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Cronache

La fabbrica dei dossier a Torino: il caso che scuote la magistratura

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Una vera e propria fabbrica dei dossier per colpire magistrati e investigatori della Procura di Torino è finita sotto la lente d’ingrandimento della magistratura milanese. Un’inchiesta delicata, avviata nel gennaio 2023, che ha portato alla luce un tentativo sistematico di screditare pubblici ufficiali attraverso esposti anonimi, calunnie e fughe di notizie coperte da segreto d’ufficio.

L’inizio delle indagini: la lettera di Anna Maria Loreto

Tutto parte da una comunicazione ufficiale dell’allora Procuratrice di Torino, Anna Maria Loreto, ai colleghi di Milano. Nella missiva, classificata come “trasmissione atti per competenza”, vengono segnalati otto dossier anonimicontenenti accuse contro magistrati e investigatori impegnati in delicate indagini su sanità, appalti pubblici, politica e amministrazione locale.

A finire nel mirino del cosiddetto “corvo” che si aggira sulla Procura di Torino è il magistrato Gianfranco Colace, insieme al colonnello dei carabinieri Luigi Isacchini, entrambi impegnati in inchieste di forte impatto.

A partire da questa segnalazione, la sezione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano ha avviato un’indagine approfondita, che ha portato all’identificazione di un primo sospettato: Giovanni Carella, investigatore torinese di 35 anni.

Le accuse a Carella: il codice IMEI lo incastra

Le indagini hanno rivelato che Carella avrebbe trasmesso alcuni dossier falsi a un ampio numero di destinatari istituzionali: procuratori, ministeri, alti ufficiali dei carabinieri, della Guardia di Finanza e della DIA. Tuttavia, gli investigatori hanno accertato che non avrebbe agito da solo.

A incastrarlo sarebbe stato il codice IMEI del suo telefono, che ha permesso di collegare l’invio di una delle email anonime alla cella telefonica corrispondente alla sua residenza. Una prova schiacciante che ha portato ieri alla richiesta di rinvio a giudizio per calunnia.

Le false accuse ai magistrati: un attacco mirato

I dossier anonimi attribuivano al pm Colace una serie di presunti illeciti, tutti smentiti dagli accertamenti della magistratura milanese. Tra le accuse più gravi:

  • Favori illeciti ai propri parenti attraverso consulenze pilotate
  • Manipolazione delle indagini per avvantaggiare amici e imprenditori locali
  • Acquisto e ristrutturazione della casa con finanziamenti irregolari
  • Uso gratuito di Sky-Box all’Allianz Stadium
  • Copertura di un maresciallo coinvolto in un misterioso furto di hard disk

Le indagini hanno dimostrato che tutte queste accuse erano infondate e frutto di un’operazione mirata a screditare Colace e gli investigatori che collaboravano con lui.

Dossier con informazioni segrete: chi ha fatto filtrare i documenti?

Un elemento particolarmente inquietante emerso dall’inchiesta riguarda il contenuto degli esposti anonimi, che oltre alle accuse false contenevano informazioni riservate, accessibili solo a pochi funzionari interni al palazzo di giustizia.

Tra i documenti sottratti illegalmente figurano:

  • Fascicoli segreti su un’indagine ormai archiviata riguardante un ex comandante del NAS di Torino
  • Bozze di annotazioni interne alla polizia giudiziaria

Questo aspetto lascia supporre l’esistenza di una rete di complici all’interno delle istituzioni, che avrebbero fornito a Carella materiali coperti da segreto d’ufficio.

Un clima di tensione: magistrati e carabinieri sotto attacco

L’intera vicenda ha creato un clima pesante all’interno della Procura di Torino. In un episodio emblematico, un anonimo avviso fu recapitato alla giudice per le indagini preliminari Lucia Minutella, che doveva occuparsi dell’udienza preliminare di un’inchiesta su Bigliettopoli. Il messaggio conteneva una chiara insinuazione:

“Attenzione, Colace è un problema”

Un episodio che dimostra come l’intera macchina del fango fosse ben orchestrata e volta a influenzare le dinamiche interne della magistratura torinese.

Chi ha aiutato Carella? La pista degli “incaricati di pubblico servizio”

Sebbene le indagini abbiano già portato alla richiesta di rinvio a giudizio per Carella, gli inquirenti sono ancora al lavoro per identificare tutti coloro che hanno partecipato alla diffusione di informazioni riservate.

Nel fascicolo di Milano si legge chiaramente che a fornire supporto al sistema dei dossier anonimi sarebbero stati “incaricati di pubblico servizio”, figure interne alle istituzioni che potrebbero aver giocato un ruolo chiave nella diffusione delle calunnie.

Conclusioni: un tentativo di destabilizzazione della giustizia

L’inchiesta milanese sta facendo luce su un sistema di attacchi orchestrati contro magistrati e investigatori impegnati in inchieste sensibili.

Se confermato, il tentativo di delegittimare la Procura di Torino con un sistema di calunnie e fughe di notizie riservaterappresenterebbe un grave attacco all’indipendenza della magistratura e alle istituzioni giudiziarie italiane.

Il rinvio a giudizio di Carella è solo il primo passo: l’inchiesta continua per individuare tutti i responsabili di questa oscura operazione. Per tutti gli indagati vale il principio costituzionale della innocenza di qualunque indagato fino al terzo grado di giudizio.

 

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Morto 64enne aggredito da cinghiale in Calabria

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Un uomo di 64 anni, Franco Iacovo, è morto nell’ospedale di Cetraro dopo essere stato aggredito da un cinghiale nella tarda serata di ieri nei pressi della sua abitazione, in una zona rurale dello stesso centro dell’alto Tirreno cosentino. Iacovo, secondo quanto é emerso dai primi accertamenti, sarebbe deceduto per le conseguenze di un malore che lo ha colpito nel momento dell’aggressione da parte dell’animale. Le modalità di quanto è accaduto sono adesso al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Paola, che hanno avviato un’indagine.

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Bradisismo e terremoti nei Campi Flegrei: paura e disinformazione, il pericolo della narrazione del terrore

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Il bradisismo e le scosse di terremoto che da mesi scuotono l’area dei Campi Flegrei, il Vomero, Posillipo e gran parte della provincia di Napoli, stanno creando un clima di angoscia e insicurezza tra i cittadini. Le crepe nelle case, la puzza di zolfo che risale dalle viscere della terra e che si avverte nelle abitazioni al mattino, il timore di un disastro imminente sono ormai parte della quotidianità di centinaia di migliaia di persone. Il fenomeno, antico quanto la terra su cui poggia Napoli, sta assumendo una rilevanza sempre più critica per l’impatto sulla vita di chi abita in queste zone.

Di fronte a questa situazione, è necessario un approccio rigoroso e scientifico. Parliamo di terremoti, rischio crolli, pericolo per la vita delle persone. Non è accettabile che il dibattito pubblico venga inquinato da allarmismi infondati, disinformazione e dichiarazioni prive di fondamento scientifico. Le istituzioni, la comunità scientifica e il mondo del giornalismo devono adottare un linguaggio chiaro, serio e basato su dati verificabili, affinché la popolazione sia informata con precisione e consapevolezza.

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) monitora costantemente il fenomeno del bradisismo e le sue evoluzioni. È essenziale che gli scienziati siano il riferimento principale per comprendere la portata del rischio e le eventuali misure di sicurezza da adottare. Qualunque comunicazione sul tema deve essere fondata su analisi scientifiche, evitando speculazioni e sensazionalismi che alimentano il panico tra i cittadini.

Le istituzioni devono inoltre fornire piani chiari di prevenzione, aggiornando la popolazione su procedure di emergenza, su eventuali evacuazioni e su misure di sicurezza strutturale degli edifici. Una corretta informazione può fare la differenza tra un’emergenza gestita con razionalità e un disastro amplificato dal caos e dalla disorganizzazione.

Uno dei problemi più gravi legati a questo fenomeno è la diffusione di notizie false e allarmistiche sul web. Tra social network, gruppi WhatsApp e siti di dubbia affidabilità, circolano quotidianamente teorie prive di fondamento su eruzioni imminenti, devastanti terremoti e scenari apocalittici. Questo tipo di narrazione sta generando un’ondata di terrore ingiustificata che, paradossalmente, potrebbe essere più dannosa delle stesse scosse.

Esiste in Italia il reato di procurato allarme, un dispositivo legale che dovrebbe essere applicato con rigore per contrastare chiunque diffonda consapevolmente notizie false creando panico tra la popolazione. La magistratura e gli organi competenti dovrebbero vigilare affinché chiunque diffonda disinformazione in materia di terremoti e bradisismo sia perseguito.

Il giornalismo ha una responsabilità cruciale in questo contesto. La narrazione dei fatti deve essere improntata alla verità, alla pertinenza e alla continenza, evitando titoli allarmistici e contenuti sensazionalistici. Le testate giornalistiche devono dare spazio agli esperti, spiegare i fenomeni naturali con competenza e chiarezza, evitando di cavalcare la paura per attirare click e audience.

Il bradisismo è un fenomeno naturale, complesso e ciclico. Va affrontato con razionalità, senza ignorare i rischi ma neanche amplificandoli inutilmente. La convivenza con questo fenomeno passa attraverso una corretta informazione, un serio monitoraggio scientifico e piani di prevenzione adeguati.

Terrorizzare la popolazione non è la soluzione. Informare in modo corretto, invece, lo è.

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Napoli, esplosione di violenza giovanile: rissa al Vomero e agguato a Poggioreale

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Il fenomeno della violenza giovanile torna a sconvolgere Napoli, riaffiorando con la sua forza incontrollabile e rendendo ancora più drammatico un fine settimana già segnato dall’omicidio di Emanuele Durante nella zona del Museo. Piazza Vanvitelli, cuore del Vomero e centro nevralgico della movida napoletana, è stata teatro di una maxi-rissa tra bande di ragazzi, sfociata in un’esplosione di violenza con caschi e coltelli.

RISSA AL VOMERO: CASCHI E COLTELLI TRA I RAGAZZI

Basta poco per accendere la miccia della follia. Due comitive che si incrociano, una parola di troppo, uno sguardo interpretato male, una ragazza contesa: sono sempre gli stessi gli elementi scatenanti di questi episodi.

Secondo la testimonianza di Nelide Milano, Ilaria Puglia e Barbara Tafuri della “Rete per la Sicurezza Minori e Adolescenti”, la rissa sarebbe scoppiata poco dopo la mezzanotte. “Sabato sera a Piazza Vanvitelli si è verificata una violenta rissa fra ragazzi a colpi di caschi e coltelli”, raccontano le referenti dell’associazione, che da tempo monitora questi episodi in tutta Italia.

La scena è avvenuta nell’isola pedonale, affollata da centinaia di giovani. Solo una pattuglia delle forze dell’ordine era presente, decisamente insufficiente per gestire la situazione.

“Abbiamo registrato un omicidio di un ventenne e una maxi-rissa a distanza di poche ore. Eppure, dopo le riunioni in Prefettura e le promesse di maggiori controlli, pare che l’attenzione sull’emergenza violenza minorile sia nuovamente calata”, denunciano le attiviste.

A terra restano due giovani feriti: un 19enne colpito da una coltellata alla gamba e un altro con un sospetto trauma cranico, provocato da un casco da motociclista. Entrambi sono stati ricoverati al Cardarelli, ma non sono in pericolo di vita.

La polizia ha acquisito le immagini delle telecamere di videosorveglianza e sta cercando di identificare i responsabili.

LE DENUNCE: “SERVONO PIÙ CONTROLLI NEL WEEKEND”

Rino Nasti, consigliere della Municipalità Vomero-Arenella, ha sottolineato ancora una volta la necessità di maggiori controlli nelle aree della movida.

“Serve un presidio fisso delle forze dell’ordine in Piazza Vanvitelli nei weekend. Dopo mezzanotte, la calca di giovanissimi è impressionante e il rischio di episodi violenti aumenta”, ha dichiarato Nasti.

Attualmente, i turni della Polizia Locale terminano a mezzanotte, lasciando un vuoto di sicurezza proprio nelle ore più critiche.

AGGUATO A POGGIOREALE: 17ENNE FERITO A COLPI DI PISTOLA

Ma la notte di violenza non si è fermata al Vomero. A Poggioreale si è consumato un tentato omicidio ai danni di un 17enne, ferito da un colpo di pistola alla gamba mentre si trovava in scooter con un coetaneo.

Secondo le indagini, il responsabile sarebbe un altro 17enne di Casoria, fermato dai carabinieri del Nucleo Operativo di Poggioreale.

L’episodio si è verificato mercoledì scorso, quando il ragazzo è stato affiancato da un SUV nero nei pressi del carcere di Poggioreale. Alla guida, un giovane che ha puntato la pistola e sparato un colpo, colpendolo alla gamba destra prima di fuggire.

Le telecamere di sorveglianza hanno permesso di identificare il veicolo, scoprendo che era stato noleggiato in leasing. Le indagini hanno quindi portato a Casoria, dove il giovane responsabile, figlio del titolare del contratto di noleggio, si è presentato spontaneamente al commissariato di Scampia, assumendosi la responsabilità del gesto.

L’indagine ha rivelato che il motivo dell’agguato sarebbe uno screzio tra il giovane e le vittime avvenuto poco prima della sparatoria.

NON UN EPISODIO DI CAMORRA, MA UN’ESCALATION DI VIOLENZA GIOVANILE

Nonostante i legami familiari con clan camorristici, l’aggressione non avrebbe connotazioni criminali. La vittima sarebbe riconducibile al clan Mazzarella, mentre l’aggressore sarebbe figlio di un presunto affiliato all’Alleanza di Secondigliano. Tuttavia, secondo gli inquirenti, il movente sarebbe puramente personale.

CONCLUSIONI: LA CITTÀ CHIEDE MAGGIORE SICUREZZA

Questi episodi dimostrano come la violenza giovanile stia diventando sempre più pericolosa e incontrollabile. La movida si trasforma in un campo di battaglia, mentre le strade di Napoli continuano a essere teatro di regolamenti di conti tra ragazzi armati.

La richiesta dei cittadini e delle associazioni è chiara: serve un maggiore impegno da parte delle istituzioni per garantire la sicurezza, con presidi fissi delle forze dell’ordine e una strategia efficace per arginare questa spirale di violenza

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