra Cartabia e’ sembrata invitare i partiti a valorizzare il proprio apporto. In questi mesi, ha ricordato, c’e’ stato “un intenso confronto con tutte le forze politiche di maggioranza per giungere ad un articolato ampiamente condiviso, in cui ciascuna forza politica puo’ riconoscere il suo apporto. Ciascuno ha portato il suo contributo, sia sostenendo le proprie iniziative con forte convinzione, sia lasciando spazio alla voce delle altre forze di maggioranza. Ringrazio ciascuna forza politica per questo impegno costruttivo e per questa disponibilita’”. Un sospiro di sollievo la ha tirato il vicepresidente de Csm Davide Ermini: Ora che la riforma c’e’, si puo’ andare serenamente al rinnovo del Consiglio”.

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Ue apre a Roma su migranti, Meloni si confronta con Scholz

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Giorgia Meloni si aspetta nuovi passi avanti dal Consiglio europeo per una gestione effettivamente comunitaria della questione migratoria. E le sue speranze sono confortate dalla lettera inviata da Ursula von der Leyen ai leader dei 27 in vista dell’appuntamento di giovedì e venerdì. Un messaggio in cui – sottolineano fonti di governo – è stato dato un ampio spazio alle priorità di Roma per una riforma complessiva sul tema dei migranti che sia più equilibrata, ed è stata recepita una logica più espansiva sugli aiuti finanziari che dovrebbero andare oltre i 500 milioni di euro già pattuiti. “Il terribile naufragio a largo della Calabria è stato un vivido richiamo all’urgenza della nostra azione – ha scritto la presidente della Commissione Ue -. Una soluzione equa e duratura è possibile solo attraverso un approccio europeo e bilanciato. Possiamo raggiungere più traguardi se agiamo assieme”. Fra gli impegni di Von der Leyen, anche altri 110 milioni che la Commissione mobiliterà nel 2023, “addizionali ai 208 già impegnati per la cooperazione anti-trafficanti”.

Quella battaglia è diventata la priorità del governo italiano, da coniugare con un controllo rafforzato delle frontiere e una cooperazione sui rimpatri rapidi. Temi citati nella lettera e toccati anche nel faccia a faccia in mattinata con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, negli uffici di FdI alla Camera, alla vigilia delle comunicazioni della premier al Senato e a Montecitorio. Un confronto cordiale, in cui sono emerse “sintonia e fiducia rinnovata”, secondo fonti vicine a Meloni. E nel dossier migranti trova spazio anche la priorità di aiutare la Tunisia, che attende i finanziamenti del Fmi, sull’orlo di una crisi che, è il timore dell’esecutivo, può generare un’ondata di migranti. Non è l’unico fronte su cui Meloni cerca la sponda del cancelliere tedesco Olaf Scholz, con cui nel pomeriggio ha avuto una telefonata di mezz’ora. La Germania è anche uno dei partner da convincere nel negoziato per il nuovo Patto di stabilità, in cui l’Italia chiede flessibilità nell’utilizzo dei fondi europei, per evitare una guerra di sussidi che favorirebbe Paesi con meno debito pubblico. Come, appunto, la Germania.

Quello è il negoziato cruciale per Palazzo Chigi, non la ratifica del Mes (solo l’Italia manca all’appello), su cui è forte il pressing delle opposizioni e di Bruxelles. Un tema che potrebbe essere toccato nel Consiglio europeo quando verranno affrontati la crisi di Credit Suisse e gli effetti del fallimento dell’americana Silicon Valley Bank. Per ora, spiegano fonti di governo, non si ravvisano rischi sull’esposizione degli istituti italiani, ma la vicenda della banca svizzera mette in luce che le regole europee tanto virtuose non sono. Roma e Berlino sono invece allineate sulla crisi ucraina. In reazione alle mosse russe, fra la visita di Vladimir Putin a Mariupol e quella del presidente cinese Xi Jinping a Mosca, una priorità del Consiglio Ue deve essere “dare un ulteriore segnale di sostegno all’Ucraina a 360 gradi”, si legge nel resoconto del colloquio telefonico con Scholz. Da Bruxelles annunciano in settimana una nuova tranche di aiuti per 2 miliardi per Kiev. “Il tema è consegnare in fretta le munizioni all’Ucraina”, ha chiarito il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Su questo, al momento la maggioranza ha accantonato i distinguo dei mesi scorsi. Mentre è nelle opposizioni che si misureranno le distanze, nel confronto sulle risoluzioni in discussione dopo le comunicazioni di Meloni. Sotto la nuova guida di Elly Schlein, il Pd ribadirà la sua linea: sostegno all’Ucraina e al suo diritto all’autodifesa, con la richiesta di intensificare l’impegno diplomatico dell’Europa per la pace, l’accusa alla Russia per l’aggressione e la richiesta di continuare a puntare sul suo isolamento, anche alla luce dell’incriminazione di Putin da parte della Corte penale internazionale. Basta armi è invece il senso della posizione del M5s: “Abbiamo già dato, è inutile girarci intorno – taglia corto Giuseppe Conte -. Chiediamo all’Italia e al governo di assumersi la responsabilità di uno sforzo diplomatico, nel quadro dell’Ue, con gli altri alleati. Ci deve essere qualcuno che imprime una svolta e vogliamo che sia l’Italia. Mi auguro che il Pd possa, anche col nuovo vertice, fare questa scelta, in questa direzione che noi abbiamo già intrapreso”. Il leader terzo polo CarloCalenda non si sbilancia e si limita ad annunciare che non voterà la mozione di maggioranza.

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Maternità surrogata peggio di pedofilia, Mollicone shock

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Bufera sul presidente della Commissione culturaFederico Mollicone (FdI) che in tv definisce la maternità surrogata un reato “più grave ” della pedofilia. Ospite di Omnibus su La7 gli viene chiesto un commento sulla posizione del leghista Simone Pillon, secondo cui, appunto, la maternità surrogata deve essere un reato da perseguire “come la pedofilia”. Ma sul punto Mollicone va persino oltre: “E’ un reato grave, più grave della pedofilia. Siamo di fronte a persone che – afferma – vogliono scegliere un figlio come la tinta di casa”. Tesi che viene accolta con notevole sconcerto da tutto il centrodestra: Forza Italia evita di commentare ma il suo silenzio è certamente significativo.

In serata, Fratelli d’Italia comunicano in modo informale una netta presa di distanza: “Si tratta di parole non condivise”, è il commento laconico del partito di Giorgia Meloni. Durissima invece la reazione delle opposizioni. Per il deputato dem, Alessadnro Zan, da parte della destra “c’è la volontà di criminalizzare le famiglie arcobaleno e la comunità lgbtqia+, con una vera e propria campagna d’odio per inquinare il dibattito con fake news vergognose”. “Prima – attacca Zan – Rampelli che ha accusato le coppie omosessuali di “spacciare bambini” e la ministra Roccella che ha parlato di “mercato”, ora Mollicone che ha definito la maternità surrogata più grave della pedofilia, con un accostamento pericoloso e criminale. Frasi abominevoli da cui Giorgia Meloni deve prendere le distanze e che deve condannare”. Molto critico anche il Movimento Cinque Stelle: Secondo la deputata Chiara Appendino e la coordinatrice del Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili del Movimento 5 stelle Alessandra Maiorino, le parole di Mollicone “sono gravissime e meritano il massimo sdegno da parte di tutti”.

“Continua la campagna della destra di negazione dei diritti dei bambini parlando di quello che non è un argomento sul tavolo perché non si sta in alcun modo parlando di introdurla in Italia”. Intanto, a prescindere da Mollicone, Fratelli d’Italia e tutto il centrodestra non mollano la presa nella lotta alla maternità surrogata: nelle prossime ore la commissione Giustizia della Camera calendarizzerà la proposta di legge a prima firma di Carolina Varchi (FdI) che prevede che la gestazione per altri diventi un reato universale. Posizione largamente condivisa da tutti gli alleati. E’ prevista, inoltre, la presentazione anche di un testo della Lega. Tuttavia, sul tema dei diritti civili, si riapre qualche faglia dentro la maggioranza, con Forza Italia molto attenta a non appiattirsi sulla linea dura del fronte sovranista. L’azzurro Giorgio Mulè, sul Corriere, infatti, esorta al dialogo e auspica la ripresa di un confronto che parta dal ddl Zan.

“Noi siamo stati e siamo pronti ad andare incontro alle coppie diverse da quelle previste dall’articolo 29 della Costituzione, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Per questo – propone il vicepresidente della Camera – dico sediamoci intorno a un tavolo, discutiamo, ripartiamo dal ddl Zan. Prima però liberiamoci del pregiudizio per cui da un lato c’è chi è a favore dei diritti, dall’altro gli omofobi. Questa non è una premessa a partire dalla quale si può discutere”. Ipotesi accolta freddamente da Fratelli d’Italia: da Via della Scrofa nessun commento ufficiale. Trapela solo una certa sorpresa: ancora non c’è un testo Zan, cosa dobbiamo commentare? Lo faremo – concludono – solo quando verrà presentato.

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Primo addestramento in Italia per i militari ucraini

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Il Samp-T italo-francese non è ancora arrivato in Ucraina. Ma circa 20 militari di Kiev sono stati in Italia per un ciclo di addestramento all’impiego del sistema anti-missile. Nessuna conferma arriva dal ministero della Difesa sulla loro destinazione: il tema è considerato molto sensibile, al pari della tipologia di aiuti spediti al Paese invaso dalla Russia. Finora era stato reso noto solo l’invio di 4 istruttori italiani in Germania nell’ambito del programma europeo che prevedeva la formazione di 15 mila militari entro marzo. ‘Il Fatto’ ha indicato nella caserma Santa Barbara di Sabaudia (Latina), sede del Comando artiglieria controaerei dell’Esercito, il luogo dove si è svolta l’attività addestrativa.

Dal Comando di Sabaudia dipende il 4° Reggimento artiglieria controaerei ‘Peschiera’, di stanza a Mantova, che ha in dotazione i 4 Samp-T operativi. Era stato all’inizio di febbraio il generale Nikolai Oleshuk, comandante dell’Aeronautica ucraina, ad annunciare l’invio all’estero di specialisti della forza armata per l’addestramento sul Samp-T. Il generale aveva nell’occasione ringraziato i Governi di Italia e Francia per la decisione di fornire il sistema – prodotto in consorzio da Roma e Parigi – “per proteggere l’Ucraina dal terrore missilistico russo e rafforzare la difesa aerea del paese”, auspicando che gli specialisti “possano tornare in primavera in Ucraina non a mani vuote ma con conoscenze, abilità e lo stesso Samp-T”.

Indiscrezioni avevano indicato nella base aerea di Avord, sede del 1/o Reggimento di artiglieria dell’aria dell’Aeronautica francese, una delle sedi del training. Ma sarebbe stata coinvolta anche l’Italia con il comando di Sabaudia che avrebbe accolto i militari ucraini per un ciclo di addestramento. Il Samp-T è un sistema sofisticato che richiede un training articolato per poter essere ‘maneggiato’ con efficacia. Ed i tempi sono stretti, visto che il suo invio in Ucraina è stato annunciato per la primavera da Italia e Francia, che ne stanno perfezionando l’assemblaggio. Intanto, lo scorso 10 marzo Kiev ha ricevuto uno dei due sistemi di difesa aerea Patriot promessi da Stati Uniti e Germania. Lo ‘scudo’ dal cielo contro droni, missili ed aerei è stato invocato più volte dal presidente Volodymyr Zelensky e l’alleanza che lo sostiene sta rispondendo in vista della possibile offensiva russa.

L’Italia, ha riferito la premier Giorgia Meloni in occasione della sua visita nella capitale ucraina, manderà anche sistemi contraerei a più corto raggio e più datati, Skyguard Aspide e Spada. Il Samp-T è tuttavia la punta di diamante, con i suoi missili Aster 30, in grado di intercettare il bersaglio fino a 120 km di distanza ed ingaggiarne 10 contemporaneamente. In passato non sono mancate polemiche sull’addestramento in Italia di militari ucraini. L’1 dicembre scorso il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, aveva affermato che l’addestramento militare degli ucraini viene fatto sul territorio di “Regno Unito, Germania, Italia e altri Paesi della Nato”.

Secca smentita il giorno stesso dalla Difesa, che aveva precisato di non “aver compiuto alcun addestramento in Italia” in favore dei militari ucraini sul territorio nazionale: “la Difesa, ad oggi, ha inviato solo 4 membri delle Forze armate in Germania nell’ambito del gruppo europeo addestramento, che, in questo momento, stanno pianificando i possibili cicli addestrativi da svolgersi in futuro”. Tre mesi dopo le cose sono cambiate. La linea del Governo è comunque di non divulgare informazioni su queste attività. Inutile fornire ulteriori spunti per gli attacchi mediatici di Mosca ad esponenti delle istituzioni italiane.

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