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Spettacoli

Justin Bieber con volto paralizzato, ho sindrome di Rasmay Hunt

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 “Ho la sindrome di Ramsay Hunt legata a un virus che attacca il nervo nel mio orecchio e i miei nervi facciali causando una paralisi del volto”. Lo annuncia Justin Bieber su Instagram allegando una sua foto con una meta’ del suo viso paralizzato. “Per coloro che sono frustrati dalle cancellazioni dei miei prossimi show, posso dire che non sono ovviamente in grado” di effettuare una performance, aggiunge Bieber. “Andra’ meglio, sto facendo molti esercizi per far tornare il mio viso alla normalita’ ci vorro’ del tempo”.

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Fedez ricoverato, dimissioni non sarebbero imminenti

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Fedez rimane ricoverato nel reparto di chirurgia del Fatebenefratelli di Milano e al momento non si fanno previsioni sulle sue dimissioni, che non sarebbero imminenti. Specie dopo il nuovo sanguinamento che si è verificato ieri. Per il rapper, secondo quanto trapela da fonti sanitarie, è stato necessario tornare in sala operatoria per una gastroscopia urgente dopo che lo scorso giovedì era già stato sottoposto a trasfusioni di sangue in seguito alla scoperta di due ulcere. Da quanto si è appreso, sarebbe stato necessario suturare in sala operatoria il tessuto e sottoporre il cantante, che è apparso debole e debilitato, ad una nuova trasfusione. Rimane comunque il riserbo sulle sue condizioni.

La comunicazione sulla salute di Fedez, infatti, è veicolata direttamente dalla sua famiglia e non sono previsti bollettini medici. Oggi il rapper ha nuovamente ricevuto le visite della moglie Chiara Ferragni e dei suoi genitori. La stessa Ferragni – sempre accanto a lui in ospedale nel reparto solventi – era tornata a Milano la scorsa settimana in fretta furia da Parigi a causa di “un’emergenza”. Due ulcere che avevano causato un’emorragia interna, come aveva spiegato lo stesso Fedez sui social sottolineando di stare “molto meglio” dopo le trasfusioni, con un ringraziamento per il personale medico che, a sua detta, gli aveva “letteralmente salvato la vita”.

L’artista nel marzo 2022 era stato operato al San Raffaele per un tumore al pancreas. Anche in quei giorni Ferragni era sempre rimasta accanto al rapper. Ieri, poi, il nuovo sanguinamento che fa slittare le dimissioni dall’ospedale che rimangono non prevedibili. Sui social, al netto delle polemiche sulla sua non partecipazione al programma ‘Belve’, sono tantissimi come sempre i messaggi di in bocca al lupo. “Io che sono sua fan dal 2013 sto male come se lo conoscessi, come se fosse un familiare” scrive una sua sostenitrice su X. “È davvero brutto – conclude un altro fan – aprire Instagram e non vedere le storie di Fedez”.

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In Evidenza

Caso Fedez a Belve? Nessuna censura Rai, solo un no ad una ospitata retribuita

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Caso Fedez in Rai. L’artista è ricoverato da giovedì al Fatebenefratelli di Milano dopo l’emorragia interna causata da due ulcere intestinali che ha molto allarmato visto il precedente tumore raro al pancreas di cui è stato operato nel marzo 2022. E ci resterà ancora per giorni per le cure del caso a cominciare dalle trasfusioni che come lui stesso ha detto “mi hanno salvato la vita”. Dunque probabilmente non avrebbe potuto accettare l’invito di Francesca Fagnani al programma di Rai2 Belve, quanto meno lo avrebbe dovuto rimandare. Ma il problema non si pone visto che la Rai ha comunque bloccato tutto. Cosa che ha non poco infastidito Fagnani che esplicitamente ha dichiarato di non condividere la linea e di sperare che ci si ripensi. Il ciclo di Belve è appena cominciato e martedi sera sarà la seconda delle cinque puntate previste. La Rai augura una pronta guarigione a Fedez, si apprende da fonti a Viale Mazzini, quanto alla partecipazione a Belve non l’ha ritenuta opportuna. Del resto su Instagram la giornalista aveva preso le distanze da questa imposizione, confermandola senza diplomazie.

“L’unica cosa che conta adesso è che Federico stia bene. Solo un chiarimento per quel che riguarda la notizia relativa alla partecipazione di Fedez a Belve: è vero che la dirigenza Rai non l’ha ritenuta opportuna. Non condivido questa decisione nè Belve del resto ha mai tolto voce a nessuno. Magari non finirà così”, ha scritto sperando in un happy end nelle prossime puntate ma che, a quanto risulta al momento, non è contemplato. Cosa impedirebbe la partecipazione del popolare personaggio al programma di interviste di Rai2? Perchè la Rai non lo vuole? In serata trapela da fonti di Viale Mazzini che l’ospitata al programma di intrattenimento sarebbe stata retribuita, mettendo in evidenza che non si sarebbe trattato di censura ma di scelta che non avrebbe a che vedere con la politica, che non si è minimamente interessata al caso se non per strumentalizzare la vicenda, dopo la pubblicazione del post della Fagnani. Cio’ nonostante, può essere utile spiegare qualche pregresso lontano e vicino. Nel 2021 una prima accesa polemica tra Fedez e la Rai per la sua partecipazione al Concertone del Primo Maggio. Su Instagram denunciava come il suo intervento veniva stato sottoposto ad approvazione, ma Rai e Rai3 smentirono “pressioni e censure”. Da settimane il rapper sosteneva il Ddl Zan, con continui battibecchi con la Lega e Salvini. Da Vasco Rossi a Ornella Vanoni incassò il sostegno dei colleghi, fatto è che nel 2022 non fu invitato affatto.

All’ultimo Sanremo il suo freestyle politicamente scorretto costrinse la Rai a dissociarsi – un affondo contro il governo, in particolare contro la ministra Roccella sull’aborto e contro il viceministro Bignami, di cui il rapper ha strappato la foto con l’uniforme nazista – senza dimenticare il bacio fluido con Rosa Chemical nella puntata finale (ma lì ad arrabbiarsi come è noto fu soprattutto la moglie Chiara Ferragni, un episodio da cui scaturì un crisi coniugale di cui si è molto ricamato nei mesi). Il diretto interessato Fedez dal reparto di ospedale, per ora tace poi chissà. Intanto va ad infoltire l’elenco non breve delle presenze inopportune in Rai: da Roberto Saviano, bloccato a luglio a programma Insider già registrato e nonostante decine di migliaia di firme e proteste a Filippo Facci che avrebbe dovuto condurre una striscia quotidiana, a Memo Remigi la cui partecipazione a Domenica in oggi a quanto si è appreso è saltata (era stato allontanato per le molestie in diretta a Jessica Molracchi) preferendogli un altro ritorno quello di Fabrizio Corona uscito dal carcere, per risalire via via a casi storici come quelli clamorosi dell’editto bulgaro di Silvio Berlusconi premier che nel 2002 invitò la Rai ad estromettere Biagi, Santoro e Daniele Luttazzi, a Beppe Grillo bannato per la battuta sui socialisti che rubano che fece infuriare Craxi (Fantastico 1986), alla bestemmia a Blitz nel 1984 che costò l’epurazione a Leopoldo Mastelloni per concludere con Dario Fo e Franca Rame censurati a Canzonissima 1962, i leggendari Tognazzi e Vianello bloccati nel 1959 per la parodia sulla caduta dalla sedia del presidente Gronchi.

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Cinema

Oscar, i migranti di Garrone contro Glazer e Wenders

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La buona notizia è che Io capitano di Matteo Garrone, premiato due volte a Venezia (e ieri al festival di San Sebastian come miglior film europeo per il pubblico), secondo l’autorevole sito di Variety è rientrato, in una delle prime previsioni tra i candidati favoriti alle nomination per l’Oscar al miglior film internazionale, al quinto posto e ora staziona saldamente al settimo. La cattiva notizia invece, ma non è certo una novità, è la grande qualità degli altri aspiranti che sono in ordine di classifica: The Zone of Interest (Gran Bretagna) di Jonathan Glazer, Perfect Days (Giappone) di Wim Wenders; The Teachers’ Lounge (Germania) di İlker Çatak e The Taste of Things (Francia) di Trần Anh Hùng.

Tutti pezzi da novanta e molti di loro già premiati all’ultimo Festival di Cannes. Comunque in questo poker di opere in corsa per gli Oscar e che si scontrerà con Io capitano firmato da Garrone, il più temibile è sicuramente il primo, ovvero The Zone of interest del regista inglese Jonathan Glazer, a cui è andato a Cannes il Grand Prix Speciale della Giuria, secondo premio per importanza. Si tratta di un film spiazzante che mette in scena un ossimoro: una famiglia come tante, felice nella sua villetta con piccola piscina e giardino pieno di fiori, ma con un problema non da poco: la casa confina con un muro, quello di Auschwitz, e siamo negli anni Quaranta, c’è tanto fumo e un rumore di fondo che non promette bene.

Idea geniale, tratta dall’omonimo romanzo di Martin Amis recentemente scomparso, che potrebbe piacere ad una Hollywood da sempre sensibile alle tematiche della Shoah. Anche per Perfect Days di Wim Wenders che batte bandiera giapponese, un film bellissimo di pura poesia, un premio a Cannes andato all’attore protagonista (Koji Yakusho) che lavora come addetto alle pulizie dei bagni a Tokyo, ma non è affatto triste. Un uomo metodico, con una vita quotidiana identica a sé stessa, divisa tra fotografie digitali di alberi, musica (usa ancora le musicassette d’epoca) e libri. E ancora premiato sulla Croisette per la miglior regia The Taste of Things (La Passion de Dodin Bouffant) di Trần Anh Hùng, film di cucina godibilissimo ambientato nella seconda metà dell’Ottocento tra pentole, esclusivamente di rame dove vediamo consumarsi l’amore tra Dodin Bouffant (Benoit Magimel) e la sua collega dal cuore femminista (Juliette Binoche).

Infine, The Teachers’ Lounge (Germania) di İlker Çatak, passato alla Berlinale, ma per ora privo di palmares, racconta un dramma scolastico, ovvero di uno studente, sospettato di furto, e di un’insegnante che ostinatamente decide di andare a fondo della questione fino alle estreme conseguenze. In fondo alla classifica dei possibili candidati agli Academy Awards anche la poesia di Aki Kaurismäki raccontata in Fallen Leaves che a Cannes ha ottenuto il premio della giuria. Dal regista una storia semplice semplice che ha conquistato tutti. Protagonisti un allampanato metalmeccanico, dal volto triste e sempre con il bicchiere in mano, e una commessa di supermercato a contratto, altrettanto depressa, i due si innamorano ma va tutto storto. Tra le new entry nelle previsioni di Variety La sociedad de la nieve film di chiusura quest’anno a Venezia, appena premiato anche a San Sebastian. Si tratta di un’opera ispirata alla tragedia aerea sulle Ande nel 1972.

Un fatto di cronaca che sconvolse negli anni Settanta l’opinione pubblica perché ruppe un terribile tabù, quello del cannibalismo. La domanda era: è giusto nutrirsi di un essere umano per sopravvivere? Allo schianto sopravvissero solo ventinove dei quarantacinque passeggeri, che si ritrovarono in uno degli ambienti più ostili al mondo e obbligati a ricorrere a misure estreme per poter restare in vita. Grande assente, ma giustificato, alla corsa agli Oscar, Green Border della regista polacca Agnieszka Holland, nonostante il premio speciale della giuria ricevuto a Venezia. Il film racconta, come quello di Garrone, storie di migrazione. Ed esattamente la sporca frontiera tra Polonia e Bielorussia mettendo l’accento sulla violenza sui migranti da parte delle guardie di confine polacche. Una cosa, quest’ultima, che ha fatto irritare ben due ministri di Varsavia: quello dell’Interno, Mariusz Kaminski e quello della Giustizia, Zbigniew Ziobro. Inevitabile così la sua esclusione: la Polonia gli ha preferito il più politicamente corretto The Peasants film d’animazione diretto da DK Welchman e Hugh Welchman, e ambientato nel mondo rurale di fine dell’Ottocento.

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