Collegati con noi

Cronache

La morte di Desirèe, condanne ridotte nell’appello bis

Pubblicato

del

Ridotte, nel processo di appello bis, le condanne per tre imputati coinvolti nella tragica morte di Desiree Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina deceduta il 19 ottobre del 2018 in uno stabile abbandonato in via dei Lucani nella zona di San Lorenzo a Roma. I giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno fatto scendere a 22 anni di reclusione, dalla condanna all’ergastolo, la pena per Mamadou Gara. Per lui i giudici hanno riqualificato l’accusa da omicidio volontario a morte come conseguenza di altro reato. La corte ha condannato a 26 anni Alinno Chima, a cui erano stati inflitti 27 anni, e a 18 anni Brian Minthe, già condannato a 24 anni, che è stato assolto dal reato di cessione di sostanze stupefacenti. Il secondo processo di appello era stato disposto dalla Cassazione che nell’ottobre scorso aveva fatto cadere alcuni capi di imputazione.

Per una quarta persona, Yousef Salia, è già definitiva la condanna all’ergastolo. La sentenza è stata accolta con amarezza dalla madre e dai parenti della vittima che però non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. “Attenderemo di leggere le motivazioni che verranno depositate nelle prossime settimane”, si sono limitati a dire gli avvocati di parte civile. Secondo quanto accertato dagli inquirenti la 16enne morì a causa di un mix letale di sostanze stupefacenti. La ragazzina, vittima anche di abusi, fu trovata senza vita in un immobile abbandonato nel quartiere San Lorenzo. Una fine tragica in cui fu determinate, secondo l’accusa portata avanti dalla Procura, il ruolo svolto dai quattro. In base all’impianto accusatorio, gli imputati, con ruoli diversi, non fecero sostanzialmente nulla, non mossero un dito per cercare di salvare la vita alla ragazza originaria della provincia di Latina.

Nelle motivazioni della sentenza di rinvio la Cassazione affermò che la morte della minorenne è arrivata dopo una “lunga sequenza di eventi criminosi” che si sono “sviluppati lungo diverse ore nelle quali le condotte relative alla somministrazione delle sostanze stupefacenti ingerite dalla vittima fin dalla mattina di quel giorno, che le hanno provocato l’overdose, si sono collegati con le condotte relative alla mancata attivazione dei soggetti presenti nella ‘sala del crack’, dove la minore era stata lasciata agonizzante su un letto senza essere soccorsa”.

Per i Supremi giudici non vi è alcun dubbio che “gli imputati erano a conoscenza della condizione di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire, essendo stata l’overdose provocata dalla reiterata somministrazione di sostanze stupefacenti – tra cui metadone, cocaina ed eroina – avvenuta all’interno di locali in cui erano presenti. Tale consapevolezza è ulteriormente dimostrata” dal “tentavano di rianimarla, schiaffeggiandola, versandole acqua sul viso e facendole ingerire una miscela di acqua e zucchero, fino a quando, resisi conto di non essere in grado di farla riprendere, la lasciavano agonizzante sul letto della stanza dove veniva trovata priva di vita”.

Advertisement

Cronache

‘Non solo clima, tagli alberi alzano rischi alluvioni’

Pubblicato

del

Non è solo il cambiamento climatico a causare le eccezionali perturbazioni degli ultimi anni, ma pure azioni non corrette – come l’eccessivo consumo di suolo in pianura e la mancanza di presidio e manutenzione a monte. L’abbandono dei boschi o il taglio di alberi eccessivo in collina e montagna -, possono contribuire in maniera decisiva ad aumentare i rischi sui versanti per erosione o frane e lungo i corsi d’acqua verso valle in occasione di piogge intense e durature come quelle di questi giorni. Lo sottolinea il professor Federico Preti, presidente nazionale dell’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica e docente di Idraulica dell’Università di Firenze riguardo al rinnovato rischio di alluvioni in Toscana con l’ultimo maltempo.

“Ci risiamo: in Toscana continuano a esondare i corsi d’acqua”, spiega Preti secondo il quale, ad esempio, “tagliare troppo e male la vegetazione ripariale può addirittura aumentare il rischio a valle” sia per “frane che sono più frequenti nei versanti non più gestiti negli ultimi decenni, rispetto a quelli ancora mantenuti o boscati” sia per la capacità di “trattenimento e rallentamento delle acque” che gli alberi garantiscono nei tratti a monte dei corsi d’acqua. “La strada oggi – suggerisce – è piuttosto quella di rinaturalizzare il territorio e pianificare interventi strutturali e non strutturali (come anche delocalizzazioni di edifici) a medio e lungo termine”.

Preti sostiene che “è stato di recente confermato che solo per la perdita di trattenuta e rallentamento nel reticolo idraulico minore e nei terrazzamenti sui versanti (cassa di espansione-laminazione equivalente diffusa), la pericolosità è aumentata intorno al 20-30%, e considerando anche gli effetti del cambio climatico, fino a oltre il 50%” dato che “gli eventi critici ora hanno una frequenza maggiore, ovvero un tempo di ritorno minore”.

“Oggi ci servirebbero 3 miliardi di euro all’anno da spendere per mitigare il rischio in Italia, a fronte di circa il triplo speso ogni anno per ricostruire dopo le catastrofi”, prosegue il docente, ma “possiamo mitigare l’aumento di rischio idrogeologico, compensando gli effetti del consumo di suolo e del cambio climatico con la prevenzione tramite soluzioni basate sulla natura, ovvero realizzando interventi innovativi di Ingegneria Naturalistica con investimenti 10 volte inferiori a quelli per la ricostruzione in emergenza post eventi catastrofici”. Con “interventi diffusi a monte” di gestione corretta di boschi e realizzazione di opere vive “possiamo avere ulteriori vantaggi – afferma – come ad esempio trattenere e rallentare l’acqua, cosa che garantisce anche accumulo di riserve per i periodi siccitosi e ravvenamento delle falde”.

Invece “il cambiamento di uso del suolo e la minore manutenzione dei nostri bacini idrografici, oltre agli effetti del cambio climatico, hanno portato oggi ad un rischio notevolmente maggiore”, “il consumo di suolo che ha enormemente aumentato la vulnerabilità e l’esposizione di beni e persone al danno e abbiamo un rischio che è cresciuto in maniera ormai insostenibile”.

Continua a leggere

Cronache

‘Impronte e tappetino’, al via le nuove analisi su Sempio

Pubblicato

del

“Sono stato consulente per l’accusa nell’omicidio sul caso Rostagno in cui si sono ottenuti dati sul Dna analizzando un oggetto toccato dall’indagato 27 anni prima”. Così Francesco De Stefano, perito nell’appello bis sul caso Garlasco che portò alla condanna a 16 anni per Alberto Stasi, spiegò ai pm di Pavia, che 8 anni fa archiviarono il primo fascicolo su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, perché quelle tracce biologiche trovate su unghie e dita della studentessa potevano arrivare da un contatto “mediato” con la tastiera del pc nella villetta, usata dal 19enne per giocare ai videogiochi con Marco. La tastiera e il mouse di quel computer, che i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, nelle indagini riaperte a Pavia, stanno cercando con poche speranze, sono solo due degli oggetti presi in considerazione dagli inquirenti in questa sorta di “caccia al tesoro”, per rianalizzare ciò che si è salvato dei vecchi reperti. Perché il Dna prelevato a Sempio andrà comparato, come indicato dal gip e richiesto dall’aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano, con tutte le “ulteriori tracce di natura biologica rinvenute sulla scena del crimine”, con quello che resta anche solo a livello documentale. E ciò darà il via, in sostanza, ad un confronto serrato tra consulenti.

Per prima cosa, a inizio settimana la Procura conferirà l’incarico, verosimilmente a Carlo Previderè, gentista del caso Yara, per l’accertamento irripetibile su estrazione e match del Dna con gli esiti sul materiale rinvenuto su Chiara Poggi. Poi, dopo aver già effettuato una propria consulenza sulla comparazione tra i profili genetici dopo “l’impulso” della difesa Stasi, gli inquirenti disporranno pure un altro accertamento per dimostrare che quell’ormai nota impronta di scarpe, con suole a pallini, può riferirsi anche ad un numero maggiore del 42, che indossava Alberto, fino al 44 che calzava Sempio. Si cercano anche dei mozziconi di sigaretta, che vennero fotografati in un posacenere della casa ma mai repertati probabilmente, come si punta sugli esiti di un traccia biologica rintracciata sul tappetino del bagno e su tutte le varie impronte. La fascette adesive utilizzate per rilevarle sono state recuperate e andranno rivalutate pure le verifiche dell’epoca su alcuni capelli. Proseguiranno le audizioni dei testimoni, compresi i genitori di Chiara, tutti già sentiti in questi 18 anni più volte, come Marco Poggi e i suoi amici, ascoltati ancora nei giorni scorsi. Sempio, pronto semmai anche a farsi interrogare, è più “preoccupato per l’incubo che sta rivivendo” la famiglia Poggi che per se stesso, mentre il fratello di Chiara cerca di dargli “conforto”. Stasi dal carcere spera che la sua responsabilità, accertata dalla Cassazione nel 2015, possa essere spazzata via dalla nuova inchiesta e con una successiva richiesta di revisione del processo.

Da valutare, oltre agli “elementi nuovi” che la Procura guidata da Fabio Napoleone è convinta di avere in mano, c’è anche quell’alibi dello scontrino del parcheggio di Vigevano, che per i vecchi pm reggeva, così come le giustificazioni sulle tre chiamate partite dal cellulare di Sempio verso casa Poggi, il 4, il 7 e l’8 agosto, quando Marco e i genitori erano già in vacanza dal 5 agosto. Stando alle nuove indagini, inoltre, il pc della villetta non venne più acceso dal 10 agosto, ovvero la ragazza per tre giorni almeno, prima di essere uccisa, non venne più a contatto con la tastiera. E, dunque, quello trovato, per i pm, potrebbe essere il Dna dell’aggressore. Il perito De Stefano disse, invece, che era più “verosimile” sostenere un “trasferimento” mediato, da “oggetto a persona”, anche per il “quantitativo esiguo” e per la “discontinua distribuzione del Dna sulle dita”. Insomma, sarà una lunga battaglia che segnerà ancora il destino di molte persone, legate ad una morte atroce e ad un caso giudiziario che pare infinito.

Continua a leggere

Cronache

Meno incidenti e morti sulle strade, faro su telefonini

Pubblicato

del

Meno incidenti e 61 morti in meno sulle strade nei primi tre mesi di applicazione delle nuove norme sul Codice della Strada. La ‘stretta’ normativa porta i primi risultati ed ha avuto un impatto soprattutto per chi è stato trovato alla guida con il telefonino: ci sono stati ben 8.912 automobilisti che hanno visto la sospensione della patente per essere stati trovati alla guida mentre usavano il cellulare, un numero che vale il 50,6% del complesso dei ritiri della patente avvenuti in Italia nello stesso periodo. A scattare una foto dei primi tre mesi di applicazione delle nuove regole stradali sono i dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti raccolti da Polizia stradale e Carabinieri.

“Meno vittime, meno feriti, meno incidenti: sono molto incoraggianti”, ha commentato il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini sui social. In pratica si conta una riduzione del 5,5% degli incidenti, del 20% delle vittime e del 9% dei feriti tra il 14 dicembre e il 13 marzo 2025 rispetto allo stesso periodo di un anno prima. Ma i dati, anche se in netto miglioramento, sembrano da bollettino di guerra.

Sono stati rilevati 226 incidenti mortali, contro i 274 dello stesso periodo annuale corrispondente, con 238 deceduti contro 299. Ci sono stati poi 5.712 incidenti con lesioni, rispetto ai 6.227 del periodo corrispondente, con 8.407 persone ferite (9.222 lo scorso anno). Ma la strage continua. Anche nelle ultime 24 ore le strade hanno visto un tributo di sangue, con tre persone decedute: un giovane a Latina schiantato con la sua vettura contro un albero, una trentunenne morta in un frontale a Brescia, un cinquantenne investito e ucciso a Jesi. Un motociclista è invece in coma dopo uno scontro con un’auto a Milano.

I dati diffusi dal Mit riguardano anche i controlli con l’etilometro, che tante polemiche avevano sollevato: sono stati 203.753 ma solo l’1,7% degli automobilisti ha subito sanzioni per guida in stato d’ebbrezza e lo 0,2% per aver assunto sostanze stupefacenti. “L’auspicio – ha commentato il ministero – è che i dati possano migliorare ulteriormente, soprattutto per quanto riguarda vittime e feriti” afferma il Mit in un comunicato ufficiale nel quale mette in risalto che le informazioni consentono di trarre alcune indicazioni.

“Anzitutto, le preoccupazioni per controlli irrazionali su droghe e farmaci si sono confermate totalmente infondate – viene scritto con riferimento alle politiche che erano seguite all’arrivo delle norme – Ed infatti si coglie l’occasione per ribadire che i limiti per il consumo di alcol non sono cambiati con il nuovo codice”. Il Mit ribatte anche ad alcuni provvedimenti citati dai media negli ultimi giorni in relazione a multe comminate a ciclisti in stato di ebrezza, che – viene sottolineato “sono figlie di regole in vigore da decenni, e che fanno riferimento all’articolo 186 del codice che risale al 1992”.

La verà novità riguarda invece l’uso del cellulare al volante. “Va rilevato – afferma il ministero – che l’uso del cellulare rimane di gran lunga la prima ragione di ritiro della patente, in coerenza con la pericolosità e diffusione di questo comportamento scorretto”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto