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Cronache

La pista dei pm: parlamentari Ue a libro paga del Qatar

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Europarlamentari a libro paga per favorire l’Emirato. Si apre una nuova pista investigativa nella maxi-inchiesta sul Qatargate e il cuore dell’Europa continua a tremare, temendo che quanto è emerso finora sia solo la punta dell’iceberg di un sistema di pressioni e corruzione ben più radicato. Intanto, la prima udienza per i quattro fermati davanti alla camera di Consiglio del tribunale di Bruxelles ha restituito i primi pronunciamenti della giustizia belga: l’ex eurodeputato Antonio Panzeri e Francesco Giorgi, compagno dell’ex presidente del Parlamento europeo Eva Kaili, resteranno ancora in carcere per almeno un mese, mentre Niccolò Figà-Talamanca potrà uscire sotto regime di sorveglianza elettronica. Resta invece in sospeso il destino della politica ellenica, che ha chiesto e ottenuto il rinvio della decisione al 22 dicembre prossimo.

E nel frattempo, a Strasburgo, l’Eurocamera riunita in plenaria ha chiesto lo stop all’intesa Ue-Qatar sull’aviazione e la sospensione di tutti i fascicoli legislativi legati a Doha, provocando irritazione nella Lega perché esclusa dalla sottoscrizione della risoluzione comune che dovrà ora essere messa ai voti. Il clamore dell’indagine per sospetta corruzione condotta dal giudice bruxellese Michel Claise non accenna a sgonfiarsi e con il passare dei giorni il quadro si arricchisce di nuovi, allarmanti dettagli. L’operazione, stando alla ricostruzione offerta dai due media belgi Le Soir e Knack e confermata poi dal ministero della Giustizia belga, è partita dopo l’indagine condotta dall’intelligence belga insieme ai servizi segreti di altri cinque Paesi europei, che avevano portato a una prima incursione ‘clandestina’ nell’abitazione di Panzeri.

Un’informazione che riporta alla mente anche l’allarme messo in evidenza la scorsa estate in un report consegnato al Copasir ai tempi della presidenza dell’attuale ministro Adolfo Urso. Ma la novità più eclatante – mentre la polizia è impegnata a individuare la banca belga dalla quale sono state prelevate le mazzette (1,5 milioni di euro in cash in tutto) ritrovate nelle case di Antonio Panzeri ed Eva Kaili, oltre che nelle borse che aveva il padre dell’eurodeputata greca in procinto di darsi alla fuga – riguarda l’ipotesi che vedrebbe diversi europarlamentari a libro paga per favorire il Paese del Golfo. Una tesi sulla quale gli inquirenti sono al lavoro e che, se confermata, potrebbe approfondire lo scandalo e coinvolgere un numero più ampio di politici e funzionari Ue.

Rischiando di mandare definitivamente in frantumi la credibilità delle istituzioni comunitarie. L’onda lunga dello scandalo potrebbe poi non fermarsi al Qatar, arrivando fino al Marocco. La polizia belga, ha osservato il direttore de Le Soir, Christophe Berti, potrebbe avere “informazioni anche su un altro Paese”. E le indiscrezioni emerse a più riprese in questi ultimi giorni puntano tutte verso Rabat. Tanto che il ministro della Giustizia belga, Vincent Van Quickenborne, ha riferito di aspettarsi che i pagamenti in tangenti e regali per influenzare le decisioni politiche europee da parte di potenze economiche siano più alti delle somme rintracciate finora. E che “gli interessi” per altre ingerenze straniere possano essere “innumerevoli”. Un sospetto ancora tutto da definire, in attesa che i quattro indagati si trovino tra un mese di nuovo davanti alla giustizia belga.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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