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Cronache

La morte di Francesca Ercolini, giudice ad Ancona: riesumata la salma, sei indagati

La madre non ha mai creduto al suicidio. Riaperto il caso dopo due anni e mezzo: sotto sequestro la casa, nuova autopsia disposta dalla Procura dell’Aquila.

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Una donna lacerata dal dolore ma determinata a conoscere la verità. Così l’avvocato Giuseppe Lattanzio descrive Carmela Fusco, madre di Francesca Ercolini, la giudice della Corte d’Appello di Ancona trovata morta nel dicembre del 2022, all’indomani del Natale. Il caso, inizialmente classificato come suicidio, è stato riaperto dalla Procura dell’Aquila grazie a un esposto presentato dalla famiglia.

La scena appariva inequivocabile: un foulard stretto al collo, legato alla scala interna dell’abitazione in cui la donna viveva con il marito, l’avvocato Lorenzo Ruggeri, e il figlio minorenne. Accanto al corpo, una sorta di preghiera scritta dalla vittima. Ma per la madre non è mai stata la verità.

Riesumazione, nuova autopsia e sei indagati

Nei prossimi giorni, su disposizione del gip, sarà effettuata una nuova autopsia. La salma è stata riesumata e l’abitazione è stata posta sotto sequestro per ricostruire nel dettaglio la scena del decesso. Intanto, la Procura ha iscritto sei persone nel registro degli indagati: il marito della vittima, il medico legale che condusse la prima autopsia e quattro funzionari delle forze dell’ordine.

Le accuse, a vario titolo, sono depistaggio, falsa perizia, violazione del segreto istruttorio e omissione d’atti d’ufficio. Il giudice per le indagini preliminari venerdì prossimo nominerà i periti incaricati dei nuovi accertamenti che potrebbero riscrivere radicalmente la storia.

Una verità mai accettata

Francesca Ercolini aveva 51 anni, una figura molto stimata nella comunità giuridica marchigiana. Viveva a Pesaro, in un contesto familiare all’apparenza sereno. Ma Carmela Fusco non ha mai creduto al suicidio. Qualche giorno prima della tragedia, aveva inviato una lettera anonima in Questura, invitando la polizia a indagare sulla famiglia Ruggeri-Ercolini.

Dopo la morte della figlia, la donna ha consegnato agli inquirenti foto di lividi e chat private che, secondo lei, proverebbero l’esistenza di un contesto domestico difficile, fatto di maltrattamenti e tensioni familiari. La Procura aveva aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e maltrattamenti, ipotesi poi archiviate lo scorso anno.

La battaglia di una madre

Nonostante l’archiviazione, la madre non ha mai smesso di chiedere giustizia. Ha continuato a raccogliere elementi, a segnalare incongruenze nelle indagini e a insistere per un nuovo esame autoptico. Oggi, la sua ostinazione ha portato alla riapertura ufficiale del caso e alla valutazione di eventuali responsabilità penali.

“La ricerca della verità per Carmela Fusco è un percorso doloroso ma necessario”, ha dichiarato il suo legale. E ora che il caso è riaperto, la vicenda della giudice Ercolini torna al centro dell’attenzione. Non più solo come un dramma personale, ma come un possibile errore giudiziario da chiarire fino in fondo.

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La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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