In generale “emerge una forte sensibilità del mondo della cosmetica sul fronte della sostenibilità. Si lavora essenzialmente su tre fonti, il prodotto, le materie prime che lo compongono e il suo packaging”. Lo dice a Cosmoprof Worldwide Bologna, il prof. Michele Merola di Ergo srl (gruppo Tecno) spinoff della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha curato con Cosmetica Italia il primo Osservatorio sulla Sostenibilità del settore cosmetico, con i risultati del report presentati a settembre. “Ci siamo basati su un questionario inviato alle imprese del settore, ha partecipato il 76% del campione di aziende che abbiamo selezionato. Una risposta altissima, che rappresenta oltre il 30% dell’intero fatturato del settore.
Per la seconda edizione ci allarghiamo anche alla filiera, quindi non solo le aziende che producono cosmetiche, ma anche quelle che producono il packaging, le materie prime e i macchinari, per avere una visione ancora più completa. Lanceremo il questionario subito dopo Cosmoprof: raccoglieremo i dati che saranno presentati a settembre all’interno della Milano Beauty Week”. Le aziende, stando ai dati del report, “lavorano su ridurre l’impatto durante il processo di produzione, quindi acqua e energia in particolare, e si lavora anche sulla organizzazione, la sostenibilità dell’impresa, pure in termini sociali”. Sicuramente “il tema più forte di questo periodo è il tema del packaging”.
Le aziende “stanno facendo moltissimo in questo senso, c’è stata anche molta ricerca e sviluppo. Fino a pochi anni fa non c’erano molte alternative. Invece ad oggi ci sono, dal riciclo all’eliminare il packaging secondario o terziario, mantenendo solo quello primario, che è quello ovviamente necessario a proteggere e trasportare il prodotto”. Lo conferma nel dibattito Zoe Tortini Corporate social responsibility manager di Cosmoproject, che produce skincare per conto terzi: “Prima certi cosmetici avevano anche la scatola della scatola… oggi dal mass market all’alta profumeria, la direzione è eliminare più strati possibile, Quest’anno ad esempio noi dismetteremo tutte le nostre celofanatrici secondarie, che utilizzavamo al di sopra della scatola ed è una scelta comune a molte altre aziende”.
Il cambiamento “in generale c’è, speriamo che il settore possa portarlo avanti abbastanza velocemente, ma non è molto semplice”. Anche “per questo – spiega Luca Nobili, Responsabile Comitato sostenibilità di Bottega verde – richiederemo precisi criteri di sostenibilità anche ai nostri fornitori”. Per Merola fra i campi in cui si può migliorare “c’è fare scelte che siano solide da un punto di vista scientifico. Non scegliere un packaging piuttosto che un altro per la moda del momento, ma utilizzando strumenti come l’impronta ambientale o altri di eco-design che ci permettano soluzioni con un minore impatto ambientale. E lo stesso vale sui prodotti. Dirigere le scelte verso quelli che hanno una materia prima che è certificata, sostenibile rispetto alla materia prima tradizionale”.
Fra le criticità, anche in questo settore c’è il greenwashing (pratica che consiste nel presentare un’azienda, un prodotto o un servizio come ecologico, etico o sostenibile, quando in realtà non lo è, ndr): “E’ un tema sicuramente centrale, su questo Cosmetica Italia sta lavorando tantissimo con le aziende proprio per diffondere le regole, perché nel frattempo anche a livello europeo le direttive sono cambiate e sono diventate ancora più stringenti. Ci sono state aziende condannate dalle autorità preposte subendo multe anche per quello che noi chiamiamo anche greenwashing inconsapevole, perché non sempre si agisce in malafede a volte non si sanno le regole. Il primo passo è la conoscenza, il secondo utilizzare criteri scientifici validi, poi vanno evitati i claim assoluti”. Ad esempio “non esiste l’impatto zero, non c’è un prodotto che non abbia impatto ambientale. Questo si può ridurre con una serie di scelte, ma non posso dire che il mio prodotto è a impatto zero”.
Filmato per la prima volta uno dei più elusivi e misteriosi abitanti degli abissi: si tratta del calamaro colossale Mesonychoteuthis hamiltoni, l’invertebrato più pesante al mondo, che può raggiungere i 7 metri di lunghezza e i 500 chili di peso. La sua esistenza era nota da un secolo, ma finora nessun esemplare vivo era mai stato visto nuotare nel suo habitat naturale. La svolta è arrivata lo scorso 9 marzo, quando un cucciolo lungo appena 30 centimetri è stato ripreso a 600 metri di profondità nell’Oceano Atlantico meridionale dal robot subacqueo SuBastian dello Schmidt Ocean Institute.
L’inaspettato incontro è avvenuto mentre i ricercatori a bordo della nave ‘Falkor (too)’ stavano conducendo una spedizione di 35 giorni vicino alle Isole Sandwich Australi per censire nuove forme di vita marina. Il video ottenuto grazie al robot sottomarino rappresenta la prima testimonianza dell’esistenza in vita di questo animale (più grosso del celebre calamaro gigante), che fino a oggi era stato documentato solo attraverso esemplari morti o osservazioni indirette.
“È emozionante vedere il primo filmato in situ di un giovane esemplare di calamaro colossale: per cento anni li abbiamo incontrati principalmente come prede rimaste negli stomaci di balene e uccelli marini e come predatori di merluzzi catturati”, spiega la biologa marina Kat Bolstad dell’Università di Tecnologia di Auckland, una degli esperti indipendenti consultati dal team della spedizione scientifica per verificare il filmato. Una delle caratteristiche distintive del calamaro colossale è la presenza di uncini al centro delle sue otto braccia. I cuccioli hanno corpi trasparenti e uncini affilati all’estremità dei due tentacoli più lunghi, ma crescendo perdono il loro aspetto trasparente. Nel video si può notare l’iridescenza dei bulbi oculari che spiccano nel buio dell’oceano.
È iniziato il viaggio verso la libertà nel Santuario degli elefanti del Brasile, nello stato di Mato Grosso, dell’elefantessa africana Pupy, l’ultimo animale di grande taglia che rimaneva nell’Ecoparco di Buenos Aires, la capitale dell’Argentina. Lo riporta il quotidiano Clarín. Pupy è partita ieri, accompagnata dal personale specializzato dell’Ecoparco e del Santuario che con la loro vasta esperienza nei trasferimenti di elefanti, garantiranno il suo benessere in ogni fase del trasferimento di circa 2.700 km che richiederà tra i quattro e i cinque giorni.
Il trasferimento include fermate programmate e per i tempi dipenderà dalle condizioni climatiche, dal traffico e dai tempi di dogana ma il suo arrivo nel Santuario degli elefanti del Brasile, il primo rifugio di questo tipo creato in America Latina gestito dall’organizzazione internazionale Global Sanctuary for Elephants in collaborazione con l’ong Elephant Voices, è previsto per venerdì 18 aprile.
Il marzo del 2025 è stato il secondo più caldo della storia a livello globale, con una temperatura media sulla superficie terrestre di 14,06 gradi, 0,65 gradi sopra la media del trentennio di riferimento 1991-2020, e 1,60 sopra il livello pre-industriale (1850-1900) di marzo. Il marzo di quest’anno è stato di 0,08 gradi più freddo di quello record del 2024, e solo mariginalmente più caldo (di 0,02 gradi) del terzo più caldo, nel 2016. Il mese appena trascorso è stato il 20esimo degli ultimi 21 mesi nel quale la temperatura globale dell’aria sulla superficie è stata di più di 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale. Il periodo di 12 mesi da aprile 2024 a marzo 2025 è stato di 0,71 gradi sopra la media 1991-2020 e di 1,59 gradi sopra il livello pre-industriale 1850-1900.