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Guerra Ucraina

Kiev celebra l’indipendenza con un blitz in Crimea

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La bandiera gialla e blu dell’Ucraina libera sventola nella Crimea occupata dai russi. Nel giorno in cui si celebrano i 32 anni dall’indipendenza da Mosca, anche le forze di Kiev hanno lanciato la loro ‘operazione speciale’, mettendo piede nella penisola in mano ai russi da nove anni, irrinunciabile nella controffensiva per riprendere il controllo di tutto il Paese. Unità dell’intelligence ucraina Gur sono sbarcate in Crimea e “l’obiettivo è stato raggiunto”, ha esultato il portavoce degli 007 Andriy Yusov. Su moto d’acqua, gli uomini del Gur sono giunti sulla costa vicino agli insediamenti di Olenevka e Mayak e “hanno ingaggiato una combattimento con le unità di occupazione”, ha riferito una nota. “Il nemico ha subito perdite tra il personale e le attrezzature. E nella Crimea ucraina è tornata a sventolare la bandiera nazionale”.

Al termine dell’incursione, gli ucraini hanno infatti lasciato la scena, “senza perdite”. Almeno secondo la versione di Kiev. Un gesto più simbolico che tattico, dopo quasi 550 giorni di invasione. Ma che ribadisce come Kiev “abbia la capacità di colpire qualsiasi parte della penisola” – parole del capo dell’intelligence militare Kyrylo Budanov – e l’intenzione di non abbandonare nessuno dei territori invasi dalla Russia, proprio nel giorno in cui si commemora la dichiarazione d’indipendenza dall’Urss del 1991. “Una festa delle persone libere. Una festa delle persone forti. Una festa delle persone con dignità. Questo è un valore per ognuno di noi. Ed è per questo che stiamo lottando”, ha detto Zelensky, sottolineando poi da piazza Santa Sofia a Kiev che gli ucraini “non permetteranno che l’indipendenza venga fatta a pezzi”. E per difenderla, il governo ucraino vede un’unica possibilità: operazioni militari, armi e il sostegno degli alleati.

Mentre osserva l’evolversi degli eventi in Russia, dove la vendetta si è abbattuta sul capo dei Wagner Yevgeny Prigozhin – “tutti sanno chi è stato”, ha osservato Zelensky – l’Ucraina allarga la sua coalizione dei caccia F-16: anche la Norvegia infatti fornirà gli aerei statunitensi, secondo il leader ucraino che oggi ha incontrato il premier di Oslo Jonas Gahr Store. Dagli Usa, il New York Times ha affermato che anche il Pentagono inizierà ad addestrare i piloti ucraini all’uso del jet americano a partire da settembre negli Stati Uniti, e che la decisione sarà ufficializzata a breve. E il Portogallo ha confermato la sua disponibilità a partecipare all’addestramento dei piloti e degli ingegneri ucraini, ha riferito Zelensky. Si consolida quindi la coalizione dei cieli per l’Ucraina, mentre la guerra non vede tregua all’orizzonte.

“Un cessate il fuoco è il sogno di Putin perché gli permetterebbe di congelare la guerra” e “significherebbe che l’Ucraina avrà perso”, ha ribadito il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak. Così, il sangue scorre in Ucraina nel suo anniversario d’indipendenza: almeno una persona è stata uccisa e 16 sono rimaste ferite negli attacchi russi in tutto il Paese. Raid si sono abbattuti su Kherson e la località in prima linea di Kurakhove. A Dnipro, un attacco missilistico russo su un terminal degli autobus ha ferito 10 persone e provocato danni a negozi, un hotel, una banca e altri edifici, secondo il governatore regionale Serhiy Lysak.

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Esteri

Kim: pieno sostegno a Mosca nella sua guerra all’Ucraina

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Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha espresso il pieno sostegno alla guerra di Mosca contro l’Ucraina e ha condannato gli Usa e l’Occidente per aver permesso a Kiev di utilizzare missili a lungo raggio per attacchi contro la Russia, definendo la mossa un intervento militare “diretto”. Incontrando venerdì a Pyongyang il ministro della Difesa russo Andrei Belousov, Kim, nel mezzo della cooperazione militare bilaterale sempre più approfondita, ha definito “esercizio del diritto all’autodifesa per la Russia” quello “di intraprendere azioni risolute per far pagare il prezzo alle forze ostili”, nel resoconto dell’agenzia statale Kcna.

L’incontro avuto con Belousov, definito “amichevole” e all’insegna della “fiducia reciproca”, è avvenuto mentre la Corea del Nord ha da alcune settimane inviato migliaia di truppe in Russia a sostegno della guerra di Mosca contro l’Ucraina. Il dispaccio della Kcna non ha menzionato se Kim e Belousov abbiano discusso proprio dei soldati nordcoreani inviati al fronte nel Kursk, ma ha assicurato che “il governo, l’esercito e il popolo della Corea del Nord sosterranno senza alcuna esitazione la politica della Federazione Russa per difendere la sua sovranità e la sua integrità territoriale dalle mosse egemoniche degli imperialisti”.

Pyongyang e Mosca hanno rafforzato la cooperazione militare nell’ambito del Trattato di partenariato strategico globale, ratificato questo mese da entrambe le parti, che era stato firmato a giugno da Kim e dal capo del Cremlino Vladimir Putin in base al quale è previsto il soccorso e la fornitura di assistenza militare “senza indugio” se una delle due parti dovesse finire sotto attacco. Il Nord non ha confermato lo dispiegamento di sue truppe in Russia, ma Seul, Washington e Kiev hanno affermato che soldati di Pyongyang sono già entrati in combattimento nella regione del Kursk.

I funzionari sudcoreani temono che il Paese eremita possa ricevere tecnologia avanzata sulle armi dalla Russia in cambio delle truppe inviate in aiuto di Mosca. Per quanto riguarda Belousov, in Corea del Nord da giovedì, gli esperti hanno sollevato la possibilità che la Russia possa chiedere altre armi o nuove truppe per rafforzare le posizioni nel conflitto in vista dell’insediamento a Washington per presidente eletto Donald Trump. Nel frattempo, Belousov ha avuto giovedì un ciclo di colloqui con la controparte nordcoreana No Kwang-chol, per discutere del rafforzamento della “cooperazione strategica e tattica” tra i rispettivi eserciti in forza della partnership strategica, ha riferito la Kcna in un differente dispaccio. Il ministro russo “ha espresso la volontà di espandere ulteriormente la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nella complicata situazione internazionale”.

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Esteri

Le “Streghe di Bucha”: il coraggio delle donne ucraine in prima linea

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Le “Streghe di Bucha” sono donne provenienti dalla periferia di Kiev, luogo tristemente noto per le atrocità commesse dall’esercito russo nei primi giorni dell’invasione. Molte di loro hanno perso mariti, figli e fratelli, vittime dirette della guerra. Tetyana, 41 anni, racconta alla NBC News di aver perso il marito, il fratello e un nipote dichiarato disperso. Per queste donne, combattere è diventato un modo per “incanalare la rabbia” e difendere la loro esistenza.

L’addestramento e la loro missione

Le volontarie si addestrano nelle foreste vicino a Kiev, imparando a utilizzare diverse armi, tra cui mitragliatrici, con l’obiettivo di abbattere i droni kamikaze Shahed forniti dalla Russia dall’Iran. Il gruppo, composto al 90% da donne, ha dichiarato di non potersi arrendere: “La nostra esistenza è in gioco”.

Il contesto politico e militare

La promessa del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, di porre fine alla guerra in un giorno ha generato speranza ma anche scetticismo. Molti ucraini temono che un eventuale accordo di pace possa solo offrire a Vladimir Putin l’opportunità di riorganizzarsi militarmente. Valentina, un’insegnante di matematica e nonna di 49 anni, sottolinea: “Non credo che questa guerra possa essere fermata con i negoziati. Tra tre o cinque anni tornerà”.

Il morale e le speranze

Nonostante il morale basso tra le truppe e le difficoltà sul campo, il sondaggio Gallup rivela che il 52% degli ucraini desidera che Kiev negozi per porre fine alla guerra. Tuttavia, lo scetticismo verso la Russia è profondo. Come ha affermato Keir Giles del think tank Chatham House: “Quando la Russia firma un accordo di cessate il fuoco, non significa che cesserà di sparare”.

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Esteri

La guerra vista dal mirino: il racconto del cecchino Sasha, il “Fantasma” di Bakhmut

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Nel cuore del Donbass, dove il conflitto tra Russia e Ucraina si intensifica ogni giorno, i cecchini diventano figure centrali. Sasha, soprannominato “Fantasma”, è uno dei più esperti tiratori scelti ucraini. Con il suo team di venti uomini, “I fantasmi di Bakhmut”, ha partecipato alle battaglie più cruciali della guerra. La sua storia offre uno sguardo unico sulla vita di chi combatte nell’ombra, lontano dalle luci dei riflettori.

Un mestiere spietato e solitario
“Uccidere un soldato nemico è come un normale lavoro,” spiega Sasha. Il cecchino opera in silenzio, con precisione chirurgica, senza spazio per esitazioni. In 17 mesi, ha eliminato personalmente 147 soldati russi, mentre la sua unità ha superato quota 1.200. Un lavoro che richiede sangue freddo, pazienza e una preparazione minuziosa.

Le missioni dei cecchini sono lunghe e complesse. Le squadre, composte da 8 uomini, si muovono a piedi per chilometri, spesso oltre le linee nemiche, portando con sé zaini di oltre 30 chili. Una volta raggiunta la zona operativa, possono restare immobili per ore, mimetizzati tra le macerie o nei boschi. “Il segreto del buon cecchino è la pazienza. Sparare tanto non serve, anzi, può tradirci.”

La precisione letale e i record personali
Sasha, ingegnere civile prima di diventare soldato nel 2014, ha affinato le sue capacità nei momenti più drammatici del conflitto. Il suo record personale è un colpo preciso a un chilometro e mezzo di distanza, ma la maggior parte dei suoi bersagli si trova tra i 300 e 500 metri. Nel novembre 2023, un altro cecchino ucraino ha stabilito il record mondiale con un colpo da 3,8 chilometri, un’impresa che testimonia il livello di preparazione dei tiratori scelti.

Vita personale e precauzioni
Dietro la maschera del cecchino si cela un uomo con una famiglia e paure personali. Sasha è padre di due figlie: Vladislava, 13 anni, e Anastasia, 8 anni. La preoccupazione per la sicurezza dei suoi cari è costante. “I russi potrebbero cercare Vladislava per punirmi,” afferma, spiegando il motivo per cui mantiene l’anonimato.

La dura realtà del fronte
Sul fronte di Pokrovsk, la situazione è critica. “I russi attaccano continuamente,” racconta Sasha, sottolineando la superiorità tecnologica dei droni nemici. Nonostante la determinazione dei soldati ucraini, la pressione russa cresce, rendendo sempre più incerto il destino della guerra.

Conclusione
La storia di Sasha e della sua unità di cecchini mette in luce la brutalità e la complessità della guerra nel Donbass. Figure come lui operano nell’ombra, con la consapevolezza che ogni colpo potrebbe cambiare il corso della battaglia o costare loro la vita. In un conflitto segnato da tecnologia avanzata e tattiche tradizionali, i cecchini restano una risorsa chiave, ma anche un simbolo della crudeltà della guerra moderna.

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