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La Cina avverte, pronti a stato d’emergenza a Hong Kong se non finiscono le proteste violente

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 La Cina puo’ dichiarare lo stato di emergenza a Hong Kong nel caso di “tumulti incontrollabili” che minaccino “sovranita’ nazionale e sicurezza” dell’ex colonia, di fronte ai quali “il governo centrale non resterebbe inattivo”. Nel giorno in cui la governatrice Carrie Lam si difende da un imbarazzante audio sull’ammissione di impotenza nella gestione della crisi, Pechino si affida a un altro pesante monito contro le proteste dell’ex colonia britannica. Xu Luying, portavoce dell’Ufficio sugli affari di Hong Kong e Macao, ha citato per la prima volta l’art.18 della Basic Law, la costituzione di Hong Kong, a giustificare una misura straordinaria come lo stato d’emergenza, auspicando al tempo stesso in conferenza stampa “la fine del caos e il ripristino dell’ordine quanto prima”. Una mossa non casuale, visto che i violenti scontri dello scorso weekend tra manifestanti e polizia “hanno cambiato la natura” delle proteste, andate ben oltre l’originaria intenzione di fermare la legge sulle estradizioni in Cina fino ad arrivare – e’ l’accusa – a un raggio piu’ ampio, tra richiesta di suffragio universale e autonomia, che farebbe diventare un guscio vuoto lo schema che regola attualmente i rapporti con Pechino (‘un Paese, due sistemi’). “Una minoranza di criminali ha mostrato al mondo le proprie intenzioni con attivita’ illegali, che non hanno piu’ nulla a che fare con la legge”, ha rincarato l’altro portavoce, Yang Guang. “Sono pedine disponibili per le forze straniere anti-cinesi, con l’obiettivo di rovinare Hong Kong e paralizzare il governo al fine di assumere il potere dominante della regione amministrativa speciale e trasformare Hong Kong in un’entita’ politica indipendente o semi-indipendente”. Malgrado la difesa d’obbligo (“pieno sostegno alla Lam e alla Polizia”) e’ ragionevole ritenere l’irritazione di Pechino per l’infortunio della governatrice che, in un audio registrato durante un incontro della scorsa settimana con uomini d’affari, ha detto che “e’ imperdonabile aver causato l’enorme caos a Hong Kong, se potessi scegliere la prima cosa sarebbero le dimissioni”. La Lam ha inoltre ammesso di avere spazi di manovra “molto limitati”, spingendosi fino a raccontare che Pechino non ha piani sull’invio di truppe e non ha neanche una scadenza per risolvere la questione. “Non ho mai pensato di dimettermi”, ha provato a ribattere oggi la Lam in conferenza stampa, non negando l’audio ottenuto dalla Reuters e rimbalzato velocemente su tutti i media, ma dicendo di essere “fortemente contrariata” per la diffusione di commenti “individuali” a favore del pubblico. “Questo governo e’ convinto di poter risolvere la situazione da solo, usando gli strumenti legislativi locali”. Quello che e’ emerso dall’audio e’ anche l’interpretazione che la Lam ha dato della strategia della Cina, troppo impegnata a tutelare lo status faticosamente raggiunto di super potenza responsabile. Nessuna azione militare a causa dell’impatto di immagine devastante, ma un logoramento economico. I disordini portano Hong Kong a perdere turismo, business e occasione di sviluppo, finendo per diventare sempre piu’ un satellite della vicina Shenzhen, la nuova ‘perla’ della Greater Bay Area, la nuova Silicon Valley voluta dal Partito comunista cinese.

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L’ex miss Svizzera Kristina Joksimovic uccisa e smembrata in un frullatore dal marito

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Emergono nuovi dettagli agghiaccianti sull’omicidio di Kristina Joksimovic, ex Miss Svizzera, uccisa dal marito 41enne, che ha strangolato e smembrato il suo corpo utilizzando un frullatore industriale. La vicenda, avvenuta a Binningen, nel Canton Basilea, ha scosso profondamente l’opinione pubblica, portando alla luce una storia di violenze domestiche non denunciate e di segnali di pericolo ignorati.

Secondo quanto emerso dalla sentenza del Tribunale federale svizzero, pubblicata mercoledì scorso, Kristina aveva già subito numerosi episodi di violenza da parte del marito. La polizia era intervenuta più volte nell’abitazione della coppia, ma non era mai stata presentata una denuncia formale. Gli amici della donna avevano riferito che Kristina era decisa a separarsi dall’uomo, padre delle sue due bambine, ma non ha fatto in tempo a realizzare il suo proposito.

Una spirale di violenza taciuta

Le indagini hanno accertato che il marito aveva già agito violentemente contro Kristina in passato. In particolare, un episodio di aggressione risalente al 14 luglio 2023 aveva richiesto l’intervento della polizia, e gli agenti avevano documentato segni di strangolamento sul corpo della vittima. La donna aveva anche raccontato di essere stata investita dal marito con l’auto, durante un altro episodio di violenza domestica nella loro casa a Berna, rimanendo ferita a un piede.

Nonostante sui social la coppia si mostrasse sorridente e felice, amici e conoscenti hanno rivelato che la loro relazione era in crisi da mesi. Le violenze erano diventate sempre più frequenti dopo la nascita della seconda figlia, ma Kristina, forse per paura o vergogna, non aveva mai sporto denuncia.

Un delitto brutale e pianificato

Il marito di Kristina è stato arrestato nel febbraio scorso. Durante l’interrogatorio, ha inizialmente affermato di aver trovato la moglie morta vicino alle scale della loro casa e di aver smembrato il corpo nella lavanderia in preda al panico. Tuttavia, l’autopsia e le indagini degli inquirenti hanno smentito la sua versione, dimostrando che l’uomo aveva strangolato la moglie e successivamente smembrato il suo corpo in modo metodico, utilizzando un seghetto e delle cesoie.

Dopo aver smembrato il corpo, il marito ha sciolto i resti in una sostanza chimica, utilizzando un frullatore industriale che aveva già acquistato in precedenza e conservato nel seminterrato. Ha poi sostenuto di aver agito per legittima difesa, affermando che la moglie lo aveva minacciato con un coltello durante una lite.

Tuttavia, per gli investigatori, l’uomo ha agito con premeditazione e sangue freddo. Il Tribunale federale svizzero ha sottolineato la sua “notevole predisposizione criminale” e ha descritto i tratti del suo comportamento come “sadico-sociopatici”, evidenziando la mancanza di empatia e la capacità di mantenere una calma inquietante dopo il brutale omicidio.

La vicenda di Kristina Joksimovic è un tragico promemoria delle conseguenze devastanti della violenza domestica e della necessità di prendere sul serio ogni segnale di allarme, per proteggere le vittime prima che sia troppo tardi.

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Laura Loomer, la trumpiana che agita i repubblicani

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Donald Trump agita i repubblicani, e non per la sua performance al dibattito. Ad innervosire i conservatori sono le sue frequentazioni con Laura Loomer, l’attivista influencer di estrema destra che di recente lo accompagna in campagna elettorale. Rinomata per le sue posizione radicali e le per le teorie cospirazioniste diffuse online, Loomer si è attirata le critiche anche della trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene, che l’ha attaccata per i suoi commenti “razzisti” nei confronti di Kamala Harris. “Le sue parole non rappresentano i repubblicani o il movimento Make America Great Again. E non rappresentano neanche Trump”, ha detto Greene in merito alle recenti affermazioni di Loomer su una Casa Bianca che “puzzerà di curry” e assomiglierà a un “call center” se la vicepresidente dovesse vincere le elezioni, in riferimento alle sue origini indiane. “Come sapete non sono spesso d’accordo con lei, ma in questo caso Marjorie Taylor Greene ha ragione” sull’attivista-influencer, ha detto il senatore repubblicano alleato di Trump, Lindsey Graham, invitando l’ex presidente ad allontanarla.

Anche all’interno della campagna di Trump ci sarebbe preoccupazione sulla presenza di Loomer che, un giorno prima del dibattito, ha postato online la teoria degli animali domestici rapiti e mangiati in Ohio dai migranti di Haiti, cavalcata dall’ex presidente nel corso del faccia a faccia con Harris. L’influencer sui social ha pubblicizzato collari per cani con la scritta “not your lunch #MAGA” o “non mi mangiare” in creolo. Nata in Arizona nel 1993, Loomer si definisce una giornalista d’inchiesta ed è salita alle cronache negli anni scorsi per le sue controverse posizioni: ha definito l’islam un “cancro”, ha accusato al moglie di Ron De Santis di aver “esagerato” il suo tumore al seno, ha insinuato che Joe Biden fosse dietro al tentato assassinio di Trump e che gli attacchi dell’11 settembre non sono altro che una “macchinazione”. Nonostante questo Loomer è una presenza sempre più costante nell’entourage dell’ex presidente. Da lungo tempo è ospite dei suoi eventi a Mar-a-Lago e Trump l’ha anche appoggiata negli anni scorsi nei suoi tentativi di ottenere un seggio in Congresso, tutti falliti.

Le critiche che gli sono piovute addosso negli ultimi giorni per la sua presenza a comizi, ma anche nella spin-room al dibattito, non sembrano comunque scuotere Trump, che continua a lodarla pubblicamente. In gennaio l’ex presidente voleva addirittura assumerla nella sua campagna, ma poi ha desistito dopo il forte pressing del suo staff a non farlo. “Non lavoro per nessuno: sostengo Trump in modo indipendente. E lo faccio perché è veramente l’ultima speranza di questo paese”, ha chiarito Loomer.

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Media, lettera Sinwar ringrazia capo Hezbollah per il ‘sostegno’

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Il capo di Hamas, Yahya Sinwar, ricercato numero uno di Israele, ha inviato al leader dell’Hezbollah, Hassan Nasrallah, una lettera di ringraziamento e di apprezzamento per il sostegno dato dall’organizzazione filoiraniana libanese dall’inizio della guerra contro Israele. Lo si legge sui media israeliani, che citano l’emittente libanese filo-Hezbollah al-Mayadeen, la quale ha pubblicato il testo della lettera. Nel testo, Sinwar ringrazia Nasrallah per le sue condoglianze per l’uccisione in un attentato a Teheran a luglio, attribuito a Israele, del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Il capo dell’organizzazione terrorista palestinese afferma inoltre che “la beata processione dei martiri crescerà in forza e in potenza nella lotta contro l’occupazione nazi-sionista” e s’impegna a combattere il “progetto sionista” insieme al resto del cosiddetto ‘asse della resistenza’ anti-Israele, “fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e spazzata via dalla nostra terra e il nostro stato indipendente con piena sovranità non sarà stabilito con Gerusalemme come capitale”.

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