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Esteri

La mossa di Putin,’armi e missili Iskander all’Iran’

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Massicci equipaggiamenti militari e i temuti missili Iskander: l’Iran si sta preparando all’attacco contro Israele beneficiando anche dell’aiuto di Mosca. Vladimir Putin finora aveva mantenuto una posizione militarmente marginale rispetto al fronte mediorientale ma nelle ultime ore qualcosa è cambiato. All’aeroporto di Teheran avrebbero cominciato ad atterrare aerei pieni di armi russe e il dato, se fosse confermato nei prossimi giorni, segna un’importante novità e registra un salto di qualità nell’alleanza tra Mosca e Teheran, già cementata dal conflitto ucraino.

Gli Iskander sono missili tattici ipersonici a corto raggio, progettati per eludere i sistemi di difesa anti-area del nemico. Hanno una portata che può arrivare a 500 chilometri e, negli ultimi due anni e mezzo, Mosca li ha di sovente utilizzati contro Kiev, con conseguenze nefaste per le infrastrutture ucraine. All’Iran non sarebbero arrivati solo gli Iskander ma anche armi e munizioni.

Secondo l’emittente israeliana Channel 14, Mosca avrebbe schierato sistemi avanzati di guerra elettronica nella Repubblica islamica. E le immagini di Flightradar, circolate su X, che ritrarrebbero un cospicuo numero di velivoli russi diretti verso la capitale iraniana hanno fatto quasi da contraltare a quelle del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che mostrava i primi F-16 arrivati dagli alleati. La mossa del Cremlino, infatti, potrebbe non essere solo dettata dalla volontà della Russia di sostenere chi, come l’Iran, da mesi fornisce aiuto all’esercito di Mosca.

Secondo il think tank Institute for the Study of War, “Mosca probabilmente mira a sfruttare gli alleati di Teheran per confrontarsi indirettamente con l’Occidente e plasmarne il processo decisionale”. La tesi del think tank sarebbe corroborata da un dato. Nei giorni scorsi Mosca stava preparando l’invio di armi e missili per gli Houthi nello Yemen ma avrebbe stoppato all’ultimo minuto le forniture solo dopo il pressing diplomatico degli Usa e dell’Arabia Saudita. E’ probabile, infatti, che le armi russe sarebbero state utilizzate dai miliziani yemeniti nella loro guerra contro le navi commerciali occidentali in transito nel Mar Rosso.

Secondo l’intelligence statunitense, tuttavia, Mosca avrebbe comunque inviato dei suoi consulenti militari per coadiuvare l’offensiva degli Houthi. Il trend emerso in questi giorni, spiegano gli analisti dell’Isw, è un’ulteriore prova della stretta cooperazione militare tra Russia e Iran e della crescente dipendenza, sul fronte ucraino, della prima dalle tecnologie del regime degli ayatollah. Di certo al Cremlino si sta registrando un crescente attivismo, anche diplomatico, sul Medio Oriente. Lo scorso 25 luglio Putin ha ricevuto a Mosca il presidente della Siria Bashar al Assad, pedina fondamentale del sedicente ‘asse della resistenza’ e alleato storico della Russia.

Pochi giorni dopo, a seguito della morte di Ismail Haniyeh, c’è stato anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov tra gli interlocutori di Teheran nella girandola di telefonate messe a punto dal regime con i suoi alleati. E la conclusione, secondo quanto spiegato dal ministro degli Esteri iraniano ad interim Ali Bagheri, è stata che “Israele ha oltrepassato la linea rossa”.

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Esteri

Hezbollah attacca in Galilea, Sinwar ringrazia Nasrallah

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Il centro del conflitto mediorientale, mentre a Gaza continua un’emergenza umanitaria senza precedenti, si sposta verso nord, con Israele che allarga sempre più il fronte verso Cisgiordania, Libano e Siria, e gli Hezbollah libanesi sono sempre più coinvolti nello scontro. L’aeronautica militare israeliana ha colpito oggi in modo massiccio vari obiettivi attribuiti agli Hezbollah in Libano (con almeno un morto e 7 feriti, tra cui 4 bambini secondo Beirut) e altri nel sud della Siria dove, secondo il New York Times, domenica scorsa Israele avrebbe usato anche forze speciali per distruggere un impianto per la produzione di missili di Hezbollah vicino al confine libanese, facendo vittime.

Venerdì mattina, in risposta all’attacco israeliano di ieri su Kfar Joz, nel sud del Libano e nel quale sono stati uccisi due combattenti di Hezbollah e un bambino, il movimento filoiraniano ha attaccato una base israeliana in Galilea. In una nota ha affermato di aver lanciato uno “sciame di droni” sulla base Filon a sud-est di Safed, che a loro dire ospita “il quartier generale della 210/a divisione” dell’esercito israeliano. Sostenendo peraltro di aver “causato vittime”, circostanza negata da Israele. Il capo di Hamas, Yahya Sinwar, ricercato numero uno di Israele, avrebbe inviato nei giorni scorsi al leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, una lettera di ringraziamento e di apprezzamento per il sostegno dato dall’organizzazione filoiraniana libanese dall’inizio della guerra contro Israele.

“La beata processione dei martiri – si legge nella missiva secondo i media israeliani, che citano l’emittente libanese filo-Hezbollah al-Mayadeen – crescerà in forza e in potenza nella lotta contro l’occupazione nazi-sionista”, avrebbe scritto il leader di Hamas, e s’impegna a combattere il “progetto sionista” insieme al resto del cosiddetto asse della resistenza anti-Israele “fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e spazzata via dalla nostra terra e il nostro Stato indipendente con piena sovranità non sarà stabilito con Gerusalemme come capitale”. Non si placano intanto gli attacchi israeliani in Cisgiordania, dove un cecchino avrebbe colpito un membro dello staff dell’Urwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi da tempo nel mirino di Israele che accusa la presenza tra le sue fila di affiliati di Hamas.

La Cisgiordania – ha denunciato l’agenzia, che intanto ha completato con grande fatica la prima fase di un programma antipolio tra i bambini di Gaza – “sta vivendo livelli di violenza senza precedenti, mettendo a rischio le comunità”. A Gaza, secondo l’agenzia palestinese Wafa, oggi sono morti almeno 6 civili in raid israeliani su Rafah e Nuseirat. Mentre a Istanbul è arrivata la salma dell’attivista turca-americana uccisa durante una protesta in Cisgiordania e domani si terranno i funerali.

A Tel Aviv intanto i parenti degli ostaggi continuano a reclamare un cessate il fuoco e la restituzione dei loro cari, mentre anche la Cina, con il ministro della Difesa Dong Jun, ha affermato che “i colloqui di pace e la soluzione politica sono l’unica soluzione” in Palestina come in Ucraina. Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha invece riunito alla Moncloa i ministri del Gruppo di contatto arabo-islamico per Gaza alla quale ha partecipato anche l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue uscente, Josep Borrell. “La comunità internazionale deve fare un passo decisivo verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente”, ha detto Sanchez, basata sulla soluzione a due Stati. Il Cile infine si è associato all’iniziativa promossa dal Sud Africa contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia per presunto genocidio.

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Usa, uccisi quattro leader dell’Isis in Iraq

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Gli Stati Uniti hanno ucciso quattro leader dell’Isis in Iraq alla fine di agosto. Lo afferma il Centcom. “Restiamo impegnati a una sconfitta duratura dell’Isis, che continua a minacciare gli Stati Uniti, i nostri alleati e partner e la stabilità regionale”, ha detto il generale Michael Erik Kurilla, capo del Centcom.

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Cronache

Messico, 15 morti per la guerra interna del cartello di Sinaloa

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Un totale di 14 fascicoli d’inchiesta aperti e 15 morti. È questo l’ultimo bilancio della violenta guerra iniziata lunedì tra i Chapitos e i Mayos, le due fazioni in cui si è spaccato il cartello di Sinaloa e facenti capo, rispettivamente, al “Chapo” Guzmán e al “Mayo” Zambada, entrambi detenuti negli Stati Uniti. A confermarlo ai media locali è stata la Procuratrice della Repubblica, Claudia Zulema Sánchez. “Da lunedì ad oggi sono stati registrati 15 omicidi”, ha dichiarato. Lo scorso 9 settembre, il governatore di Sinaloa Rocha Moya era stato costretto a sospendere le lezioni in tutte le scuole e università della capitale Culiacán e aveva chiesto rinforzi militari a Città del Messico per garantire la sicurezza dei cittadini. Oggi sono stati recuperati due cadaveri, uno dei quali decapitato e con segni di tortura in diverse parti del corpo nei pressi del Parco 87, una nota zona verde di Culiacán dotata di attrazioni tra cui scivoli, piscine e un ‘giardino della pace’.

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