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Politica

La Campania rinvia l’approvazione della legge sul fine vita

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Niente di fatto per la legge sul suicidio medicalmente assistito in Campania perché il testo giunto in aula non aveva il via libera della II Commissione bilancio per la necessaria copertura finanziaria. Il testo è stato illustrato dal relatore, il consigliere Luigi Abbate, precisando che il testo legislativo è finalizzato a disciplinare le procedure amministrative, ovvero e i termini amministrativamente perentori e celeri per le risposte delle Asl alle richieste dei malati che si trovino nelle condizioni previste dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Ma per il presidente del Consiglio regionale della Campania, Gennaro Oliviero, l’assenza del parere della Commissione ha rappresentato un ostacolo insormontabile per poi poter procedere al voto. “Manca la copertura finanziaria alla legge, quindi manca la legge”, ha detto Oliviero.

La scelta ha però suscitato polemiche. “Si tratta di una legge di civiltà ma noi abbiamo perso tanto tempo” ha detto la consigliera regionale Maria Muscarà mentre Severino Nappi (che aveva annunciato il voto a favore del gruppo della Lega) ha evidenziato “l’assenza in aula del presidente della Giunta Vincenzo De Luca, un’assenza indifendibile. Potete fare quello che volete, lo avete fatto centinaia di volte ma mi dispiace che si faccia anche su una vicenda come questa”. Il presidente della Commissione bilancio, Franco Picarone, ha garantito l’impegno della Commissione ad analizzare il testo e che sarà presto rinviato in aula per la discussione. Per Valeria Ciarambino sarebbe stato necessario un lungo dibattito prima dell’approdo del testo in aula, “Io personalmente ho tantissimi dubbi di coscienza” e sarebbe “stato necessario di avere idee più chiare. Non dobbiamo fare nessuna corsa e questi sono tempi che non si approvano a colpi di maggioranza”, ha detto.

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Politica

Marino e Raggi riaccendono il dibattito nel centrosinistra romano: “Servono le primarie”

Ignazio Marino e Virginia Raggi insieme al Laurentino dopo la proiezione di “Golpe Capitale”: l’ex sindaco Pd e l’ex sindaca M5S criticano Gualtieri e chiedono le primarie per Roma. Il Pd chiude: “Il sindaco sta dimostrando il suo valore”.

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Tre parole — “Servono le primarie” — bastano a Ignazio Marino per riaccendere il dibattito nel centrosinistra romano. Dieci anni dopo il “golpe dal notaio” che lo costrinse alle dimissioni da sindaco, l’ex primo cittadino, oggi europarlamentare di Avs, torna a parlare di Roma e delle prossime elezioni comunali.

Durante la proiezione del docufilm Roma Golpe Capitale, un medico gli ha chiesto perché il Pd non preveda primarie per scegliere il prossimo candidato sindaco. “Ho risposto che sono d’accordo”, ha raccontato Marino sui social, ricordando che le primarie “sono anche nello statuto del partito”.

L’incontro con Virginia Raggi e la critica a Gualtieri

Ma a far discutere non è stata solo la dichiarazione, quanto il contesto e la compagnia: Marino era accanto a Virginia Raggi, ex sindaca M5S e oggi consigliera capitolina. I due, un tempo avversari, si erano già trovati in sintonia alle ultime comunali, e il dialogo di ieri ne è stato la conferma.

“Come potrei fare campagna elettorale per il bis di Roberto Gualtieri?”, ha chiesto Marino alla platea. E la Raggi ha rincarato: “Noi due non potremmo mai sostenere una campagna elettorale che contraddice tutto quello che abbiamo provato a fare”.

Dai toni si percepisce una convergenza politica: entrambi criticano il Pd romano e condividono la battaglia contro il termovalorizzatore, uno dei temi più divisivi nella Capitale.

Le reazioni nel Pd e il nodo del sindaco uscente

In sala, tra il pubblico, anche l’europarlamentare M5S Dario Tamburrano e l’esponente di Europa Verde Valerio Zaratti, favorevole alle primarie. Ma dal Pd Roma è arrivata una risposta netta: “Gualtieri sta dimostrando sul campo il suo valore. È il nostro sindaco e una risorsa per tutti”, ha detto il segretario romano Enzo Foschi, aggiungendo che “a Roma non servono giochi politicisti: serve guardare avanti, non tornare indietro di dieci anni”.

Tra i democratici, in molti ricordano che le primarie per un sindaco uscente sono difficilmente praticabili, e per ora nessuna candidatura alternativa è stata ufficialmente avanzata.

Le mosse future e un possibile segnale politico

Quando, durante il cineforum, qualcuno ha invitato Marino e Raggi a ricandidarsi, l’ex sindaco ha prima minimizzato: “Non è questo il punto”. Poi ha sorriso: “Non si sa mai, io quando mi sono ricandidato ho preso il 12% e Virginia il 20%, insieme fa più di 30”. Una battuta ironica, ma che molti hanno interpretato come un avvertimento politico.

Nel Movimento 5 Stelle, tuttavia, l’incontro non era noto a tutti, e in alcuni ambienti avrebbe suscitato qualche perplessità. Intanto, nei municipi romani, si moltiplicano riunioni e contatti in vista delle prossime amministrative. Il progetto del campo largo, che dovrebbe unire Pd, M5S, Avs e centristi, appare ancora fragile ma non irrealizzabile — soprattutto se dovesse cambiare la legge sui Comuni, con il passaggio dal doppio turno all’elezione diretta a turno unico.

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In Evidenza

Scontro politico sull’inchiesta di Report: il caso del Garante Privacy divide governo e opposizioni

L’inchiesta di Report sul Garante per la Privacy accende lo scontro politico: le opposizioni chiedono le dimissioni del collegio, Meloni replica difendendo l’autonomia dell’Authority. Ranucci rilancia: “Abbiamo documentato fatti non smentibili”.

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L’onda d’urto dell’inchiesta di Report sul Garante per la Privacy, che solleva ombre su conflitti di interesse, opacità di gestione e contiguità con la politica, ha aperto un nuovo fronte di scontro tra maggioranza e opposizione.
Pd, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra chiedono l’azzeramento totale del collegio. “Penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio”, ha dichiarato la segretaria dem Elly Schlein, parlando di un “quadro grave e desolante sulle modalità di gestione” che richiede “un segnale forte di discontinuità”.

Meloni difende l’autonomia dell’Autorità

La premier Giorgia Meloni ha respinto le accuse, chiarendo che “non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l’autorità. È una decisione che spetta al collegio”. Poi ha aggiunto: “Questo Garante è stato eletto durante il governo giallorosso, quota Pd e 5S, con un presidente in quota Pd. Dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se Pd e 5S non si fidano di chi hanno nominato, forse potevano scegliere meglio”.

In serata è intervenuto anche Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, che ha ricordato: “All’epoca delle nomine FdI rappresentava appena il 4% dei parlamentari. O Pd e M5S sono stati sprovveduti nel nominare un’Autorità che oggi definiscono vicina a noi, oppure si lasciano dettare la linea da Report e da Ranucci. In ogni caso, la coerenza di Fratelli d’Italia resta la stessa: favorevoli allo scioglimento di qualsiasi ente nominato dalla sinistra”.

Conte accusa, Ranucci replica

Le parole di Meloni sono “figlie dell’ipocrisia”, ha ribattuto in Aula alla Camera il leader M5S Giuseppe Conte, che ha ricordato come la premier, “da leader di FdI, si scambiasse messaggini con Ghiglia” ai tempi del green pass.

È intervenuto anche Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, sottolineando che nel collegio del Garante “ci sono anche un rappresentante della Lega e uno di Fratelli d’Italia, e l’unico organico a FdI è proprio Ghiglia, ex Fronte della Gioventù”. Ranucci ha comunque riconosciuto che “la frase della premier è corretta dal punto di vista istituzionale, spetta a loro dimettersi”.

Il giornalista ha aggiunto: “Abbiamo documentato fatti non smentibili, mostrando come l’Autorità sia diventata nel tempo una sorta di tribunale politico, dove si decide in base alle sensibilità politiche, ai conflitti d’interesse e ai giochi clientelari”.

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Politica

Report torna all’attacco del Garante Privacy: accuse di conflitti d’interesse, spese e multa a Meta nel mirino

contro tra Report e il Garante Privacy. Il programma di Sigfrido Ranucci accusa l’Autorità di conflitti d’interesse, spese e gestione anomala della multa a Meta. Replica dura dei garanti: “Accuse infondate”.

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La nuova puntata di Report è tornata ad accendere la polemica contro il Garante per la protezione dei dati personali, rilanciando accuse di “mancata terzietà”, “conflitti di interesse” e “spese opache”.
Nonostante l’altolà ufficiale dell’Autorità, che aveva chiesto di non mandare in onda l’inchiesta definendola “destituita di fondamento”, Sigfrido Ranucci ha confermato la trasmissione:

“Report documenta fatti inoppugnabili su ciò che è accaduto”, ha ribadito in apertura.


Il caso Meta e le accuse di “doppio standard”

Nel mirino del programma la multa da 44 milioni di euro a Meta, inizialmente ipotizzata dai tecnici del Garante e poi ridotta a 12,5 milioni, fino a scendere a 1 milione di euro e cadere in prescrizione.
Secondo Ranucci, si tratterebbe di un possibile danno erariale:

“Se un provvedimento del genere si riduce fino ad annullarsi, la parola spetta alla Corte dei Conti”, ha dichiarato il giornalista.

L’inchiesta ha puntato anche sui rapporti tra Agostino Ghiglia, componente del Garante, e i vertici di Meta Italia, citando un incontro avvenuto nell’ottobre 2024 prima della decisione dell’Autorità sulla sanzione.
Ghiglia ha reagito con una diffida e una nota durissima:

“Insinuare che io abbia avuto un ruolo nella rideterminazione della sanzione è una forzatura con intenti diffamatori”.


Stanzione e Ghiglia nel mirino, la replica dell’Autorità

Report ha dedicato ampio spazio ai presunti conflitti di interesse interni al Garante, chiamando in causa anche il presidente Pasquale Stanzione per rapporti professionali con la famiglia Sica, legali dell’ex ministro Sangiuliano, e con la Link Campus University, già oggetto di un ricorso deciso con un semplice ammonimento.
Ranucci ha accusato:

“La mano del Garante è ‘dual use’: di piuma con gli amici, di piombo con i nemici degli amici e dei partiti di riferimento”.

Nel servizio anche una radiografia delle spese dell’Autorità, con viaggi in business, rimborsi per “fitness e lavanderia” e stipendi ritenuti troppo elevati.


Il caso Phica.net e le segnalazioni ignorate

Tra i dossier trattati anche quello del sito Phica.net, denunciato da 17 donne per contenuti sessisti.
Secondo Report, il Garante avrebbe ritardato gli interventi, nonostante le segnalazioni e le richieste di oscuramento.

“Non sono mai intervenuti né per bloccare né per segnalare il sito”, ha detto Ranucci, accusando l’Autorità di lentezza e disattenzione.


Colosimo e le foto del passato: “Mai simpatie per Mussolini”

La puntata si è aperta con un’inchiesta sulle nomine nel mondo della cultura e sulla Commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, intervistata da Report.
Il programma ha mostrato una foto del 2015 che ritrae la deputata di Fratelli d’Italia accanto a un busto di Benito Mussolini.
Colosimo ha commentato:

“Non ho mai avuto simpatie per Mussolini, è una foto stupida che non avevo mai visto. Le leggi razziali restano imperdonabili”.

Un altro scatto la ritrae con Luigi Ciavardini, ex NAR condannato per la strage di Bologna.

“L’ho conosciuto in iniziative carcerarie, ma non condivido le sue idee”, ha chiarito Colosimo, ribadendo la condanna di ogni forma di eversione di destra.


L’ombra di un nuovo scontro istituzionale

La puntata di Report ha riacceso una tensione istituzionale che dura da mesi, con il Garante Privacy che parla di “attacchi ingiustificati” e la redazione di Ranucci che rivendica il diritto di cronaca.
La vicenda potrebbe ora avere sviluppi giudiziari, soprattutto sul fronte della multa a Meta, che secondo il conduttore potrebbe essere oggetto di indagine da parte della Corte dei Conti.

Un nuovo capitolo, dunque, in una lunga guerra tra giornalismo investigativo e istituzioni.

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