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Cronache

La marcia su Roma dei no-vax è un flop

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La “marcia su Roma” degli oltranzisti no-vax si ferma al casello. O, al massimo, sul Raccordo anulare. L’appello a invadere la Capitale con i camper naufraga malamente e agli attivisti non resta che accamparsi con un paio di tende canadesi ai piedi dell’Altare della patria, sotto lo sguardo attento delle forze dell’ordine. A fine giornata arrivano le denunce, compresa quella nei confronti dell’ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo che, a sua volta, respinge le accuse e minaccia di presentare l’ennesima denuncia contro il governo definito “illegittimo”. Si ferma, invece, a Velletri l’altro leader del sedicente “Movimento di Liberazione Nazionale”, Nicola Franzoni. L’imprenditore di Massa Carrara passa la mattinata in Questura, dove gli vengono sequestrati i telefonini con cui in questi giorni ha invitato gli attivisti alla disobbedienza civile. Il tutto condito dagli ormai soliti insulti e minacce nei confronti di politici, governo e giornalisti. Intanto non accenna a placarsi il dibattito sul Green pass, alla vigilia dell’obbligo per i lavoratori over 50 che scattera’ proprio domani. Per il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri e l’esperto Fabrizio Pregliasco in primis, e’ ancora prematuro eliminare il certificato, mentre sarebbe “necessaria” una rimodulazione, anche in considerazione dell’ormai costante calo della curva dei contagi. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, spingono invece per l’eliminazione da subito o, al piu’ tardi, dal 31 marzo, quando scadra’ lo stato di emergenza. A tenere banco oggi, pero’, e’ stata la manifestazione del neonato movimento di Pappalardo e Franzoni. Proprio nel giorno in cui sono arrivate sanzioni fino a 4.000 euro per i promotori e i partecipanti del corteo, non preannunciato, di sabato scorso a Trieste. Quella che, nei piani, sarebbe dovuta essere la “marcia su Roma” si risolve in una passeggiata in centro, sulla scia di quanto realizzato in passato dai vecchi movimenti guidati dall’inossidabile ex generale, e sottosegretario, Pappalardo: prima i Forconi, poi i Gilet arancioni e oggi il Movimento di Liberazione Nazionale. Con i Pratoni del Vivaro, ai Castelli Romani, bloccati dalla Questura, gli attivisti avevano deciso di trovarsi direttamente a Roma, prima organizzando una tre giorni di caos nella Capitale, poi “accontentandosi” di un sit-in al Circo Massimo. Dove, pero’, non sono mai arrivati. Le forze dell’ordine hanno scortato gli “uomini” di Pappalardo a piazza Venezia, dove poi il generale ha tentato di prendere provocatoriamente un caffe’ senza Green pass, accontentandosi, pero’, del takeaway. Qualche centinaio di persone ha presidiato la piazza innalzando al cielo il tricolore. Prima avevano tentato di avanzare con i camper, finendo pero’ bloccati dalle forze dell’ordine che li hanno identificati. Ma il dramma e’ stato vissuto sui social. Il canale Telegram di Franzoni, orfano dei video del suo leader, si riempie in fretta di appelli e critiche contro l’organizzazione, con qualcuno che giura anche di aver visto Pappalardo sedersi a pranzo al ristorante esibendo il tanto detestato Green pass. Nell’ultimo suo video, Franzoni – gia’ denunciato in passato per manifestazioni non autorizzate – annunciava di essere “circondato” dalla polizia. “Mi stanno portando via, sono dieci poliziotti, io ho gia’ chiamato il mio avvocato – le sue parole -. E’ una eresia, neanche una manifestazione di protesta si puo’ organizzare”. “Ci hanno bloccato altrimenti saremmo stati milioni in piazza”, le parole invece di Pappalardo, fermato prima al casello di Monteporzio Catone, vicino Roma, e poi a piazza Venezia da dove ha denunciato l’impossibilita’ di organizzare il previsto comizio del suo ennesimo movimento. Dalla piazza si sono alzati i cori contro le forze dell’ordine e il governo, mentre sui social rimbalzava l’appello a non rilasciare interviste. “Non abbiamo la potenza numerica per portare avanti questa manifestazione ma ci ascolteranno”, ammette il leader dei no vax di Torino, Marco Liccione. Al quale rispondono i manifestanti: “La gente come noi non molla mai”. Salvo poi ritirarsi alla spicciolata alle prime gocce di pioggia, lasciando una sparuta rappresentanza a presidiare la protesta.

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Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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