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La ministra tedesca Baerbock in Polonia: questione riparazioni chiusa

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La nota diplomatica con la richiesta polacca delle riparazioni di guerra alla Germania e’ partita per Berlino. E oggi e’ stata la ministra degli Esteri verde Annalena Baerbock (nella foto), in missione da ieri dai vicini difficili, a ribadire la posizione tedesca: la Germania riconosce la propria responsabilita’ storica e morale per i crimini compiuti durante la seconda guerra mondiale in Polonia “senza se e senza ma”, ma per il governo tedesco “la questione dei risarcimenti sul piano legale e’ chiusa”. Con la rinuncia da parte di Varsavia dichiarata nel 1953, poi confermata nel 1990. La conferenza stampa bilaterale organizzata nella capitale e’ stata un vero esercizio di diplomazia per entrambi i protagonisti: per la determinatissima leader ecologista come per il collega Zbigniew Rau. “Sono convinto che la posizione del suo esecutivo in questa materia vedra’ un’evoluzione in seguito al dialogo”, ha affermato Rau, che ieri ha firmato una nota diplomatica con la quale il governo di Varsavia ha formalizzato la richiesta di 1.300 miliardi di euro di riparazioni. Ammontare indicato da una commissione parlamentare. Non va tralasciato, secondo il ministro del governo del partito populista Pis, “che il trauma subito dalla Polonia fra 1939 e 1945 per mano tedesca ha limitato le possibilita’ di sviluppo della nazione polacca”. “Serve una soluzione – ha aggiunto – e io spero in una buona collaborazione”. Baerbock, che ha usato toni concilianti col collega al quale adesso si rivolge col tu e chiamandosi per nome, non ha evitato di ribadire l’orrore del regime nazista che ha inflitto sofferenze a milioni di polacchi durante il conflitto: “Sofferenze diverse da quelle provocate in altri paesi, perche’ legate all’oppressione, all’obiettivo di una germanizzazione forzata, alla pura intenzione di distruggere”. “E si tratta di sofferenze – ha incalzato – che si ereditano, e che sono state trasmesse anche alle generazioni dei piu’ giovani”, ha aggiunto la ministra, che ha visitato anche il cimitero delle vittime dell’insurrezione di Varsavia dell’agosto 1944, incontrando alcuni anziani superstiti. “Ricordare tutto questo rimarra’ il compito eterno dei tedeschi”, ha aggiunto. “La buona notizia pero’ e’ che l’Unione europea e’ il nostro futuro. Lo strumento e la garanzia per il comune avvenire”, ha sottolineato, riconoscendo insieme a Rau che il compito piu’ importante sia adesso aiutare l’Ucraina contro l’aggressione russa. Una questione su cui “l’accordo fra Polonia e Germania e’ di grande importanza”, secondo Rau. Il secco no alla richiesta di risarcimenti non e’ piaciuto al leader del partito al governo polacco, Jaroslaw Kaczynski: la risposta di Baerbock sarebbe “vuota nel merito e deludente”. “Questa prima risposta e’ un tentativo di far sorgere una barricata: ora tocca a noi di sfondarla”, ha detto Kaczynski che, intervistato dalla radio polacca, ha annunciato una campagna internazionale che dovrebbe ricordare al mondo la crudelta’ dei tedeschi in Polonia durante la guerra, per sostenere le pressione su Berlino affinche’ cambi posizione. I media ricordano che i partiti di opposizione, per non rischiare le critiche preelettorali da parte del Pis, non si sono opposti alla richiesta di riparazioni, ma l’hanno allargata a quelle che Varsavia dovrebbe chiedere alla Russia. Donald Tusk, il leader della Piattaforma civica in un discorso tenuto a Potsdam in Germania, il 15 settembre scorso, ha ribadito che il migliore modo di rispondere alle domande rivolte alla nazione tedesca sara’ quello di aiutare il popolo ucraino.

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Bombardieri Usa in volo ai confini della Russia, il ‘quasi’ incontro con un caccia russo

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Oggi, i radar russi hanno rilevato due bombardieri strategici B-52H dell’aeronautica Usa sul Mar Baltico in volo verso il confine della Russia. Lo ha riferito il Centro di controllo della difesa nazionale russo citato dalla Tass, aggiungendo che un caccia russo Su-35 si è alzato in volo, per poi rientrare in base dopo che i due velivoli stranieri si sono allontanati dai confini della Russia. “Il 20 marzo 2023, le strutture radar delle forze di difesa aerea del distretto militare occidentale in servizio sul Mar Baltico hanno rilevato due bersagli aerei che volavano in direzione del confine di stato della Federazione Russa.

Gli obiettivi sono stati classificati come due obiettivi strategici bombardieri B-52H dell’aeronautica americana”, si legge nella nota, spiegando che al fine di identificare e “prevenire violazioni del confine di stato della Russia”, è stato sollevato in aria un caccia Su-35. “Dopo la rimozione di aerei militari stranieri dal confine di stato della Federazione Russa, il caccia russo è tornato al suo aeroporto di base”, ha detto il ministero della Difesa russo. “Il volo del caccia russo è stato effettuato in stretta conformità con le regole internazionali per l’uso dello spazio aereo. Nessuna violazione del confine di stato della Federazione Russa è stato consentito”.

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Ostaggi in Iran: repubblicano anti Carter sabotò rilascio

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Il rilascio dei 52 americani tenuti in ostaggio per 444 giorni dall’Iran tra il 1979 e il 1980 fu ritardato dall’ex governatore repubblicano del Texas John B. Connally Jr. per minare la rielezione dell’allora presidente Jimmy Carter e favorire il successo di Ronald Reagan. Lo ha rivelato un ex esponente repubblicano, Ben Barnes, dopo aver custodito il segreto per oltre 40 anni, spiegando di sentirsi obbligato a ristabilire la verita’ dato che il 98/enne Carter e’ malato terminale di cancro. Barnes, scrive il New York Times, ha raccontato che fu invitato da Connally, suo mentore politico di lunga data, in una missione in Medio Oriente, realizzando solo successivamente che il vero scopo era sabotare la campagna di Carter.

Quest’ultimo sapeva che aveva un’unica speranza per ottenere un secondo mandato: la liberazione degli ostaggi americani prima dell’Election Day. Connally, e’ la sua versione, lo porto’ in una capitale mediorientale dopo l’altra quell’estate, incontrando una schiera di leader regionali per consegnare un messaggio chiaro da trasmettere all’Iran: non liberare gli ostaggi prima delle elezioni, Reagan vincerà e ti converrà. Al suo ritorno, Connally riferi’ del suo viaggio a William J. Casey, il presidente della campagna di Reagan, e in seguito al direttore della Cia. Dopo aver perso la nomination presidenziale a favore di Reagan, aveva deciso di aiutarlo cosi’, perorando la sua causa per diventare poi segretario di stato o della difesa. Il campo di Carter ha sospettato a lungo che Casey o qualcun altro nell’ orbita di Reagan abbia cercato di silurare segretamente gli sforzi per liberare gli ostaggi prima delle elezioni, ma le indagini del Congresso hanno sempre smentito le precedenti teorie su quanto accaduto.

“La storia deve sapere che cosa è successo”, ha spiegato Barnes, che compirà 85 anni il mese prossimo.

“Penso che sia così significativo e immagino che sapere che la fine è vicina per l’ex presidente Carter me lo abbia fatto pensare sempre piu’ spesso. Sento solo che si doveva risolvere la cosa in qualche modo”, ha detto. Barnes e’ stata una delle figure più importanti del Texas, il più giovane speaker della Camera di quello stato e in seguito vice governatore. Era una figura così influente che aiuto’ il giovane George W. Bush a entrare nella Guardia nazionale aerea del Texas piuttosto che rischiare di essere chiamato alla leva e inviato in Vietnam. Confermare le sue rivelazioni dopo così tanto tempo è problematico, ammette il Nyt, tanto piu’ che Connally, Casey e altre figure centrali sono morti da tempo e Barnes non ha diari o promemoria per corroborare il suo racconto. Ma d’altro canto non ha alcun motivo ovvio per inventare la storia e ha espresso trepidazione all’idea di renderla pubblica a causa della reazione dei colleghi democratici. Barnes comunque ha identificato quattro persone viventi cui ha confidato nel corso degli anni questa ricostruzione e tutte e quattro lo hanno confermato negli ultimi giorni.

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Medvedev evoca ‘un missile ipersonico sulla Cpi’

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A pochi giorni dal clamoroso mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin, il falco dello zar Dimitri Medvedev torna ad alzare al massimo i toni, immaginando “un uso spot del missile ipersonico Onyx” sulla sede del tribunale dell’Aja e bollando la decisione della Cpi come l’inizio del “cupo tramonto” dell’intero sistema di relazioni internazionali. E mentre la Cina si schiera dalla parte del Cremlino chiedendo alla Corte di evitare “doppi standard”, da Mosca arriva l’annuncio di una contro-inchiesta penale, aperta dal Comitato investigativo russo contro il procuratore della Cpi, Karim Khan, e altri giudici. L’accusa è di aver preso una decisione “illegale” nel chiedere l’arresto di Putin. Ma l’Aja non cederà: parola dello stesso Khan che da Londra – dove si è tenuta una conferenza internazionale dei ministri della Giustizia per mobilitare ulteriori risorse a sostegno delle indagini della Corte – ha assicurato che “non esiterà ad agire”.

E ha lanciato un appello a Putin: “rimpatri i bambini ucraini”. “Nessuno ha bisogno” della Corte penale internazionale che ha assicurato alla giustizia solo “tre dozzine di sconosciuti”, è però l’affondo di Medvedev. “L’efficacia delle loro attività è zero. Questi non sono i tribunali di Norimberga e Tokyo creati ad hoc. O anche il dubbio tribunale per la Jugoslavia”, ha aggiunto, definendo mostruose le conseguenze del mandato contro Putin e la sua commissaria per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, accusati di aver deportato illegalmente minori dall’Ucraina. La Russia continua a difendere le sue azioni, con la commissaria russa sotto accusa che sostiene come “380 orfani” dai territori occupati “hanno trovato una casa presso famiglie russe” e “nessuno è stato separato dai genitori”. E si è detta pronta a “fare il possibile per riunire le famiglie, se ci sono i loro rappresentanti legali”. Per la Cpi, le cose stanno diversamente.

“Purtroppo l’Ucraina è una scena del crimine e sembra che sia stata commessa un’intera gamma di crimini”, ha assicurato Khan. Ma “se c’è un minimo di verità” nelle parole di Mosca secondo cui il trasferimento di bambini sia stato deciso a loro tutela, allora è il momento di dimostrarlo: quei minori devono “essere rimpatriati”. Il procuratore della Cpi è volato a Londra per chiedere ulteriori fondi per perseguire i crimini di guerra russi, presentando il caso contro Putin in una conferenza che ha visto la partecipazione di 40 Paesi impegnati a coordinare gli strumenti legislativi in materia di crimini di guerra e il supporto promesso alla corte nelle indagini sulla Russia. A Londra, la Cpi ha ricevuto nuovo sostegno finanziario e risorse da ventisei Stati membri dell’Ue, in una dichiarazione congiunta dove l’unica firma a mancare è stata quella dell’Ungheria di Viktor Orban. Kiev chiede da tempo l’istituzione di un tribunale speciale ad hoc sui crimini di Mosca, ma secondo i media, l’ordine d’arresto contro lo zar potrebbe indurla ad accettare la giurisdizione della Cpi. Su quest’ultimo organismo pesano però alcune ombre: prima su tutte, il fatto che la Corte non è riconosciuta da un’ampia fetta di Paesi, tra cui, oltre alla stessa Russia, gli Usa e la Cina. Quest’ultima, attraverso il suo ministero degli Esteri, ha chiesto alla Cpi di “evitare sia la politicizzazione sia i doppi standard”, “sostenere una posizione obiettiva e imparziale” e “rispettare l’immunità dei capi di Stato dalla giurisdizione ai sensi del diritto internazionale”. Proprio mentre il presidente Xi Jinping volava verso Mosca per incontrare Putin, in una visita che secondo il segretario Usa Antony Blinken, suggerisce come per Pechino lo zar non debba rispondere delle sue atrocità in Ucraina.

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