Che vinca o meno l’Oscar, il film Emilia Pérez segna un prima e un dopo nella storia del cinema. La pellicola di Jacques Audiard, che ha ottenuto 13 nomination, è il film non in lingua inglese più candidato di sempre. Tra le sue protagoniste spicca Karla Sofía Gascón, attrice spagnola che, in caso di vittoria, diventerebbe la prima persona trans a ottenere una statuetta dall’Academy Award.
Tuttavia, quello che sembrava un trionfo annunciato si è trasformato in un caso mediatico e politico, che intreccia talento, etica e il peso sempre più forte della cancel culture.
L’accusa di complotto e i tweet controversi
Tutto ha inizio il 23 gennaio 2025, quando Emilia Pérez riceve 13 candidature agli Oscar. Gascón festeggia sui social con un mantra buddista: «Nam Myoho Renge Kyo». Ma cinque giorni dopo, il sogno si incrina.
Il primo scossone arriva con una intervista al quotidiano brasiliano A Folha de Sao Paulo, in cui Gascón accusa il team dell’attrice Fernanda Torres – candidata all’Oscar con I’m Still Here – di screditare la sua immagine e quella del film. Il giorno dopo, la stessa Gascón si scusa pubblicamente.
Ma il colpo di grazia arriva il 30 gennaio, quando la giornalista Sarah Hagi ripubblica alcuni vecchi tweet della Gascón. Si tratta di post risalenti a 4-5 anni prima, contenenti commenti discriminatori e offensivi. Tra le frasi incriminate:
- «L’Islam è un focolaio di infezione per l’umanità»
- «Mia figlia dovrà imparare l’arabo invece dell’inglese»
- «Il vaccino cinese viene fornito con il chip obbligatorio»
- «George Floyd era un truffatore tossicodipendente»
- «Gli Oscar? Un galà brutto»
Subito l’attrice si difende, parlando di parole mal interpretate o frutto di errori di gioventù. Ma la bufera è ormai inarrestabile.
Netflix e Audiard prendono le distanze
Gascón denuncia di essere vittima di una campagna d’odio e disinformazione:
«Più cercano di affondarmi, più mi fortificano».
Ma le sue parole non convincono Hollywood. Netflix, che distribuisce il film negli Stati Uniti, cancella le sue promozioni pubblicitarie, escludendola dagli eventi ufficiali. Niente più voli o soggiorni a Los Angeles pagati per promuovere il film.
Anche il regista Jacques Audiard si dissocia duramente:
«I suoi messaggi sono odiosi e ingiustificabili».
Audiard rivela di non voler più parlare con la sua protagonista:
«Ha un approccio autodistruttivo che non posso comprendere».
L’isolamento e le reazioni del cast
La co-protagonista Zoe Saldaña, candidata come miglior attrice non protagonista, esprime la sua delusione:
«Non tollero la retorica negativa nei confronti delle minoranze».
Nel frattempo, emerge anche un vecchio tweet contro Selena Gomez, in cui Gascón l’avrebbe definita «una ricca ratta che fa la povera disgraziata». La replica dell’attrice spagnola non tarda ad arrivare:
«Non è mio quel tweet, non parlerei mai di lei in quel modo».
L’ombra della cancel culture su Hollywood
A meno di un mese dalla notte degli Oscar, il caso Gascón rappresenta un nuovo capitolo nel dibattito sulla cancel culture e sul peso dei social network nel mondo dello spettacolo.
L’Academy premierà comunque la sua performance? O il suo passato social influenzerà irrimediabilmente la decisione?