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La curva del contagio covid si piega ma occorre cautela, oggi no vax al Circo Massimo

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“Stiamo piegando la curva” della pandemia, ma “non ne siamo ancora fuori e dobbiamo tenere i piedi ben piantati per terra”. L’avviso ai naviganti e’ del ministro della Salute Roberto Speranza, proprio mentre si alza piu’ forte la voce di chi, dall’opposizione come la leader di FdI, Giorgia Meloni, ma anche da settori della maggioranza, chiede un allentamento delle restrizioni anti Covid, a cominciare dal green pass, visti i dati incoraggianti di contagi e, negli ultimi giorni, vittime. In 24 ore si sono registrati 191 decessi; per trovare un numero di morti giornaliero sotto i 200 bisogna risalire allo scorso 9 gennaio, quando erano stati 157. La galassia no vax, intanto, si e’ data appuntamento per una manifestazione oggi al Circo Massimo, alla vigilia dell’entrata in vigore del divieto per gli ultracinquantenni di accedere al posto di lavoro senza certificazione verde rafforzata. Il bollettino quotidiano del ministero indica un allentamento della pressione sugli ospedali con la continua flessione di terapie intensive (-33) e ricoveri ordinari (-250). Si rivede la luce, dunque? Speranza invita alla cautela. Oggi, osserva, “stiamo piegando la curva”, grazie anche ai vaccini “che sono un ‘game-changer'”, ma “il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ci dice che la pandemia e’ ancora in corso, ci sono state quattro varianti in un anno e mezzo”. Dunque, e’ ancora presto per lasciare nel cassetto le mascherine. “Va tenuta con se’ – sottolinea – e se ci sono assembramenti va indossata. E’ stato uno strumento fondamentale in questi mesi e lo e’ ancora: va sempre indossata al chiuso e all’aperto appena c’e’ un elemento di rischio”. Il ministro difende poi anche un’altra misura del Governo particolarmente nel mirino dei contestatori, l’obbligo di vaccino per gli over 50. E’, sostiene, “una scelta giusta che ci mette nelle condizioni di guardare con piu’ fiducia nei prossimi mesi. E’ un provvedimento mirato per le persone che piu’ rischiano di essere ospedalizzate se infettate”. La multa per gli inadempienti e’ di 100 euro. Ma da martedi’ scattera’ anche il divieto di recarsi al lavoro senza super green pass: e chi non si adegua mantiene il posto, ma non lo stipendio. E se viene trovato non in regola sul posto di lavoro la sanzione e’ tra i 600 ed i 1.500 euro (in caso di violazione reiterata c’e’ il raddoppio). I non vaccinati nella fascia d’eta’ lavorativa, tra i 50 ed i 69 anni, sono un milione. Cifra cui va sottratto chi e’ esentato per problemi di salute e chi non lavora. Resta comunque un numero consistente di persone che si avviano verso settimane problematiche. Da qui la fibrillazione dei ‘no pass’ che, dopo una serie di cortei ed aperitivi di protesta ieri in diverse citta’ (a Padova c’e’ stato anche un arresto), si ritroveranno domani mattina al Circo Massimo. L’iniziativa, autorizzata dalla questura della Capitale, e’ stata promossa dal Movimento politico Fronte di liberazione nazionale dell’ex generale dei carabinieri, Antonio Pappalardo. Preavvisata la presenza di 200 persone, ma il tam tam sui social fa prevedere che saranno di piu’. Un appello a ritrovarsi a Roma “con ogni mezzo” e’ arrivato anche da Marco Liccione, leader di un altro movimento di protesta, ‘La Variante torinese’. Predisposti servizi di controllo sugli accessi alla citta’, vie consolari, caselli autostradali, nodi di scambio. Rafforzato il presidio sui palazzi istituzionali. Sul piano politico, Giorgia Meloni e’ tornata ad attaccare il green pass, che “sta dando il colpo di grazia alla nostra economia. Perche’ – chiede – continuare a massacrare le nostre imprese con questa assurda e inutile misura?”. L’obbligo del pass a lavoro scadra’ il 15 giugno. C’e’ poi chi guarda alla fine dello stato di emergenza in programma il 31 marzo come la data clou per eliminare le restrizioni. Possibile un allentamento graduale. Speranza, come sempre, e’ prudente. Non si e’ ancora discusso della sorte del Cts dopo il 31 marzo ma “il Governo – sostiene il ministro – continuera’ ad avere rapporto stretto con la comunita’ scientifica”.

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Cronache

Maxi incidente fra autotreni sulla A1, traffico bloccato, code fino a 18 km

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Uno scontro fra autotreni ha diviso l’Italia a metà per ore, con file di auto fino a venti chilometri. L’incidente sulla A1 Milano-Napoli, nel tratto compreso tra San Vittore e Caianello verso Napoli, all’altezza del km 691: quattro i mezzi pesanti coinvolti. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco, i soccorsi sanitari e meccanici, le pattuglie della Polizia Stradale ed il personale della Direzione 6° Tronco di Cassino di Autostrade per l’Italia. Agli utenti in viaggio verso Napoli, è stato consigliato di uscire a Cassino e rientrare a Caianello dopo aver percorso la viabilità ordinaria: adesso l’incidente è stato risolto ma per chi sta tornando verso Napoli ci sono ancora più di 10 km di coda.

 

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Economia

Allarme Upb sul Superbonus, Parlamento studia deroghe

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La “generosità” dell’agevolazione, le ripetute proroghe, un sistema di controlli che ha favorito la “diffusione di comportamenti opportunistici e fraudolenti”, la concessione di deroghe. Nasce anche da qui il ‘vulnus’ con cui il Superbonus si è trasformato in una zavorra per i conti pubblici, lasciando “una pesante eredità sul futuro”. L’Ufficio parlamentare di Bilancio lancia l’allarme e invita a far tesoro di questa esperienza per ridisegnare le future agevolazioni. Il Parlamento intanto prepara nuove modifiche all’ultima stretta impressa dal governo, comprese nuove deroghe per altre aree colpite dal terremoto o il coinvolgimento dei Comuni nei controlli. E sul Superbonus si accende un faro anche oltreoceano, con il Fondo Monetario Internazionale che sprona l’Italia a ridurre il debito. La crescita, stimata allo 0,7% nel 2024 e 2025, è destinata a ridursi al lumicino nel 2026 (rivista al ribasso allo 0,2%) con il Superbonus e il Pnrr in via di esaurimento, avverte il Fondo.

Ma intervenire si può, ed è dal debito che bisogna partire: per ridurlo, bisogna partire dagli sgravi fiscali, “molti dei quali inefficienti” come il superbonus, suggerisce il Fmi, ed eliminare quelle “scappatoie” dal fisco e “numerosi programmi di sostegno anti-inflazione”. Il Superbonus, insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 “hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni”, evidenzia l’Autorità dei conti pubblici in una memoria alla commissione Finanze del Senato che sta esaminando l’ultimo decreto sull’agevolazione. Superbonus e bonus facciate, in particolare, hanno avuto un impatto “rilevante e crescente” nel tempo: l’asticella del periodo 2020-23, secondo gli ultimi dati, è salita a circa 170 miliardi. Con un gap tra i risultati e le attese “macroscopica” nel caso del Superbonus, e che “non ha precedenti”, osserva l’Upb, che indica vari elementi che hanno contribuito a far lievitare la spesa: la generosità dello sconto e le modalità di fruizione, l’ampliamento degli obiettivi, proroghe e deroghe.

A farne le spese è il debito. Quanto rilevato in termini di competenza economica nel quadriennio 2020-23 inciderà soprattutto sul 2024-26, evidenzia l’Upb, che quantifica questa “pesante eredità”: un impatto in media annua pari allo 0,5% del Pil nel triennio 2021-23, che salirà a circa l’1,8% in quello successivo. Un’esperienza, quella del Superbonus, da cui “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, osserva l’Upb, che indica la rotta: selettività e stop agli automatismi. In prospettiva, dunque, la soluzione suggerita è “un trasferimento monetario” (un contributo diretto alla spesa), modulato in base alle condizioni economiche delle famiglie e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa, o con prestiti agevolati. E in vista delle prossime misure di sostegno per le case green, a mettere in guardia è anche la Banca d’Italia: le “criticità” emerse con il Superbonus sembrano “sconsigliare la riproposizione in futuro della cedibilità dei crediti”, se non in “forma limitata” e “circoscritta ad alcune categorie”.

Dopo l’ultima stretta sul Superbonus intanto, si studiano nuove deroghe. A proporle, per altre aree colpite dal sisma diverse da quelle per cui già si è fatta eccezione (a partire dall’Emilia Romagna) o dalle alluvioni e per il Terzo settore, sono sia la maggioranza che l’opposizione con diversi emendamenti al decreto Superbonus. Il termine per presentare le proposte di modifica è mercoledì 24 aprile, ma sul tavolo del relatore, Giorgio Salvitti, gli emendamenti cominciano ad arrivare. Si studia anche la possibilità di coinvolgere, su base volontaria, i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus, garantendo loro un ritorno economico pari al 30% dell’eventuale recupero. Nulla sarebbe invece ancora arrivato sulla possibilità di allungare da 4 a 10 anni i tempi di utilizzo dei crediti del Superbonus. Ipotesi su cui però si è già detto favorevole il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E che, secondo i calcoli dell’Upb, consentirebbe al debito di restare abbondantemente sotto quota 140%.

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Esteri

La Nato verso nuovi Patriot e Samp-T all’Ucraina

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Da Capri a Bruxelles a Washington, l’Occidente imbocca la strada per concretizzare gli aiuti militari – compresa la difesa aerea – essenziali per Kiev in difficoltà nella guerra. Durante il Consiglio Nato-Ucraina con Volodymyr Zelensky, il segretario generale Jens Stoltenberg ha assicurato che “presto” ci saranno nuovi annunci sui sistemi di difesa per il Paese invaso. “L’Alleanza ha mappato le capacità degli alleati, ci sono sistemi che possono essere dati all’Ucraina”, ha riferito Stoltenberg al termine dell’incontro. “In aggiunta ai Patriot ci sono altri strumenti che possono essere forniti, come i Samp-T”, quelli a produzione franco-italiana. Un annuncio che arriva mentre prendono corpo i “segnali incoraggianti” evocati dal segretario di Stato Usa Antony Blinken: dopo mesi di stallo, la Camera americana ha spianato la strada ai quattro provvedimenti per gli aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan, mettendo in agenda il voto per domani.

E il Pentagono si sta preparando ad approvare rapidamente un nuovo pacchetto di aiuti militari che include artiglieria e difese aeree: secondo una fonte americana, parte del materiale potrebbe raggiungere il Paese nel giro di pochi giorni. In generale, per Kiev in ballo ci sono gli oltre 60 miliardi di dollari di forniture per le forze armate che – ha ricordato Blinken – “faranno una differenza enorme”. “Se i nuovi aiuti non verranno approvati c’è il rischio che sia troppo tardi”, ha ammonito il ministro degli Esteri Usa, mentre Zelensky ha ribadito l’allarme: i soldati “non possono più attendere” la burocrazia occidentale, la Nato deve dimostrare “se siamo davvero alleati”. La situazione sul terreno “è al limite”, ha aggiunto il leader ucraino al segretario della Nato Da parte dell’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha “confermato quello che ha detto il presidente del Consiglio” sul fatto che il nostro Paese “farà il possibile per la protezione aerea dell’Ucraina”, mentre Kiev vuole dagli alleati ogni sistema disponibile, dai moderni Patriot – “almeno altre sette sistemi” – ai Samp-T italo-francesi. Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha partecipato al Consiglio Nato-Ucraina, nel quale si è convenuto sulla necessità di uno sforzo ulteriore per sostenere Kiev. L’Italia ragiona sugli ulteriori aiuti militari da fornire quanto prima all’Ucraina e sul tavolo – si apprende – c’è la possibilità di un nuovo decreto per l’invio degli armamenti.

Anche se Crosetto ha più volte sottolineato che quasi tutto ciò che si poteva dare è stato dato. Già a Capri, dove ha partecipato al G7 Esteri, Stoltenberg aveva confermato la volontà degli alleati di accelerare sulla difesa aerea ucraina. E nel loro documento finale, i Sette ministri hanno espresso la “determinazione a rafforzare le capacità di difesa aerea” del Paese invaso, confermando l’impegno a lavorare per esaudire le richieste di Kiev, ribadite anche dal capo della diplomazia ucraina Dmytro Kuleba, tra gli ospiti del summit in Italia. Il sostegno del G7 è pronto a tradursi anche in ulteriori sanzioni contro Teheran “se dovesse procedere con la fornitura di missili balistici o tecnologie correlate alla Russia”.

Il Gruppo ha poi puntato il dito contro la Cina, chiedendo nel suo documento finale di “interrompere” il sostegno alla macchina bellica di Mosca. Infine, i Sette hanno ribadito l’impegno ad attuare e far rispettare le sanzioni contro i russi, minacciando di “adottare nuove misure, se necessario”. In vista del vertice dei leader in programma a giugno in Puglia, il G7 lavora inoltre alle “possibili opzioni praticabili” per usare i beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina, “in linea con i rispettivi sistemi giuridici e il diritto internazionale”. Finora l’Ue ha trovato le basi legali solo per l’uso degli extraprofitti, ma bisogna ancora capire se si può fare un passo in più mettendo le mani direttamente sugli asset.

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