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Economia

La Banca centrale europea non comprerà più titoli di Stato, ma terrà 360 miliardi di bond italiani

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La Banca centrale europea chiude ufficialmente il quantitative easing. Ma non significa che la politica monetaria ultra-espansiva dell’Eurozona finisce: la Bce manterra’ i 2.600 miliardi di bond comprati finora, fra cui 360 miliardi di titoli italiani, nel suo bilancio ancora a lungo, e in ogni caso fino a quando lo riterrà opportuno. E’ lo scenario quasi certo del consiglio direttivo che si apre stasera nella cena a Francoforte ed entra nel vivo domani, quando il presidente Mario Draghi, se si escludono eclatanti sorprese, dovrebbe annunciare la fine degli “acquisti netti” di titoli. La Bce, cioe’, dal primo gennaio smette di comprare bond ‘ex novo’ come fa dal marzo 2015, quando Draghi lancio’ l’arma anti-deflazione adottata dalle principali banche centrali mondiali.

Ma Francoforte non fara’ il ‘tapering’ gia’ avviato dalla Fed americana. Non ridurra’ il suo bilancio, ed e’ probabile che Draghi – che stamani a Francoforte ha incontrato il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, con cui potrebbe aver ragionato anche della situazione dei conti pubblici italiana e di quella francese – segnali che servira’ una politica espansiva ancora a lungo: reinvestendo in nuovi titoli il capitale di quelli che, man mano, arrivano a scadenza, per tutto il tempo necessario. E mantenendo cosi’ un bilancio che ad oggi supera il 40% del Pil dell’Eurozona, contro meno del 20% della Fed. Come effettuare questi reinvestimenti, tuttavia, resta da decidere, con un impatto che puo’ essere rilevante sull’Italia. E’ uno dei temi principali sul tavolo dei banchieri centrali nel grattacielo di Sonnemannstrasse. Gli acquisti netti fatti finora sono stati distribuiti fra i vari paesi tenendo conto della capital key, la quota di ciascun Paese nel capitale della Bce, che riflette dimensioni di ciascuna economia e popolazione. Quella capital key, a seguito di una revisione periodica, la Bce l’ha appena ridotta di mezzo punto percentuale per l’Italia, aumentandola per la Francia (+0,26 punti percentuali) e la Germania (+0,8). Ma gia’ in quella occasione era emerso che Francoforte evitera’ correzioni brutali e automatiche, preferendo un approccio graduale. Tanto piu’ per un Paese tornato in crescita negativa, con il debito piu’ alto dell’Eurozona (in valore assoluto). E dunque bisognera’ decidere se, in che modo, e con quali tempi, applicare ai reinvestimenti la nuova capital key penalizzante per l’Italia. I reinvestimenti, poi, potrebbero subire una sorta di ‘twist’, con la possibilita’ che i bond che giungono a scadenza vengono riacquistati per lo stesso ammontare a maggior durata. Un’operazione che abbasserebbe i rendimento a lungo termine e beneficerebbe – anche – l’Italia. Occhi puntati anche sulla ‘guidance’, l’orientamento delle aspettative per un rialzo dei tassi che ad oggi e’ per dopo l’estate 2019, ma potrebbe slittare. E sulle banche, con il nodo di un nuovo maxi-prestito all’orizzonte che potrebbe rendersi necessario, e cui Draghi potrebbe voler accennare. Tutto cio’ con sullo sfondo uno scenario di rallentamento economico – gia’ visto con il Pil della Germania e Italia andato in ‘rosso’ in estate – che verra’ illustrato da Peter Praet, capo economista Bce e membro del ‘direttorio’ – ma che non dovrebbe scompaginare la previsione di un ‘atterraggio morbido’ che probabilmente si riflettera’ sulle nuove stime di crescita e inflazione riviste in lieve ribasso.

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Economia

Giorgetti vede Spohr, si tratta su Ita-Lufthansa

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La trattativa Ita-Lufthansa passa direttamente nelle mani di Giancarlo Giorgetti. Il ministro dell’Economia incontrerà entro il fine settimana, probabilmente già domani, Carsten Spohr, con l’obiettivo di trovare un compromesso con l’inflessibile amministratore delegato della compagnia tedesca. Ufficialmente il Mef non commenta la notizia arrivata da fonti europee. Ma dopo le tensioni della scorsa notte, che hanno portato all’interruzione dei negoziati per un accordo che sembrava ormai alle battute finali, lo stesso Giorgetti non ha negato la possibilità di un faccia a faccia, definito anzi “opportuno”. A dominare il tavolo di confronto saranno questioni di prezzo.

Secondo le notizie trapelate finora, la sera del 4 novembre, basandosi sulle clausole contrattuali, Lufthansa avrebbe infatti chiesto al Mef uno sconto sulla cifra da sborsare per la seconda tranche per la newco tricolore a seguito del primo aumento di capitale da 325 milioni di euro, giustificandosi con il costo di alcuni investimenti fatti dopo l’accordo di alleanza del 2023. Una richiesta che il ministero dell’Economia avrebbe bollato come “inaccettabile” anche alla luce del miglioramento della posizione economica di Ita e in vista della probabile crescita del traffico aereo per il Giubileo del 2025.

Il tentativo di ricucitura è ora affidato a Giorgetti, forte del fatto che nessuna delle due parti sembra davvero intenzionata a far saltare l’accordo. Sui cieli europei intanto a preoccupare sono anche i conti di Air France-Klm. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con un utile operativo in calo del 12% a 1,18 miliardi di euro, deludendo le attese degli analisti e prevedendo anche di sostenere costi più elevati di quelli precedentemente stimati per quest’anno a seguito di una revisione dell’accordo salariale e di un aumento dei costi di manutenzione.

Anziché aiutare, le Olimpiadi di Parigi hanno allontanato i turisti dalla capitale, influendo negativamente sui conti. Il titolo ne ha risentito pesantemente in Borsa dove è arrivato a perdere l’11%.

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Economia

Giorgetti ottimista sul Pil apre a modifiche su manovra

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L’incertezza che domina l’economia internazionale richiede all’Italia scelte di bilancio prudenti ma non fiacca l’ottimismo sul Pil. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto imagoeconomica  in evidenza) c’è ancora spazio per crescere più di quello che vedono previsori come Bankitalia o Upb, perché nell’ultima parte dell’anno il Pil dovrebbe tornare in espansione, dopo lo stallo del terzo trimestre. Bisogna comunque mantenersi cauti, perché i vincoli europei non lasciano troppi margini, però la manovra non è immutabile: fatto salvo l’impianto e i principi dietro ogni norma, su alcune si può lavorare assieme al Parlamento, accogliendo qualche richiesta di modifica.

Dal blocco del turnover per le forze dell’ordine ai revisori del Mef nelle aziende che prendono contributi pubblici, il ministro apre a modifiche, seppur limitate che comunque non soddisfano le opposizioni. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, chiudendo il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio 2025. “L’Italia è forte”, ha ribadito anche la premier Giorgia Meloni parlando agli industriali di Brescia e Bergamo e invitandoli a “fare squadra”. Per il ministro dell’Economia le prospettive di crescita a breve termine sono dunque “ancora incoraggianti” e i modelli che utilizza il Tesoro per fare le previsioni vedono un Pil in espansione nel trimestre finale dell’anno, grazie al recupero della domanda estera e alla ripresa dei consumi che prosegue.

Del resto negli ultimi anni “il sistema economico italiano ha mostrato una tenuta superiore alle previsioni di molti”, e “le stime iniziali di crescita del Pil dell’Istat sono state successivamente riviste al rialzo in misura inedita”. La speranza è che accada ancora. Certo, non c’è spazio per ampliare la manovra. Tanto che risulta “ambizioso” anche il target del 2% di spesa richiesto dalla Nato, che sarà mancato per i prossimi tre anni. Nel 2025 si fermerà all’1,57%, nel 2026 all’1,58% e nel 2027 all’1,61%. La spesa va tenuta sotto controllo perché, spiega Giorgetti, è l’unico modo per affrontare “il fardello del debito” che con i suoi interessi ogni anno toglie 45 miliardi a scuola, pensionati, sanità. Dati gli spazi ridotti che richiedono prudenza, il ministro difende le scelte del governo. Ricorda che la priorità è stata data alle famiglie di reddito medio basso e ai lavoratori dipendenti, e quindi “sorprende” che le critiche “vengano proprio dai sindacati”.

Sulla sanità ribadisce che la spesa sale più del limite fissato nel Psb, e per gli enti locali non ci sono tagli ma solo accantonamenti che restano nella loro disponibilità. Anche i tagli del fondo automotive non toccano “le imprese che vogliono riconvertire”, ma rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi. Con la fine delle audizioni sulla manovra si passa alla fase delle modifiche al testo. I partiti dovranno presentare i propri emendamenti entro lunedì prossimo, da cui selezioneranno quelli irrinunciabili (o segnalati) il 18 novembre. Giorgetti indica già le strade percorribili e si dice “apertissimo”, ad esempio, a modifiche sui revisori del Mef nelle società che prendono contributi pubblici, purché si mantenga il principio che “chi riceve il contributo dello Stato deve avere un comportamento parsimonioso”.

Modifiche possibili anche sulla tassa per le crypto che dal 26% passa al 42%, contestata proprio dalla Lega: per Giorgetti si può pensare a forme di tassazione diverse rispetto alla permanenza in portafoglio degli investimenti. Sul blocco del turnover il ministro invece chiede al Parlamento di indicare i settori per i quali non è giustificato, come la sicurezza. Non chiude la porta nemmeno sui tagli alla metro C di Roma. Ma la situazione è complessa, perché “manca la progettazione definitiva” di cui il Mef ha bisogno per stanziare i fondi. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri contesta il taglio, e spiega che non si può separare il finanziamento della progettazione da quello della realizzazione perché “implicherebbe un aumento di tempi e costi”. Giorgetti non ha preclusioni: “E’ un’opera meritoria, vediamo come organizzarci in modo che gli stanziamenti vengano fatti”. Purché “non si bruci spazio fiscale a scapito di altro”.

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Economia

Leonardo cresce nei primi nove mesi del 2024: risultati forti in un contesto geopolitico complesso

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Leonardo ha chiuso i primi nove mesi del 2024 con una crescita significativa in tutti i principali indicatori finanziari, confermando le previsioni positive per l’anno. Se non fosse stato per alcuni fattori esterni – come la situazione di Boeing e le sfide nel settore telecomunicazioni per Thales Alenia Space – il gruppo avrebbe persino rivisto al rialzo le stime di fine anno, ha dichiarato l’amministratore delegato Roberto Cingolani (nella foto Imagoeconomica in evidenza).

Risultati positivi e il contesto geopolitico

Il forte incremento delle performance di Leonardo è anche da collegare indirettamente al contesto geopolitico attuale, segnato dai conflitti in Ucraina, Palestina e Libano. Tali tensioni globali hanno intensificato la domanda per la tecnologia di difesa e sicurezza, un settore in cui Leonardo continua a consolidare la sua posizione. La società ha visto una crescita degli ordini dell’11,7% nei primi nove mesi dell’anno, per un valore totale di 14,753 miliardi di euro e un portafoglio ordini che raggiunge i 43,618 miliardi. In particolare, settori come l’elettronica per la difesa e sicurezza, gli elicotteri, la cybersicurezza e le aerostrutture hanno registrato ottime performance, con ricavi in crescita del 17,6% a 12,076 miliardi di euro.

Ebita e riduzione dell’indebitamento

L’EBITA di Leonardo ha segnato un notevole incremento del 18%, arrivando a 766 milioni di euro. L’azienda ha anche ridotto l’indebitamento netto del gruppo del 18,2%, portandolo a 3,1 miliardi di euro, segno di un percorso positivo che sta confermando la validità delle strategie delineate nel piano industriale, secondo quanto riferito da Cingolani.

La digitalizzazione e il consolidamento del core business della difesa

Un elemento chiave della strategia di Leonardo è stato il consolidamento del suo core business nella difesa, con un’accelerazione nei processi di digitalizzazione e una razionalizzazione del portafoglio. Tra i progetti di rilievo si evidenzia il programma Gcap (Global Combat Air Program), nato dalla collaborazione tra Italia, Regno Unito e Giappone per lo sviluppo di un caccia di nuova generazione, che dovrebbe portare alla firma di un accordo industriale entro la fine dell’anno.

Nuove alleanze e prospettive di espansione

Il mese scorso, Leonardo ha formalizzato una nuova joint venture con Rheinmetall per la produzione di carri armati, ampliando le collaborazioni strategiche internazionali. Inoltre, la società sta esplorando possibili sinergie con Iveco Defence Vehicle, anche se al momento non c’è una necessità immediata di acquisizione. In parallelo, Leonardo continua la sua espansione nel settore cyber, dello spazio e dei droni, con 14 operazioni di due diligence attive, sette delle quali già in fase avanzata.

Reazione positiva del mercato

I “numeri promettenti” del gruppo sono stati riconosciuti da Piazza Affari, dove il titolo Leonardo ha registrato un forte rialzo del 4,28% alla chiusura della giornata di contrattazioni.

Grazie al consolidamento nel settore difesa e alle alleanze internazionali, Leonardo ha mostrato resilienza e capacità di crescita in un contesto globale difficile. Il gruppo guarda al futuro con fiducia, mantenendo un ruolo di rilievo nel panorama della sicurezza e difesa internazionale.

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