L’anno 2020 che sognavamo fino a qualche decennio fa era fatto di macchine volanti e colonie spaziali da dove andare e venire a nostro piacimento, tutti puliti e saggi, sereni e realizzati, raggruppati in un’unica civiltà avveniristico classicheggiante e vestiti con preziosi e comodi capi dalle tinte rigorosamente scintillanti.
Ma il nostro tempo appare oggi come non mai decisamente diverso, ancora grezzo e medioevale, perché nel primo ventennio del terzo millennio testi come il Malleus Maleficarum risultano addirittura attuali nella rinnovata caccia alle streghe, avviata seicento anni addietro e forse mai davvero terminata. Tanti secoli per tornare sempre lì, chiudendo l’illusorio “loop” dell’evoluzione che deve sempre ripartire da capo.
Cambiano certamente gli scenari, ma non la pochezza d’animo di alcuni individui.Prima c’erano castelli, cittadine e tanti possedimenti da proteggere o conquistare, oggiinvece i nuovi regni dei social, tutti virtuali ma senza troppa virtù, dove esternare la propria imbecillità ed ignoranza può significare essere parte o addirittura vertice di eserciti di odiatori, in costante attesa del guru del momento che indichi qualcosa o qualcuno da infangare.
Ed eccoli qui, vigliacchi del futuro trapassato, con una esistenza talmente insignificante da trascorrerla nell’ossessione di riversare la loro rabbia e frustrazione su chi lavora con passione e sacrificio, su chi costruisce, su chi ama.
Il male è atavico, odio che genera odio, gratuito, fine a se stesso. Un odio che si declina nella vigliaccheria e quindi straripa nella confusione mediatica, che si nasconde in profili falsi e nelle false notizie per materializzarsi in fiumi di putride parole scagliate sul malcapitato di turno, reo di essere una persona per bene che si mostra per ciò che è, meglio se mite e poco avvezzo alla reazione, vuoi per propria sensibilità o semplicemente per scelta di vita.
Come il bullo e lo stalker, questi miserabili si cimentano dunque nelle loro infime gesta nelfondato convincimento che molto probabilmente la faranno franca.
Ecco che dunque la piazza di Facebook diventa un luogo ideale dove agire pressoché indisturbati, perché le offese si potrebbero confondere nella tantissima melma sparsa un po’ ovunque o perché l’“odiatore” di turno ha un profilo addirittura falso, che difficilmente sarà scovato tra le oscure maglie della rete, capace di diventare abisso dove si rifugiano questi animali pieni di odio e di buio. E se proprio alla fine si viene rintracciati, beh allora si può sempre tentare il jolly del Diritto della Privacy. Nel nostro Paese assistiamo spesso ai finti appelli alla Giustizia da parte di chi la calpesta sistematicamente.
Come perdere dunque l’occasione di attaccare Giuliana De Sio, rea di essersi comportata in modo normale in un mondo capovolto.
A parte pochi interventi pubblici di chi ha comunque legittimamente posto l’accento su questioni degne di doveroso rispetto, che deve sempre accompagnare la sacrosanta dialettica del confronto, la bella e talentuosa Giuliana è stata destinataria di insulti e calunnie degne di una vera e propria caccia alle streghe attualizzata ai tempi del “COVID 19”. Quale migliore occasione per addossare a proprio a Lei, ansie e paure di questi tristi giorni.
Una caccia alla strega dunque (anzi, in questo caso ad una fata) additata di essere nientedimeno una moderna untrice, perché il 24 Febbraio trascorso, in una cittadina della provincia di Caserta, avrebbe avuto l’ardire di adempiere al suo dovere professionale e contrattuale, e quindi andare in scena in una serata programmata da mesi in un meraviglioso teatro, salvo poi scoprire, ma solosettimane dopo, di essere positiva al virus “Covid19”.
Quindi, anche senza sintomi specifici, e con il Governo nazionale che proprio in quei giorni rassicurava tutta Italia che il “coronavirus” era poco più di un raffreddore o di una banale influenza, al 24 Febbraio dell’Anno del Signore 2020, Giuliana De Sio avrebbe dovuto comunque prevedere il triste futuro,abbandonare il Teatro e chiudersi in casa, ignara di cosa le stesse accadendo in un momento in cui in tutto il Pianeta Terra, tranne che in Cina, nessuno sapeva cosa fosse davvero il COVID 19, anzi sì: “qualcosa in più di un’influenza”!
Contemporaneamente però, in quel medesimo 24 Febbraio, ossia l’ultima domenica di Carnevale, la stragrande maggioranza degli italiani, e tra cui sicuramente gli attuali calunniatori della De Sio, hanno continuato ad affollare sale da ballo, sono andati a concerti, pranzi, cene e spettacoli completamente indisturbati e senza porsi alcun problema della salute collettiva, quantomeno fino al 10 Marzo 2020, quando poi finalmente il nostro solerte Governo si è deciso di imporre le prime reali ristrettezze e così renderci finalmente consapevoli della gravità della situazione.
Quindi oggi, come quasi seicento anni fa, ossia in pieno clima medioevale, la gente cerca facili capri espiatori perché è incapace o ha semplicemente paura di affrontare i reali problemi che affliggono l’essere umano, che alla fine si annidano sempre nei comportamenti errati di ognuno di noi. E così vediamo cimentarsi in rete questi ipocriti bigotti, schiavi del gretto, del brutto, del marcio.
Non vedrete mai questi miseri personaggi venire allo scoperto e additare un politico che per anni li ha umiliati e violentati come elettori. Niente. Li vedrete anzi inginocchiati a baciare mani ai potenti di turno e di malaffare e sono gli stessi magari che in questi giorni sono su Facebook a lamentarsi di chi vedono in girosenza motivo, esattamente come loro, violando ripetutamente le regole per la sicurezza comune e mettendo davvero a rischio l’intera comunità.
Sono quelli che sono stati in bar e ristoranti fino alla fine, sono andati a feste e festicciolefino a quando non avuto paura di trovare i “lanciafiamme” di De Luca, ed ora non vedono l’ora di intercettare la prossima persona “per bene” da attaccare per il gusto di violarne la serenità, quella che per loro libero arbitrio non hanno e non avranno mai.
Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. The President of the Campania Region Vincenzo De Luca
Ecco quindi che la De Sio è stata la persona perfetta da additare, perché non ha fatto nulla di male, anzi, non ha temuto di dire la verità né si è nascosta, ha combattuto la sua malattia e così ha saputo tenere testa, con composta eleganza e dignità, a chi l’ha additata senza esporre valida ragione, cogliendoli forse impreparati a tanta forza.
Giuliana De Sio è stata come tutti vittima del COVID 19, che l’ha aggredita mentre portava avanti il suo impegno professionale ed artistico, esattamente come tutti gli altri lavoratori,mandati letteralmente incontro alla morte senza sapere neanche quale fosse il reale grado di pericolo che avrebbero corso.
Eppure per qualcuno Giuliana De Sio doveva anticipare Conte e De Luca, chiudere i teatri e tutti i luoghi pubblici dove doveva andare in scena e magari imporre finanche zone rosse ed allestire nuovi padiglioni di ospedali.
Ma le cose stanno cambiando, e quante più bugie stiamo sentendo in questi giorni tanta più è cresciuta in noi la necessità di informarci meglio e di andare fino fondo alle cose.
Perché combattendo il male invisibile del “coronavirus” abbiamo scoperto di quanti nostri mali sociali si è nutrito fino a diventare il gigante che ci sta schiacciando giorno per giorno.
Anche se dopo aver pagato un prezzo troppo amaro alla fine vinceremo la battaglia, miglioreremo, e faremo anticorpi non solo per questo virus, ma anche per la paura e per l’ignoranza, dunque per l’odio.
E quando l’emergenza terminerà sarà nostro sacrosanto dovere chiedere più interventi contro chi produce fake news,calunnie, disinformazione e tutti quegli elementi che generano caos per coprire la verità, oggi come seicento anni fa.
Queste sono le ultime immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano in possesso della Procura della Repubblica di Lecco diffuse dai Carabinieri che ritraggono Edoardo Galli mentre cammina sul binario dove è giunto il treno proveniente da Morbegno e mentre transita in uscita dai tornelli di sicurezza lo scorso 21 marzo.
Dopo questi istanti – spiega la nota della Procura- non ci sono, al momento, ulteriori riprese che lo ritraggono dialogare o in compagnia di altre persone ovvero nei pressi di esercizi commerciali.
Le donne ‘camici bianchi’ della Sanità italiana ancora oggi sono spesso davanti ad un bivio, quello di dover scegliere tra famiglia e carriera. Accade soprattutto al Sud e la ragione sta essenzialmente nella mancanza di servizi a sostegno delle donne lavoratrici. A partire dalla disponibilità di asili aziendali: se ne contano solo 12 nel Meridione contro i 208 del Nord. E’ la realtà che emerge da un’indagine elaborata dal Gruppo Donne del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao-Assomed, coordinato dalla dottoressa Marlene Giugliano. “Al Sud le donne che lavorano nel Servizio sanitario nazionale devono scegliere tra famiglia e carriera e per le famiglie dei camici bianchi non c’è quasi nessun aiuto. Una situazione inaccettabile alla quale occorre porre rimedio”, denuncia il segretario regionale dell’Anaao-Assomed Campania Bruno Zuccarelli.
Nelle strutture sanitarie italiane, afferma, “abbiamo 220 asili aziendali, di cui 208 sono al Nord (23 solo in Lombardia). In Campania gli asili nido su 16 aziende ospedaliere sono solo 2: Cardarelli e Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Il Moscati di Avellino aveva un asilo nido che è stato chiuso con la pandemia e ad oggi il baby parking dell’Azienda Ospedaliera dei Colli è chiuso. Una condizione vergognosa e desolante”. Ma i dati raccolti dal sindacato dicono anche altro: se si guarda al personale del servizio sanitario nazionale, il 68% è costituito da donne, quasi 7 operatori su 10, con un forte sbilanciamento verso il Nord dove le donne sono il 76%, mentre al Sud solo il 50%. Un divario tra Nord e Sud, quello della sanità, che “si lega alle condizioni di difficoltà che le donne devono affrontare – aggiunge Giugliano – del resto in Campania il costo medio della retta mensile di un asilo è di 300 euro, con cifre che in alcuni casi arrivano anche a 600 euro.
E nella nostra regione c’è un posto in asili nido solo ogni 10 bambini”. Per questo le donne campane dell’Anaao chiedono di essere ascoltate dalle Istituzioni regionali, così come dalle Aziende ospedaliere e Sanitarie. Tre i punti chiave sui quali intervenire, sottolineano: “creazione di asili nido aziendali che rappresentano una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e consentono una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro; sostituzione dei dirigenti in astensione obbligatoria per maternità o paternità e applicazione delle norme già esistenti, come flessibilità oraria; nomina, costituzione e funzionamento dei Comitati unici di garanzia”. Sono organismi che “prevedono compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia di pari opportunità e di benessere organizzativo per contribuire all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, agevolando l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni e favorendo l’affezione al lavoro, garantendo un ambiente lavorativo nel quale sia contrastata qualsiasi forma di discriminazione”, spiega Giugliano. In regioni come la Campania, “questi organismi hanno solo un ruolo formale, cosa – conclude l’esponente sindacale – che non siamo più disposte ad accettare”.
È costituzionalmente illegittima la previsione dell’automatica rimozione dall’ordinamento giudiziario dei magistrati finiti in vicende penali culminate con la condanna, a loro carico, a una pena detentiva non sospesa. Lo ha deciso la Consulta – esaminando il caso di un giudice coinvolto in aspetti ‘secondari’ del cosiddetto ‘sistema Saguto’ – che ha accolto una questione sollevata dalle Sezioni Unite della Cassazione alle quali si è rivolto l’ex giudice Fabio Licata.
L’ex magistrato è stato condannato in via definitiva alla pena non sospesa pari a due anni e quattro mesi per falso materiale per aver apposto la firma falsa della presidente del collegio, Silvana Saguto, con il consenso di quest’ultima, ed è stato rimosso dalla magistratura. Per effetto della decisione della Consulta, il Csm “potrà ora determinare discrezionalmente la sanzione da applicare” a Licata, compresa ancora l’opzione della rimozione, “laddove ritenga che il delitto per cui è stata pronunciata condanna sia effettivamente indicativo della radicale inidoneità del magistrato incolpato a continuare a svolgere le funzioni medesime”. Saguto, anche lei radiata dalla magistratura, e ora reclusa a Rebibbia, è stata condannata in via definitiva a 7 anni e dieci mesi di reclusione per aver gestito in modo clientelare le nomine degli amministratori giudiziari dei beni confiscati alla mafia, ottenendo in cambio anche denaro.
La Corte costituzionale – con la sentenza n. 51 depositata – ha ricordato che, secondo la propria costante giurisprudenza, la condanna penale di un funzionario pubblico o di un professionista non può, da sola, determinare la sua automatica espulsione dal servizio o dall’albo professionale. Sanzioni disciplinari fisse, come la rimozione, sono anzi indiziate di illegittimità costituzionale; e in ogni caso deve essere salvaguardata la centralità della valutazione dell’organo disciplinare nell’irrogazione della sanzione che gli compete. La norma dichiarata incostituzionale, invece, ricollegava la sola sanzione della rimozione alla condanna per qualsiasi reato, purché la pena inflitta dal giudice penale superasse una certa soglia quantitativa, finendo così per spogliare il Csm di ogni margine di apprezzamento sulla sanzione da applicare nel caso concreto.
Nel caso che ha dato luogo al giudizio, il giudice penale – rileva la Consulta – aveva irrogato una severa pena detentiva non sospesa, senza poter considerare gli effetti che tale pena avrebbe necessariamente prodotto nel successivo giudizio disciplinare. In conseguenza poi dell’automatismo creato dalla norma, neppure nel giudizio disciplinare era stato possibile vagliare “la proporzionalità di una tale sanzione rispetto al reato da questi commesso, dal peculiare angolo visuale della eventuale inidoneità del magistrato a continuare a svolgere le proprie funzioni”. E ciò pur “a fronte dell’entità delle ripercussioni che l’espulsione definitiva dall’ordine giudiziario è suscettibile di produrre sui diritti fondamentali, e sull’esistenza stessa, della persona interessata”.