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Caos Juve, lasciano Agnelli e tutto il cda

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Colpo di scena alla Juventus. L’intero consiglio di amministrazione, a partire dal presidente Andrea Agnelli, si è dimesso questa sera. Una decisione maturata al termine di una lunga riunione del cda straordinario convocato nel pomeriggio alla Continassa. Nella documentazione esaminata dal consiglio “i nuovi pareri legali e contabili degli esperti indipendenti incaricati ai fini della valutazione delle criticità evidenziate da Consob sui bilanci della società al 30 giugno 2021”; oggi il consiglio bianconero ha “nuovamente esaminato le contestazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, le carenze e criticità rilevate dalla Consob e i rilievi sollevati dalla società di revisione Deloitte&Touche”.

Finisce così l’era di Agnelli, 12 anni alla guida della società, con nove scudetti consecutivi, altri trofei, due finali di Champions, un colpo clamoroso come l’ingaggio di Cristiano Ronaldo. E poi la parabola discendente con l’inchiesta sui bilanci, nel mirino dei magistrati, le ‘manovre stipendi’ e le plusvalenze e le critiche della Consob. Un periodo tormentato, con i conti pesantemente in rosso, -253 milioni quest’anno dopo la perdita di 209 dell’esercizio precedente, e molto amaro anche sul campo con la squadra eliminata dalla Champions League già nella fase a gironi e lontanissima dalla capolista Napoli in campionato.

E i mugugni del tifosi, critici verso la dirigenza soprattutto per la scelta di riaffidare la squadra al tecnico Allegri. Passaggi, quelli giudiziari, con le perquisizioni della Guardia di Finanza, e di Borsa, che hanno fatto rinviare per due volte l’assemblea degli azionisti, slittata prima da fine ottobre al 23 novembre e poi al 27 dicembre. Un campanello d’allarme che qualcosa di insolito stava succedendo. La dirigenza, che aveva già presentato le sue contro-deduzioni all’organo di vigilanza della Borsa, si è convinta a rivolgersi ad altri esperti.

Ed è proprio dalle accuse della Procura di Torino e dalle osservazioni della Consob che è partita la lunga riflessione che ha portato il cda bianconero a presentare le dimissioni chiedendo al solo amministratore delegato Maurizio Arrivabene di restare nel suo ruolo nella fase-ponte fino al 18 gennaio 2023, quando è stata convocata l’assemblea degli azionisti che dovrà approvare il nuovo cda. Ma nel club bianconero, sempre considerato un blocco granitico, è venuta meno la compattezza dice a chiare lettere lo stesso Agnelli nella lettera aperta diffusa questa sera nel pieno del ciclone.

“Quando la squadra non è compatta si presta il fianco agli avversari e questo può essere fatale. In quel momento – ha scritto il presidente bianconero – bisogna avere la lucidità e contenere i danni: stiamo affrontando un momento delicato societariamente e la compattezza è venuta meno. Meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità ad una nuova formazione di ribaltare quella partita”. Si apre quindi una nuova era nella storia della Juventus. Se nel passaparola dei tifosi prendono quota i nomi di Del Piero e Chiellini, mentre crescono le voci su un ruolo per Alessandro Nasi, il primo passo è la nomina di Maurizio Scanavino direttore generale, un incarico che gli ha conferito il cda dimissionario “al fine di rafforzare il management della società”. Scanavino, tuttavia, manterrà le sue cariche nel gruppo Gedi, di cui è amministratore delegato.

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Dino Viola, il genio dietro la Roma: l’eredità di un presidente visionario

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Dino Viola (foto Imagoeconomica in evidenza), il leggendario presidente della Roma, nacque in provincia di Massa Carrara, in una famiglia numerosa. Suo padre era capo stazione di Aulla e il fratello maggiore, Ettore, un eroe militare plurimedagliato. È proprio grazie a quest’ultimo che il giovane Dino si trasferisce a Roma per studiare.

Curiosamente, all’anagrafe il suo nome era Adino, un nome di origine incerta che con il tempo cambiò in Dino, diventando quello con cui è stato conosciuto nel mondo del calcio.

Il mancato calciatore e la scoperta della Roma

Da ragazzo, Viola giocava a calcio e, grazie a una conoscenza con il campione Silvio Piola, fece un provino per la Lazio. Tuttavia, rifiutò l’opportunità di unirsi ai biancocelesti.

Il suo amore per la Roma nasce quasi per caso: poco più che ventenne, Viola assiste a una partita allo stadio di Testaccio e se ne innamora perdutamente. Da quel momento, la sua vita sarà segnata indissolubilmente dai colori giallorossi.

Un uomo dal carattere forte: dalla paura di volare alla politica

Viola era noto per il suo terrore di volare. Durante le trasferte con la Roma, cercava sempre di evitare gli aerei, arrivando perfino a tornare in auto da Saragozza a Roma.

Oltre al calcio, ebbe anche una carriera politica: fu senatore della Democrazia Cristiana. Tuttavia, frequentava poco il Parlamento, poiché era un fumatore accanito e lì non si poteva fumare.

Il ritorno ai vertici della Roma e l’acquisto del club

Dino Viola entra nella dirigenza giallorossa già negli anni ‘60, diventando vicepresidente sotto Alvaro Marchini. Nel 1969, tuttavia, si dimette in seguito alla tragica morte dell’attaccante Giuliano Taccola, evento che segna profondamente la sua visione sulla gestione del club.

Ma il legame con la Roma resta intatto. Nel 1979, dopo aver venduto la sua azienda Simmel, riesce finalmente a rilevare la società per circa 3 miliardi di lire, anche grazie all’influenza di Giulio Andreotti.

La gestione della Roma: Liedholm, Conti e il sogno Scudetto

Viola era un uomo d’affari e gestì la Roma come un’azienda familiare. Non avendo risorse infinite, puntò su una guida esperta come Niels Liedholm, a cui propose un contratto triennale.

Tra le sue intuizioni ci fu il ritorno di Bruno Conti, che era stato ceduto al Genoa. Una mossa che si rivelò cruciale per il futuro della squadra.

Il caso Turone e la battaglia contro il sistema

Viola si batté per i diritti della Roma, specialmente dopo il controverso gol annullato a Turone nel 1981 contro la Juventus, episodio che costò lo Scudetto ai giallorossi.

In seguito, affrontò direttamente i vertici della FIGC, chiedendo maggiore equità arbitrale. Nei dieci anni successivi, oltre ai soliti club dominanti, riuscirono a vincere lo Scudetto anche Roma, Napoli, Verona e Sampdoria.

L’eterna rivalità con Boniperti e l’ingegno di Viola

Viola ebbe un rapporto di rivalità ma anche di stima con Giampiero Boniperti, storico presidente della Juventus. I loro battibecchi erano leggendari:

“Una volta Boniperti inviò a mio padre un righello con un bigliettino: ‘Le invio lo strumento con cui verificare ciò che è accaduto in campo’. Mio padre lo rispedì con la risposta: ‘Grazie, ma io sono ingegnere, tocca a lei, geometra, fare queste verifiche'”.

L’acquisto di Falcao e il rimpianto per Mancini e Vialli

Viola tentò di acquistare Zico, ma senza successo. Poi, grazie a una videocassetta, scoprì Paulo Roberto Falcao e lo portò alla Roma. Tuttavia, il primo incontro dal vivo con il brasiliano fu deludente e lo staff tecnico si convinse di aver puntato sul giocatore sbagliato. La storia, però, dimostrò il contrario.

Tra i suoi rimpianti ci furono Roberto Mancini e Gianluca Vialli, giocatori che avrebbe voluto portare a Roma.

Le controversie e il difficile addio a Falcao

La gestione di Falcao si concluse con tensioni. L’Inter tentò di acquistarlo, ma l’intervento di Andreotti bloccò l’operazione. Viola gli concesse un rinnovo con un ingaggio triplicato, ma successivamente, quando il brasiliano si infortunò e chiese un altro aumento, il presidente decise di interrompere il rapporto, scatenando l’ira dei tifosi.

Curiosità e superstizioni: la pastasciutta della vittoria

Viola era un uomo pieno di rituali. Prima di ogni partita, consegnava le tessere di abbonamento ai familiari, per poi riprendersele dopo il match. Inoltre, aveva un’abitudine particolare:

“Se la Roma vinceva, la domenica sera mangiava pastasciutta. Se perdeva, solo minestrina“.

L’eredità di un presidente visionario

Dino Viola ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della Roma, dimostrandosi un presidente astuto, combattivo e passionale. Ha saputo cambiare il destino del club, regalando ai tifosi una squadra competitiva e sfidando il potere calcistico nazionale.

Un uomo che, con le sue genialità e le sue battaglie, ha reso la Roma un club vincente e rispettato.

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Inzaghi: “Sconfitta dell’Inter meritata e da analizzare”

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L’Inter perde pesantemente per 3-0 al Franchi di Firenze contro la Fiorentina (ai nerazzurri non capitava un ko con tre gol di scarto da circa cinque anni, 19 maggio del 2019 quando perse 4-1 a San Siro contro il Napoli), non aggancia il Napoli al primo posto in classifica e il tecnico Simone Inzaghi non cerca scuse: “Sconfitta meritata perché non abbiamo messo in campo nulla. Dovevano essere più veloci e stare più attenti”.

“C’erano già state avvisaglie nel primo tempo e nel secondo siamo addirittura peggiorati – é l’analisi senza sconti che il tecnico fa della partita – L’allenatore sono io e il responsabile sono io. La Fiorentina ha messo qualcosa in più di noi, complimenti a loro. Sapevamo che si sarebbero difesi e sono stati molto bravi, noi invece abbiamo fatto male”. Però chiede di “non fare drammi: non perdevamo da quattro mesi e mezzo, è la seconda sconfitta in campionato. Però si riparte da lunedì, nuovamente con la Fiorentina. Non abbiamo messo in campo le caratteristiche giuste. La Fiorentina ci ha creduto più noi, arrivava prima sui palloni. Dovremo analizzare la partita perché rallenta il nostro percorso”.

“Nelle ultime trasferte avevamo preso un gol, oggi ne abbiamo presi 3 in 73 minuti. Stasera non c’è nulla da salvare, ma sono convinto che questo gruppo non si fermerà davanti a questa sconfitta. Questa sconfitta ci fa male ma ci potrà servire – é l’auspicio di Inzaghi -. Non è il momento di fare tabelle e cercare il colpevole, è colpa di tutti. In primis la mia. Ma sono convinto che la squadra saprà reagire nel migliore dei modi”.

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Calcio: l’ex del Real Madrid Sergio Ramos giocherà in Messico

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Senza una squadra da quando ha lasciato il Siviglia, il difensore spagnolo Sergio Ramos, 38 anni, ha firmato un contratto di un anno con il Rayados de Monterrey, ha annunciato il club messicano. La leggenda del Real Madrid tornerà in campo dopo quasi un anno di inattività con la maglia numero 93, in riferimento al gol decisivo segnato nei minuti di recupero nella finale di Champions League del 2014 contro l’Atlético Madrid.

Determinato a proseguire la sua carriera, l’ex capitano della nazionale spagnola, secondo quanto riportato dalla stampa iberica, lo scorso anno ha rifiutato diverse offerte provenienti dall’Arabia Saudita per tornare al Siviglia FC, la squadra dove ha iniziato a giocare, in difficoltà economiche e sportive, 18 anni dopo la sua partenza. L’ex del PSG è considerato uno dei più grandi difensori della storia, con un palmares immenso (25 titoli, tra cui un Mondiale, 2 Campionati Europei, 4 Champions League, 5 Liga e 2 Ligue 1).

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