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Esteri

La Camera torna ai repubblicani e Biden si dice “pronto a lavorare con loro”

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I repubblicani riconquistano la Camera dopo quattro anni, consegnando a Joe Biden un Congresso spaccato e una possibile ondata di indagini nei suoi confronti, della sua famiglia e della sua amministrazione. Pur consapevole dei rischi all’orizzonte e dei problemi che un Congresso diviso potrebbe creare alla sua agenda, il presidente si congratula con i conservatori per la conquista della maggioranza alla Camera. Constatando come le elezioni di midterm hanno “mostrato la forza e la resilienza della democrazia americana” con gli elettori che hanno “respinto i negazionisti, la violenza politica e l’intimidazione”, Biden si dice “pronto a lavorare con i repubblicani”. Il suo messaggio è per Kevin McCarthy, il leader dei conservatori alla Camera in predicato a prendere il posto di Speaker di Nancy Pelosi. Proprio su Pelosi sono puntati i riflettori: la potente democratica non ha ancora sciolto le riserve sul suo futuro ma potrebbe farlo a breve, forse nei prossimi giorni. Nonostante il rincorrersi di voci, un suo trasferimento in Italia per diventare ambasciatrice sembra – a sentire il suo portavoce – escluso. Pelosi, 82enne di origini abruzzesi e molisane, ha detto che sulla sua decisione peserà l’incidente di cui è stato vittima il marito Paul, assalito in casa a martellate. I democratici attendono impazienti e dietro le quinte hanno già iniziato a lavorare per gettare le basi a una sua eventuale successione, cercando di soddisfare il crescente coro che chiede un cambiamento generazionale. I repubblicani per ora si godono la vittoria, unica consolazione di una tornata elettorale deludente. “Gli americani sono pronti a imboccare una nuova direzione e i repubblicani della Camera sono pronti ad agire”, afferma McCarthy. Californiano di 57 anni, il repubblicano potrebbe prendere il posto di Pelosi: ha vinto infatti la nomination del suo partito a Speaker della Camera ma non ha ancora i numeri per essere eletto. McCarthy ha comunque ancora diverse settimane, fino agli inizi di gennaio, per convincere i conservatori scettici, concentrati nell’ala più a destra del partito. Sono loro che chiedono a McCarthy di dire chiaramente se intende avviare procedimenti contro Hunter Biden, il figlio del presidente, e contro l’amministrazione per l’Afghanistan e il Covid.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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