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Kiev vuole centinaia di tank, Varsavia preme su Berlino

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Il tira e molla sull’invio dei Leopard 2 a Kiev si trascina e tracima al consiglio esteri di Bruxelles, dove i 27 responsabili della diplomazia Ue si sono riuniti per il primo incontro del 2023. Il ministro ucraino Dmytro Kuleba, spalleggiato soprattutto dalla Polonia, ha ribadito la linea degli ultimi giorni: dateci i tank. Ancora più esplicito, su Telegram, il capo dell’ufficio presidenziale, Andriy Yermak: “Abbiamo bisogno di centinaia di carri armati, non di dieci o venti”. Perché l’obiettivo è riprendersi tutti i territori occupati, Crimea inclusa. Mosca lo sa e dunque alza l’asticella facendo leva sul rischio della ‘guerra mondiale’, sperando così d’influenzare le decisioni di Berlino, molto sensibile a certi argomenti. Il Cremlino ha ribadito che chi fornirà i carri armati se ne dovrà assumere le responsabilità. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha notato che la guerra tra Russia e l’Occidente ormai “non è più ibrida” ma “quasi reale”. Il grande ex Dmitry Medvedev, che si è reinventato super falco da quando è scoppiato il conflitto, nel suo solito stile apocalittico ha rincarato la dose: “Il mondo si avvicina al rischio della Terza Guerra Mondiale di fronte ai preparativi di aggressione contro la Russia”.

Certo, perché i territori occupati in Ucraina, dopo i referendum farlocchi, agli occhi di Mosca fanno parte de jure della Russia e dunque una controffensiva da parte di Kiev sarebbe vissuta come una violazione dei confini nazionali. Ecco perché la Germania ci va molto cauta sui panzer. “È una questione complessa ed è importante che ci si parli gli uni con gli altri in modo confidenziale, ci vuole del tempo”, ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit sottolineando che è meglio “riflettere bene prima di compiere mosse che dopo potrebbero provocare amaro pentimento”. Ma c’è chi preme. E molto. Come Varsavia. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha annunciato che chiederà ufficialmente alla Germania il permesso di consegnare una parte dei suoi Leopard all’Ucraina, dato che la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha lasciato intendere di voler concedere l’autorizzazione. Ma questo era ieri a Parigi. Arrivando al consiglio, a Bruxelles, si è mostrata più cauta, evocando la necessità “d’interventi comuni dei partner internazionali”.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, domani volerà a Berlino per incontrare il neo ministro della Difesa Boris Pistorius ed è palese che la questione sarà discussa. Anche perché Varsavia minaccia di voler andare avanti lo stesso qualora la Germania dovesse opporsi, formando una piccola coalizione di volenterosi (e detentori di Leopard). Insomma, si rischia una spaccatura seria della concordia tra alleati Nato e tutto ciò non può che sollevare preoccupazioni sia a Bruxelles che a Washington (il ministro Antonio Tajani dal canto suo ha chiarito che l’Italia non fa parte di questo dibattito e si sta concentrando nella consegna dei sistemi di difesa aerea). L’alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, ha confermato che in seno all’Ue ci sono posizioni diverse sull’invio dei tank all’Ucraina e ha notato come la Germania, anche oggi, abbia ribadito la sua intenzione a non mettersi di traverso.

“Ma consiglierei di non concentrare troppo l’attenzione su questa discussione sui carri armati, a Ramstein è emersa la volontà chiara dei partner di voler aiutare militarmente l’Ucraina e i risultati sono stati molto buoni, in termini di mezzi offerti”, ha detto Borrell. L’Unione Europea per parte sua ha dato oggi l’ok politico a una nuova tranche da 500 milioni di euro in aiuti militari tramite lo European Peace Facility (EPF) e altri 45 milioni per l’addestramento di soldati ucraini tramite la missione lanciata l’anno scorso. Ma l’attenzione è così alta perché a spingere è Kiev. “Resta da fare l’ultimo mezzo passo: abbiamo già i Challenger britannici, abbiamo sentito che la Francia sta valutando la fornitura dei Leclerc e non ho dubbi che con i Leopard siamo nella fase finale”, ha auspicato Kuleba.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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