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Economia

La manovra di Meloni: coraggiosa e con scelte politiche

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La prima manovra del suo governo è stata per Giorgia Meloni “coraggiosa”, come “la definizione di un bilancio familiare: quando mancano le risorse non stai lì a preoccuparti di cosa è utile per il consenso ma di far crescere la famiglia al meglio”. Nelle misure da 35 miliardi di euro, quelle concentrate contro il caro-energia ne assorbono 21, il resto sono declinate in “scelte politiche” per aiutare “il ceto medio e non quello ricco” e “scommettere sul futuro” dell’Italia, come ha raccontato la premier in un’ora di presentazione della legge di bilancio. Poi alla sesta domanda della stampa, seduta fra il ministro Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini (l’altro vicepremier Antonio Tajani era impegnato nei Balcani), è passata dalla soddisfazione all’irritazione. La crisi con la Francia le ha insegnato ad avere un approccio meno propagandistico nei confronti degli alleati? “Non so cosa mi si debba insegnare”, è sbottata la premier, convinta di aver “difeso l’interesse nazionale” sul caso migranti, senza aver generato catastrofi: “Con il nostro governo non arriveranno le piaghe d’Egitto”.

Una domanda ancora, poi la leader di FdI ha spiegato di non poterne accogliere altre, in quanto attesa all’assemblea di Confartigianato. Da lì un battibecco con i giornalisti. Uno le ha suggerito, la prossima volta, di evitare le introduzioni stile convegno. “Non potevo presentare la manovra in quattro minuti – la replica stizzita -. Non siete stati tanto coraggiosi in altre situazioni… A cosa mi riferisco? Lo so io, lo so io”. Altre quattro domande prima di chiudere e trasferirsi a Confartigianato, platea decisamente amica che ha sottolineato con numerosi applausi le novità della sua manovra. A partire dalla principale, la stretta al Reddito di cittadinanza: una promessa mantenuta. “Dal 2024 sarà abolito”, ha chiarito Meloni, spiegando che comunque il sussidio andrà riformato. Nel frattempo, gli occupabili l’anno prossimo potranno riceverlo per otto mesi, se non rifiutano un’offerta congrua, con l’obbligo della “presenza in Italia”. Da Giuseppe Conte a Enrico Letta, le opposizioni annunciano proteste. “Figurarsi – la reazione della premier – se mi faccio spaventare dalle manifestazioni di piazza, ne ho fatte milioni”. Vanno invece nel segno della continuità con il governo Draghi le misure contro il caro energia (9 miliardi), seppure la premier rivendichi l’allargamento della platea di famiglie a redditi bassi destinatarie del bonus sociale. La partita che “fa la differenza” su questo fronte, è convinta, si giocherà in Europa sul tetto al prezzo del gas.

“Poi possiamo anche fare lo scostamento di bilancio, quello che sarà necessario si farà, ma – avverte – non mi rende felice prendere 30 miliardi sapendo che vanno in gran parte alla speculazione”. Il secondo capitolo più costoso (4 miliardi) è il taglio del cuneo, tutto a beneficio dei lavoratori: confermato di 2 punti fino ai 35mila euro, aumentato a 3 per i redditi fino a 20mila euro. L’obiettivo di legislazione è arrivare a cinque punti, nonché riformare le pensioni. Intanto salgono a 600 euro quelle minime (uno dei successi rivendicati da FI, oltre alla decontribuzione per i giovani neoassunti). E Giorgetti sintetizza così la quota 103 (con un tetto per l’assegno di circa 2.600 euro al mese fino ai 67 anni), con cui si neutralizza la legge Fornero, obiettivo dichiarato della Lega: “Abbiamo tagliato la spesa previdenziale e investito su quella previdente, i giovani”. Le misure per la famiglia valgono quasi 1,5 miliardi di euro.

“Se non ci rimettiamo a fare figli in questa nazione niente reggerà”, la tesi della premier, che annuncia anche un mese in più di congedo parentale retribuito all’80% dello stipendio, l’assegno unico maggiorato, e confermato per i disabili. Non meno significativa, per Meloni e i suoi, è la stretta sulle ditte ‘apri e chiudi’ (“Una vecchia proposta della Lega”, osserva il leghista Massimo Bitonci), ossia società fantasma, spesso straniere, esistenti solo sulla carta e utilizzate per commettere illeciti. Il mantra è difendere il Made in Italy (la premier su questo ha annunciato un provvedimento collegato alla manovra) dalla concorrenza sleale, e “non mettere i bastoni a chi si rimbocca le maniche, specialmente in un momento di crisi”. In questo senso vengono presentate anche le tre ‘tasse piatte’ e la tregua fiscale: “Nessun condono, solo operazioni di buonsenso e vantaggiose per lo Stato”.

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Economia

Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

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Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

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Cronache

Superbonus, partiti i primi recuperi sulle compensazioni della truffa miliardaria dei bonus

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Le truffe collegate al Superbonus non sono ancora emerse tutte ma l’attività di contenimento dei danni all’erario è partita. L’Agenzia delle Entrate ha iniziato ad inviare le prime contestazioni per recuperare le somme da chi ha cercato di pagare le imposte con crediti fasulli portati in compensazione. Intanto il Mef cala la scure sui bonus edilizi del passato: agevolazioni senza controlli preventivi non sono più compatibili con il nuovo quadro di norme europee sui conti pubblici. “Sono in corso verifiche fiscali sui crediti oggetto di compensazione, che stanno portando all’emissione di atti di recupero nei confronti dei responsabili”, ha detto il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, al termine dell’audizione sull’ultimo decreto Superbonus in commissione Finanze al Senato.

Sui bonus edilizi, ha spiegato, “abbiamo intercettato insieme alla Guardia di finanza truffe per circa 15 miliardi di euro: di questi, grazie ai nostri controlli preventivi, 6,3 miliardi di euro sono stati individuati e scartati prima che si realizzassero le frodi; 8,6 miliardi sono invece stati oggetto di decreti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria”. La lotta alle truffe proseguirà, ma la dimensione del fenomeno Superbonus ha spinto il Tesoro a metterci un punto. “Misure agevolative automatiche, senza una preventiva autorizzazione, non sono più compatibili col nuovo quadro di finanza pubblica a seguito delle nuove regole di governance europea”, ha detto il direttore del dipartimento Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, nella stessa aula del Senato da dove Ruffini ha fornito i dati aggiornati sulle frodi, non tutte con ricadute per i contribuenti perché alcune sono state intercettate prima della compensazione. Spalletta ha spiegato che, da ora in poi, gli obiettivi di efficientamento energetico e di miglioramento del rischio sismico “devono tenere conto degli obiettivi di sostenibilità finanziaria nel medio-lungo periodo e della riduzione del debito pubblico sia nelle fasi congiunturali sia in ottica strutturale”.

Il Mef riflette su “una complessiva razionalizzazione delle norme in materia di agevolazioni edilizie”, in vista delle scadenze di fine anno. Non si potrà prescindere – ha spiegato Spalletta – da due lezioni frutto della recente esperienza. La prima, è che gli incentivi fiscali “devono essere congegnati evitando aliquote eccessivamente generose e prevedendo limitazioni più stringenti sui massimali di spesa, per ridurre comportamenti opportunistici ed effetti dirompenti”. La seconda lezione è che i crediti d’imposta dovranno essere “soggetti a procedure preventive di autorizzazione”, per consentire il monitoraggio della spesa e quindi l’impatto sulla finanza pubblica.

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Economia

Sangalli: a rischio target Def, tagliare Irpef e cuneo

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La crescita tiene, ma oltre non va: “Le indicazioni congiunturali non aiutano a tracciare un percorso di ripresa”. Al punto che la conferma per il 2025 del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef a tre aliquote, ad oggi finanziati solo fino al 2024, è indispensabile anche solo per centrare l’1,2% dello scenario ‘tendenziale’ indicato nel Documento di economia e finanza (Def). A parlare è Confcommercio, organizzatrice del tradizionale Forum che ospita a Villa Miani, in una primavera 2024 segnata da un eccezionale sovrapporsi di rischi geopolitici fra guerra fra Ucraina, Medio Oriente e ripercussioni immediate su benzina e commerci che passano per il Mar Rosso. “Senza alcun pessimismo, devo dire che questo è davvero un problema perché mette a rischio l’obiettivo di crescita per il 2024, che non può scostarsi troppo dall’1%”, dice il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli riferendosi a una crescita 2024 “ancora tutta da costruire”, pur con stime del Def (1%) che non si discostano troppo dallo 0,9% atteso dall’associazione.

Anche la previsione di crescita dell’1,2% per il 2025 nello scenario tendenziale, indicata nel Def, “appare ottimistica”. “Una bella mano” – spiega Sangalli – “potrà arrivare dalla Bce” che Confcommercio invita a dare “un segnale di coraggio”, tagliando i tassi di mezzo punto a giugno, e non di un quarto di punto come atteso. La crescita nel primo trimestre tiene, per il turismo febbraio è stato il miglior mese di sempre e numeri positivi arrivano dall’export (oltre sei miliardi di surplus commerciale a febbraio) e l’inflazione, pur risalita a marzo, è appena all’1,2%. Confcommercio, però, invita a guardare alla produzione industriale ancora debolissima, specie beni di consumo. Ai consumi, appunto, che fanno il 60% del Pil, in netto calo ancora a fine 2023 e che “continuano ad essere deboli”.

E dunque “il Governo usi “tutte le leve possibili, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”, dice Sangalli. Acceleri investimenti e riforme del Pnrr, e rende strutturale l’intervento sulle aliquote Irpef. “Aspettiamo conferma della riduzione de cuneo contributivo anche per il 2025” e sarebbe “una boccata d’ossigeno” se il governo estendesse la riduzione del carico fiscale al ceto medio. C’è un problema strutturale da affrontare, nello studio introdotto dal responsabile dell’ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella. La forza lavoro in Italia perde ogni anno 100.000 unità di occupati potenziali. Unica soluzione, portare il tasso di partecipazione femminile al lavoro in Italia, pari a al 49,3%, alla media dell’Unione europea (60,2%): “Si avrebbero 2,2 milioni di occupate in più”, dice l’economista. E ancora, la bassa crescita della produttività – +4,2% fra il 1995 e il 2002 contro il +27,8% della Francia e il +19,4% della Germania – per poter far crescere gli stipendi degli italiani, rimasti fermi (+4,2%) contro il +32,4% della Francia e il 24,6% della Germania.

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