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La benedizione del Papa: Draghi uomo di alta qualità internazionale

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“Nessuno puo’ dire che il presidente Draghi non fosse un uomo di alta qualita’ internazionale”. Interpellato in volo dai giornalisti sulla caduta del governo nazionale, papa Francesco ribadisce la sua stima per l’ex premier. “E’ stato presidente della Banca, una buona carriera, diciamo cosi'”. Ma la sua premessa e’, come altre volte in passato, che “prima di tutto io non voglio immischiarmi nella politica interna italiana”. Il suo commento, comunque, e’ piu’ che eloquente riguardo all’instabilita’ italiana: “ma poi, io ho fatto una domanda soltanto a uno dei miei collaboratori. Dimmi: quanti governi ha avuto l’Italia in questo secolo? Mi ha detto: venti. Questa e’ la mia risposta”. Anche l’appello fatto alle forze politiche verso queste difficili elezioni e’ conciso ma chiaro: “responsabilita’, responsabilita’ civica”. Sull’aereo che lo riporta in Italia dal Canada, in circa 45 minuti di conversazione con i cronisti al seguito, il Pontefice tocca pero’ una serie di altri temi, in particolare quello delle sue possibili dimissioni, che considera “una porta aperta”. “Non credo che io possa andare con lo stesso ritmo dei viaggi di prima – riconosce -. Credo che alla mia eta’ e con questa limitazione devo risparmiare un po’ per poter servire la Chiesa. O al contrario pensare alla possibilita’ di farmi da parte. Non e’ una catastrofe, no. Si puo’ cambiare Papa. Si puo’ cambiare, non c’e’ problema”. “Se ho mai pensato a ritirarmi? La porta e’ aperta – prosegue -. E’ una delle opzioni normali. Ma fino ad oggi non ho bussato a quella porta. Non ho sentito di pensare a questa possibilita’. Ma forse questo non vuol dire che dopodomani comincio a pensarci. Ma in questo momento sinceramente no”. “Anche questo viaggio e’ stato un po’ il test – osserva Francesco -. E’ vero che non si puo’ fare viaggi in questo stato. Devo forse cambiare un po’ lo stile, diminuire, pagare i debiti dei viaggi che ancora devo fare. Risistemare. Ma sara’ il Signore a dirlo, la porta e’ aperta, questo e’ vero”. “Credo che devo limitarmi un po’ con questi sforzi – ribadisce il Pontefice -. L’intervento chirurgico al ginocchio non va. Nel mio caso i tecnici dicono di si’, ma c’e’ il problema dell’anestesia che ho subito 10 mesi fa, sei ore di anestesia e ancora ci sono le tracce. Non si gioca, non si scherza con l’anestesia, e per questo si pensa che non e’ del tutto conveniente”. “Ma io cerchero’ di continuare a fare dei viaggi ed essere vicino alla gente, perche’ credo che e’ un modo di servire – aggiunge -. La vicinanza. Ma piu’ di questo non mi viene di dire. Speriamo”. “Si’ potrei ritirarmi – dice ancora Bergoglio rispondendo a un’altra domanda -. E’ una vocazione: che il Signore dica. Il gesuita cerca di fare la volonta’ del Signore. Anche il Papa gesuita deve fare lo stesso. Quando il Signore parla, se il Signore ti dice vai avanti, tu vai avanti, se il Signore ti dice vai all’angolo, te ne vai all’angolo. Ma e’ il Signore che comanda. Quindi quello che il Signore dica. Il Signore puo’ dire dimettiti. E’ il Signore che comanda”. Non mancano altre considerazioni, ad esempio su come vede il suo successore: “Questo e’ lavoro dello Spirito Santo. Io non oserei mai pensare”. O sul cammino sinodale tedesco: “ho gia’ detto tutto nella lettera di due anni fa, non diro’ altro”. Ripete di voler andare in Ucraina, in Kazakhstan, in Sud Sudan, poi anche in Congo ma nel 2023 perche’ ora ci sara’ la stagione delle piogge. Il Papa risponde pure sui possibili cambiamenti nella dottrina sugli anticoncezionali: “Il dovere dei teologi e’ la ricerca, la riflessione teologica – spiega -. Non si puo’ fare teologia con un ‘no’, poi sara’ il magistero a dire no. Ma lo sviluppo teologico dev’essere aperto, il magistero deve aiutare a capire i limiti”. “Sul problema degli anticoncezionali so che e’ uscita una pubblicazione su questo tema e altri temi matrimoniali. Questi sono gli atti di un congresso – ricorda -. E dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto il congresso hanno fatto il loro dovere perche’ hanno cercato di andare avanti nella dottrina. Ma in senso ecclesiale. Poi il magistero dira’, si’ va bene, non va bene”. Infine, sul viaggio appena concluso in Canada, accetta di usare la parola “genocidio” per le politiche di assimilazione dei nativi (“togliere i bambini, cambiare la cultura, cambiare la mente, cambiare le tradizioni, cambiare una razza, diciamo cosi’, tutta una cultura”), parola che non aveva usato nel Paese “perche’ non mi e’ venuta in mente, ma ho descritto il genocidio”. E sulla “Dottrina della colonizzazione”, che manifestanti indigeni gli hanno chiesto di abrogare, risponde: “e’ vero, e’ cattiva, e’ ingiusta. Anche oggi e’ usata, spesso, con guanti di seta, ma e’ usata. C’e’ quella mentalita’, noi siamo superiori, quegli indigeni non contano, e questo e’ grave. Dobbiamo andare indietro e sanificare, diciamo cosi’, quello che e’ stato fatto male. Con la consapevolezza che oggi esiste lo stesso colonialismo”.

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Politica

Salvini alza posta, governo Meloni grazie a me e Cav

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“Se oggi per fortuna c’è il governo Meloni, fu grazie alle strategie messe a punto col Cavaliere a Villa Zeffirelli”. Lo fa notare, senza mezzi termini, Matteo Salvini nello stralcio del suo libro ‘Controvento’, reso noto oggi. Un nuovo, ennesimo, messaggio a Giorgia Meloni con il leader della Lega che alza la posta mentre è impegnato a portare a casa partite importanti come il Ponte e l’Autonomia anche in vista delle europee. Il leader della Lega sottolinea tra l’altro di sperare che “il generale Vannacci accetti di essere candidato con noi della Lega”. E interviene anche sulle polemiche per l’emendamento al decreto Pnrr sui consultori. “L’ultima parola sull’aborto – osserva – spetta alle donne, sempre e comunque”.

E proprio a partire da questo tema un segnale, forte e chiaro, è arrivato dal partito anche ieri nel voto sull’ordine del giorno del Pd al decreto sul Pnrr. Con quindici astensioni tra i deputati leghisti che certamente partono dalla “libertà di coscienza” su temi etici lasciata dal partito ma che nel linguaggio della politica non possono che essere lette anche come un altolà. Un messaggio che va ad aggiungersi alla posizione della Lega sul premierato, la riforma che in base al patto nel centrodestra marcia di pari passo con l’Autonomia. Ecco allora che il partito di Salvini non dà ancora il proprio ok alla calendarizzazione in Aula del provvedimento a Palazzo Madama fino a quando la commissione Affari Costituzionali di Montecitorio non avrà licenziato il ddl Calderoli. Ma i segnali tra alleati sono incrociati.

E se la premier ha già detto che il governo non comprimerà i tempi parlamentari, a parlare è anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani che conferma la data del 29 aprile per l’approdo in Aula per la discussione generale; poi “tra maggio e giugno – aggiunge però – è probabile che verrà approvata”. E’ chiaro che molto si gioca sulla dead line delle europee. Con la Lega che punta a portare a casa l’obiettivo, se possibile, prima dell’8 e 9 giugno ma negli off the record ammette le resistenze degli alleati a concedere assist di questo tipo in chiave elettorale.

D’altra parte, anche gli esiti elettorali europei potrebbero pesare sul destino del provvedimento anche se – si sottolinea da fonti dell’esecutivo in chiave Autonomia – comunque vadano le cose e anche se i pesi specifici dovessero cambiare sarà necessario garantire equilibri parlamentari che evitino eccessivi logoramenti. Intanto, durante il comizio di chiusura del centrodestra dalla Basilicata a sostegno di Vito Bardi, il leader azzurro Tajani garantisce ai cittadini lucani: “Stiamo lavorando per una Autonomia equa anche per i cittadini del sud”. Ma intanto in Veneto continua la battaglia su questo fronte così come sul terzo mandato. “I ritardi sull’Autonomia sono colpa della Lega – punzecchia infatti l’ex leghista, ora parlamentare azzurro Flavio Tosi – quindi Zaia se la prenda con i suoi” anzichè con Tajani.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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