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La Dia “spiega” la mafia in Italia: meno violenza, fa affari col covid, lucra sul RDC, infiltra economia e istituzioni e…

La criminalità organizzata cambia sempre più faccia: Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta lavorano costantemente per ampliare le proprie capacità di relazione e sempre più in sinergia con i colletti bianchi, “sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale, con linee d’azione di silente infiltrazione”. L’analisi di come si stanno evolvendo le organizzazioni criminali è contenuta nella Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020 e appena consegnata al Parlamento. 

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In sostanza, spiegano gli esperti della Dia, tutte le organizzazioni mafiose hanno accelerato il “processo di trasformazione e ‘sommersione’ gia’ in atto da tempo, senza pero’ rinunciare del tutto all’indispensabile radicamento sul territorio e a quella pressione intimidatoria che garantisce loro la riconoscibilita’ in termine di ‘potere’ criminale”. A testimonianza di questa evoluzione ci sono anche i dati: rispetto al secondo semestre del 2019 si registra da un lato il calo degli ‘omicidi di tipo mafioso’ e delle ‘associazioni mafiose’ (passati rispettivamente da 125 a 121 e da 80 a 41) e dall’altro un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell’imprenditoria, le infiltrazioni nei settori produttivi e l’accaparramento di fondi pubblici. Gli episodi di corruzione e concussione sono passati da 20 a 27, l’induzione indebita a dare o promettere utilita’ da 9 a 16, il traffico di influenze illecite da 28 a 32, la turbata liberta’ degli incanti da 28 a 32. In questo quadro, oltre ai ‘tradizionali’ settori di interesse – usura, estorsioni, traffico di droga – le attenzioni delle organizzazioni si sono orientate sui settori del gioco d’azzardo e delle scommesse, anche grazie alle possibilita’ offerte dalla tecnologia: imprenditori riconducibili ai clan, dicono gli analisti, costituiscono societa’ nei paradisi fiscali e creano cosi’ un circuito parallelo a quello legale che consente di ottenere non solo ampi guadagni ma anche di riciclare in maniera del tutto anonima enormi quantita’ di denaro. Altro settore d’interesse, fino a qualche anno fa riservato agli ‘specialisti’ delle societa’ cartiere e delle frodi carosello, e’ quello del contrabbando dei prodotti energertici poiche’ consente di immettere nel mercato prodotti ad un prezzo molto piu’ basso di quello praticato dalle compagnie petrolifere. Si creano cosi’ vere e proprie “sinergie tra mafie e colletti bianchi” con questi ultimi cui spetta il compito di curare le importazioni dei prodotti dell’est Europa e gestirne la distribuzione attraverso societa’ create ad hoc attraverso le quali vengono riciclati i capitali messi a disposizione dalle organizzazioni. Sempre piu’ spesso inoltre, spiegano ancora gli investigatori della Dia, le mafie ricorrono a pagamenti in criptovalute: i bitcoin e, piu’ recentemente, il ‘Monero’, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”.

Covid, cresce tentativo mafie infiltrarsi in economia

Con il prolungamento dell’emergenza dovuta al Covid, “la tendenza ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale sano” da parte delle organizzazioni criminali “si sarebbe ulteriormente evidenziata”. E’ quanto afferma la Relazione della Dia al Parlamento relativa al II semestre del 2020 sottolineando che si tratta da parte delle mafie di una “strategia criminale che, in un periodo di grave crisi, offrirebbe alle organizzazioni l’occasione sia di poter rilevare a buon mercato imprese in difficolta’, sia di accaparrarsi le risorse pubbliche stanziate per fronteggiare l’emergenza sanitaria”. Nell’anno della pandemia, dicono ancora gli esperti della Dia, le organizzazioni criminali sembrerebbero aver utilizzato differenti modalita’ di infiltrazione: “se al nord, mediante il riciclaggio, risulterebbe intaccata l’imprenditoria privata con consistenti investimenti di capitali illeciti” si legge nel documento, al sud l’attenzione delle mafie si sarebbe rivolta “verso tutti i vantaggi offerti dai finanziamenti pubblici stanziati per offrire impulso alla crescita”. Non solo. Grazie alla loro capacita’ imprenditoriale, dovuta agli enormi capitali illeciti accumulati e alla collaborazione di imprenditori e colletti bianchi collusi, sottolinea la Relazione le organizzazioni “potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi” stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza “che giungeranno a breve grazie alle iniziative del Governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie piu’ colpite dalle restrizioni rese necessarie dall’emergenza sanitaria”. Proprio per evitare che le mafie mettano le mani su quei fondi, l’auspicio della Diae’ che i governi dei singoli paesi e le istituzioni europee, mettano lo stesso impegno profuso per fronteggiare la pandemia e diano le stesse “risposte corali”. “E’ auspicabile – si legge nella Relazione – che l’azione condivisa dei Paesi per il superamento dell’emergenza sanitaria possa esprimersi con analoga intensita’ di fuoco nel contrasto globalizzato alle organizzazioni criminali piu’ strutturate e con diramazioni internazionali che sfruttano le disomogeneita’ legislative delle diverse Nazioni. Per una lotta efficace contro tali insidie oltre ad una auspicata e sempre piu’ pregnante legislazione condivisa si impone un impulso sempre maggiore nella circolazione delle informazioni e nella cooperazione sinergica tra gli organi investigativi e giudiziari dei singoli Paesi”.

Le mafie cambiano faccia, meno violenza e più infiltrazioni

La criminalita’ organizzata cambia sempre piu’ faccia: Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndrangheta lavorano costantemente per ampliare le proprie capacita’ di relazione e sempre piu’ in sinergia con i colletti bianchi, “sostituendo l’uso della violenza, sempre piu’ residuale, con linee d’azione di silente infiltrazione”. L’analisi di come si stanno evolvendo le organizzazioni criminali e’ contenuta nella Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020 e appena consegnata al Parlamento.

Manca una Cupola, clan si spartiscono affari

I clan di Cosa Nostra, non riuscendo a ricostruire la Cupola cui spettava il compito di definire le questioni piu’ delicate, hanno adottato “un coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e dalla ripartizione delle sfere di influenza tra esponenti di rilievo dei vari mandamenti, anche di province diverse”. E’ l’analisi contenuta nella Relazione della Dia appena consegnata al Parlamento e relativa al secondo semestre del 2020, nel capitolo dedicato alla mafia siciliana. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento Cosa Nostra resta egemone e si registrano ripetuti tentativi di una “significativa rivitalizzazione” dei contatti con le famiglie all’estero: le indagini rivelano come i clan hanno “riaperto le porte ai cosiddetti ‘scappati’ – dicono gli analisti – o meglio, alle nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all’estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni ottanta”. Nell’area centro-orientale della Sicilia sono invece attive organizzazioni “piu’ fluide e flessibili” che si affiancano ai clan storici. Tra queste, sottolinea la Relazione, “un rilievo particolare e’ da attribuire alla ‘Stidda’, un’organizzazione inizialmente nata in contrapposizione a Cosa Nostra ma che oggi tende a ricercare l’accordo con quest’ultima per la spartizione degli affari illeciti”. Le indagini hanno anche evidenziato come alcune di queste organizzazioni hanno fatto “un salto di qualita’” passando da gruppi dediti principalmente ai reati predatori a sodalizi “in grado di infiltrare il tessuto economico-imprenditoriale del nord Italia”. Sempre gli stessi i settori d’interesse sui quali si concentrano le attenzioni dei clan: estorsioni, usura, narcotraffico, gestione dello spaccio di droga, infiltrazione nel gioco d’azzardo illecito e del controllo di quello illegale. E continua, anche, l’infiltrazione in quelle aree economiche che beneficiano di contributi pubblici, in particolare nei settori della produzione di energia da fonti rinnovabili, dell’agricoltura e dell’allevamento. Infiltrazioni possibili grazie alla “complicita’ di politici e funzionari infedeli”.

 

Nel 2/o semestre 2020 sequestrati beni per 287 milioni

Nel secondo semestre del 2020 sono stati sequestrati alle organizzazioni criminali beni per un valore di 287 milioni e 441mila euro, tre volte di piu’ di quanti ne sono stati sequestrati nei primi sei mesi dell’anno, quando i sequestri si fermarono a 88 milioni. Il dato emerge dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia al Parlamento in base alla quale anche le confische sono piu’ che triplicate: dai 42 milioni del primo semestre ai 181 del secondo.

La ‘ndrangheta sfrutta anche il reddito di cittadinanza

“La spregiudicata avidita’ della ‘ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica che grava anche sul contesto sociale calabrese e benche’ l’organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate”. Lo rileva la Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento. Il riferimento e’ una serie di inchieste che hanno visto diversi personaggi affiliati o contigui ai clan calabresi quali indebiti percettori del reddito di cittadinanza: coinvolti, in particolare, uomini delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco. Nell’ambito dell’operazione Tantalo, ad esmepio, i Carabinieri hanno deferito all’autorita’ giudiziaria di Locri 135 percettori irregolari di buoni spesa Covid, alcuni dei quali legati per vincoli di parentela e/o affinita’ a sodalizi del luogo e, circa la meta’, residenti a San Luca.

 

Al Nord censiti 46 clan ‘locali’

San Giusto Canavese (Torino) e Lonate Palazzolo (Varese), Lona Lases (Trento) e Desio (Monza e Brianza), Lavagna (Genova) e Pioltello (Milano). Tutti posti ben lontani dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi ‘locali’ (le strutture di coordinamento delle ‘ndrine). La Direzione investigativa antimafia nella sua Relazione semestrale al Parlamento conta ben 46 ‘locali’ nelle regioni settentrionali: 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. La ‘ndrangheta, rileva la Relazione, risulta “perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti extraregionali” ed i numeri “dimostrano la capacita’ espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabre.

Direzione investigativa antimafia

Gruppi stranieri rappresentano minaccia reale

“L’esistenza di una multiforme varieta’ di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all’estero soprattutto per il narcotraffico, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani, documenta come la criminalita’ transnazionale rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appaiono necessari un approccio globale e una piu’ ampia visione del fenomeno. In tal senso l’avviato percorso di cooperazione internazionale cui la Dia partecipa anche attraverso una progettualita’ autonoma ha permesso di conseguire significativi risultati info-investigativi”. E’ un passaggio dalla relazione della Direzione investigativa antimafia per il secondo semestre del 2020 in tema di ” criminalita’ etnica” che rappresenta una “componente consolidata nel panorama criminale nazionale”. Nel dossier si analizzano le varie consorterie straniere che operano in Italia. “I criminali albanesi presenti su gran parte del territorio nazionale si esprimono attraverso diversi livelli di operativita’. Alcuni agiscono in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio. Di norma gli albanesi si occupano dell’approvvigionamento delle droghe che vengono poi cedute ai sodalizi autoctoni per la gestione dello spaccio”. I gruppi cinesi “appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile. Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni criminali italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, la commissione di reati finanziari e il traffico di rifiuti”. I clan nigeriani sono attivi in Italia dagli anni ’80 e ad avere particolare rilievo sono i “cosiddetti secret cults le cui caratteristiche sono: l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi tale che la Corte di Cassazione si e’ piu’ volte espressa riconoscendone la tipica connotazione di “mafiosita’”, e’ detto nella relazione. Infine la criminalita’ romena si manifesta sia in forma non organizzata, sia attraverso gruppi strutturati. “Costituiscono inoltre settori operativi consolidati delle consorterie la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici e i reati predatori. Tale criminalita’ risulterebbe inoltre attiva nel settore dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera in alcuni casi d’intesa con criminali italiani”.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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