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La camorra infesta pure Avellino e i rapporti con la politica, ecco tutti i nomi dei 23 arrestati nell’inchiesta dei carabinieri

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I Carabinieri del Comando Provinciale di Avellino, hanno dato esecuzione ad un provvedimento cautelare personale a carico di 23 indagati (18 in carcere e 5 ai domiciliari), tutti responsabili, a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, usura, estorsioni, detenzione di armi ed altro, nei comuni di Avellino, Bagnoli Irpino, Montella e Monteforte. La misura cautelare è stata emessa dal GIP di Napoli in data 17 settembre 2019, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di quel capoluogo.

Nel contempo sono state effettuate circa 20 perquisizioni domiciliari unitamente al Nucleo PEF della Guardia di Finanza di Napoli anche nei confronti del “gruppo Forte”, dedito alla turbata libertà di incanti nei confronti di numerosi esecutati, con l’aggravante di agevolare il clan per cui si procede, nonché nei confronti di esponenti politici locali in relazione a ipotesi delittuose di scambio politico mafioso.

L’operazione di polizia giudiziaria, convenzionalmente denominata PARTENIO 2.0 prende il nome dall’evoluzione del Clan Genovese di Avellino, poi denominato Clan Partenio e successivamente, dagli odierni indagati ribattezzato NUOVO CLAN PARTENIO.

Le indagini sono iniziate nell’estate 2017, per riscontrare le dichiarazioni rese durante un interrogatorio di garanzia al Nucleo Investigativo CC di Avellino da VIETRI Francesco (condannato il 24 settembre alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di TORNATORE Michele).

A seguito di tali dichiarazioni, il Nucleo Investigativo ha avviato una serie di attività tecniche sul conto di diversi pregiudicati tra cui GALDIERI Pasquale e Nicola, DELLO RUSSO Carlo ed altri soggetti già attenzionati nell’ambito di altro procedimento, ed altri ancora quali BOCCIERO Diego, GALLUCCIO Elpidio, già coinvolti in un sequestro di persona ad Avellino proprio per conto del citato Clan.

Le iniziali attività tecniche telefoniche, ambientali e di videosorveglianza davano conferma che gli indagati fossero appartenenti ad un unico contesto criminale. Infatti, grazie alle intercettazioni ambientali e di videosorveglianza attivate nell’uffici dell’autolavaggio di DELLO RUSSO Carlo, in Rione Mazzini di Avellino, si riusciva a comprendere che lo stesso fosse il luogo di incontro tra tali soggetti ove venivano pianificate le attività illecite.

Peraltro, sempre grazie all’attività di videosorveglianza, nel corso di un incontro avvenuto tra due esponenti del gruppo criminale, si riusciva ad immortalare un rito antiquato ma tipico degli affiliati alle organizzazioni criminali di tipo camorristico,ovvero il saluto tra i due affiliati mediante un bacio sulle labbra. Questa scena registrata per la prima volta in data 7 settembre 2017 dalla videocamera di sorveglianza e che si è ripetuta più volte nel corso della indagine, forniva il primo inequivocabile riscontro a quanto aveva già raccontato NIGRO Ernesto durante una conversazione avvenuta all’interno della sua Audi A6 con un suo conoscente. Infatti, NIGRO Ernesto recitava testualmente le seguenti parole: “…Quando arriviamo la in cima che stava tutta … là… si baciavano in bocca! Sai che vuol dire? Entra Carminuccio (ndr VALENTE Carmine alias caramella) con Pasquale il bacio in bocca, quell’altro ragazzo uh… eh… si baciavano in bocca! Quelli là per baciarsi in bocca Ferdinando…. tu lo baceresti una persona in bocca?…per baciarsi in bocca, ma la veramente c’è la fratellanza! E là non si sposta una pietra senza che quelli li sanno!ed oggi il perno principale! Il perno! neanche Carminuccio! prima era Carminuccio (ndr. Carmine Valente) ora Pasquale! (ndr. GALDIERI Pasquale)…”.

Nel corso delle indagini, inoltre si riuscivano a ricostruire alcune vicende di notevole importanza che davano ancora una volta la conferma dell’esistenza del Nuovo Clan Partenio. In particolare, si segnala una grave vicenda estorsiva la cui vittima, SCOGNAMIGLIO Antonio di Monteforte Irpino, era stato portato al cospetto di DELLO RUSSO Carlo perché non aveva onorato un debito che aveva contratto con altre due soggetti compaesani. Infatti, i creditori si erano rivolti a DELLO RUSSO Carlo, consapevoli di chi fosse costui, e gli avevano chiesto di intervenire nella vicenda per riavere il loro denaro.

Le parole pronunciate da DELLO RUSSO Carlo, formalizzate nell’atto di denuncia presentata da SCOGNAMIGLIO Antonio, fornivano, ancora una volta, la testimonianza del legame tra il DELLO RUSSO ed i fratelli GALDIERI. A titolo esemplificativo, si riporta un passo dell’atto di denuncia presentato da SCOGNAMIGLIO Antonio:

……omissis….

Dalla piazza di Monteforte, con la sua suddetta autovettura Fiat Grande Punto di colore grigio, quest’ultimo mi conduceva a Mercogliano presso l’abitazione del suddetto malavitoso di nome Carlo, il quale appena entravo in casa sua mi aggrediva mettendomi le mani alla gola urlandomi in dialetto: “PER STASERA SE NON PORTI I SOLDI A MONTEFORTE, TI TAGLIO LA TESTA E CI PISCIO DENTRO. QUA COMANDIAMO NOI, SE NON L’HAI CAPITO APPARTENIAMO AL CLAN, LI CONOSCI I FRATELLI PASQUALE GALDIERI E NICOLA. SE NON PAGHI TI AMMAZZO. NON MI INTERESSA SE HAI GIA’ PAGATO, VISTO CHE NON HAI FINITO DI PAGARE IL DEBITO A FRANCO E MARTINO, ORA NON DEVI PIU’ AVERE A CHE FARE CON LORO, MA SOLO CON NOI. CI DEVI DARE DI NUOVO TUTTO E CIOE’ DUEMILA EURO PER UNO E DUEMILA EURO PER L’ALTRO, DA VERSARE DUECENTO EURO AL MESE NELLE MANI DI FERDINANDO INIZIANDO DA ORA, DA QUESTO MESE DI OTTOBRE”.

Le attività investigative pertanto hanno dato piena conferma dell’esistenza dell’associazione per delinquere di tipo mafioso con principale interesse nel settore delittuoso dell’usura e delle estorsioni: vengono infatti contestati oltre al reato associativo, nr. 14 episodi di usura per un giro d’affari di circa 1.000.000 di  euro, nr. 7 episodi di estorsione (tra queste due a danno di imprese edili), detenzione di armi.

Lo sviluppo investigativo ha consentito inoltre di accertare che GALDIERI Pasquale, avendo appreso che la famiglia FORTE di Avellino aveva creato un’illecita attività relativa all’acquisizione di immobili posti all’asta, concordava con gli esponenti della famiglia FORTE, per il tramite di GENOVESE Damiano una percentuale del 50% sui ricavi derivanti da questa illecita e lucrosa attività.

Si è dato altresì esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza di due autorimesse adibite a parcheggio autovetture, un lavaggio, due società di costruzioni e diversi conti correnti bancari. Inoltre sono stati notificati avvisi di garanzia e perquisiti per il reato 416 ter (scambio elettorale politico-mafioso) esponenti provinciale del partito LEGA e Damiano Genovese, figlio del Boss Amedeo.

Sono state effettuate anche perquisizioni con la presenza dei Sostituti Procuratori D.D.A. di Napoli Dott.ssa Simona Rossi, Dr. Luigi Landolfi, Dr. Henry John Woodcock e la collaborazione della GDF, presso studi Legali per la ricerca di documentazione utile a dimostrare il reato di turbativa d’asta nel settore immobiliare a carico del “gruppo Forte”.

Contestualmente la polizia di stato ha proceduto ad una serie di perquisizioni ex art. 41 Tulps nei confronti di soggetti ritenuti contigui al sodalizio criminoso oggetto di investigazioni.

Elenco nomi degli arrestati:

  1. GALDIERI PASQUALE, NATO AD AVELLINO IL 28.05.1974;
  2. GALDIERI NICOLA, NATO AD AVELLINO IL 04.12.1975;
  3. VALENTE CARMINE, NATO A MERCOGLIANO (AV) IL 13.04.1970;
  4. BOCCIERO DIEGO, NATO AD AVELLINO IL 18.07.1988;
  5. GALLUCCIO ELPIDIO, NATO AD AVELLINO IL 29.07.1977;
  6. DELLO RUSSO CARLO, NATO AD AVELLINO IL 28.02.1977;
  7. CHIAUZZI FILIPPO, NATO AD AVELLINO IL 29.07.1977;
  8. NIGRO ERNESTO, NATO AD AVELLINO IL 10.01.1978;
  9. DE SIMONE LUIGI, NATO AD ATRIPALDA (AV) IL 09.06.1984;
  10. GENITO ANGELO, NATO A SANTA PAOLINA (AV) IL 08.06.1968;
  11. MATARAZZO ANTONIO, NATO AD AVELLINO IL 22.07.1989;
  12. MOSCARIELLO GIUSEPPE, NATO AD AVELLINO IL 16.01.1990;
  13. NITTOLO LUDOVICO, NATO AD AVELLINO IL 08.04.1967;
  14. ROSANIA MARIO, NATO A CASSANO IRPINO (AV) IL 19.08.1973;
  15. TACCONE ANTONIO, NATO AD AVELLINO IL 15.02,1993;
  16. BIANCO FERDINANDO, NATO AD AVELLINO IL 16.12.1974;
  17. BIANCO PASQUALE NANDO, NATO IL GERMANIA L’11.07.1972;
  18. VOLPE GIOVANNI, NATO AD AVELLINO IL 12.01.1987;
  19. NIGRO GIUSEPPINA, NATA AD AVELLINO IL 12.05.1982;
  20. DURANTE GIUSEPPE, NATO A NAPOLI IL 10.06.1979;
  21. AMBROSONE FRANCO, NATO AD AVELLINO IL 30.03.1963;
  22. DE FAZIO MARTINO, NATO A MONTEFORTE IRPINO (AV) IL 05.10.1956;
  23. BROGNA GIULIANA, NATA AD ATRIPALDA (AV) IL 06.06.1978.

 

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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