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Juncker e Gurria preoccupati per l’economia italiana: alcuni ministri sono bugiardi

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L’economia italiana “continua a regredire”, dice Jean Claude Juncker. La crescita sarà sotto zero, insiste Angel Gurria. Il presidente della commissione Ue e il segretario dell’Ocse portano a Palazzo Chigi e al Quirinale le loro “preoccupazioni” per lo stato dell’economia italiana. Juncker auspica “sforzi supplementari” per “mantenere in vita” la crescita. E attacca i ministri italiani: sono “bugiardi”. Il rallentamento era “previsto” e il governo ha gia’ preso le contromisure, assicura il premier Giuseppe Conte. “Siamo convintissimi delle nostre scelte”, afferma Matteo Salvini. Ma il clima nel governo e’ assai teso, a una settimana dall’atteso varo del Def che dovrebbe certificare una crescita in netto calo rispetto all’1% previsto. Il Pil tendenziale sara’ allo 0,1% ma sul dato programmatico, che sara’ stimato piu’ alto di qualche decimale per effetto del decreto crescita, già si litiga, in particolare tra M5s e il ministro Tria. In una dinamica che il Quirinale segue con qualche preoccupazione. Viene vissuto dai parlamentari di maggioranza quasi come un assedio, quello degli istituti internazionali. Gurria, dopo aver incontrato Conte, dice di non essere riuscito a far cambiare idea al premier: per l’Ocse la crescita italiana sara’ sotto lo zero, per l’Italia piu’ alta. Juncker e’ ben piu’ duro e, se concede una sponda sul supplemento di riflessione chiesto da Roma sulla Tav, sulla necessita’ di agire per evitare la stagnazione (o peggio) e’ ben piu’ netto. Lo dice a Conte e anche in conferenza stampa. Poi in un’intervista radiofonica si spinge oltre: “Alcuni ministri italiani sono bugiardi quando non rivelano i fondi europei dati all’Italia”, attacca il presidente uscente, cui i gialloverdi non hanno risparmiato affondi. Conte pero’ tiene il punto: la frenata, dice, era “prevista” in relazione al “rallentamento globale”. E aggiunge che sui conti pubblici “l’impalcatura non cambia”. Dice bene il premier, secondo Salvini, in veste moderata. In settimana, forse giovedi’, “confidiamo di approvare” – spiega Conte – il decreto crescita, in cui dovrebbero finire le norme per i risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie. Se si sommano quelle misure allo sblocca cantieri (ma il testo non e’ chiuso: M5s e Lega ancora litigano), ai 15 miliardi di investimenti previsti, alle deleghe sulla semplificazione e agli effetti previsti da quota 100 e reddito di cittadinanza, la crescita sara’ superiore a quella stimata dagli osservatori, assicura il premier, che in mattinata riunisce Tria, Moavero, Fraccaro e Giorgetti sull’export. Ma il percorso che portera’, attraverso il decreto crescita, al varo del Def, e’ tutt’altro che lineare. La tensione e’ altissima tra M5s e Giovanni Tria. La vicenda della consigliera del ministro, Claudia Bugno, che il M5s chiede di allontanare dallo staff del ministero, e’ solo – raccontano – la punta di un iceberg. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella starebbe seguendo con preoccupazione quello che emerge in questi giorni.

Jean Claude Junker

I partiti di maggioranza sono consapevoli che il capo dello Stato non vedrebbe di buon occhio la sostituzione del ministro dell’Economia. Rischia di essere destabilizzante per l’intero governo, concordano dalla Lega. E Salvini sostiene che l’ipotesi non esiste. Ma nel clima confuso della campagna elettorale, il timore del Colle e’ che si perda di vista il quadro complessivo. Il governo sta facendo quanto deve, assicura Conte. Ma al ritorno dalla sua visita in Qatar il premier si trovera’ a fronteggiare nuove grane. Lo scontro tra M5s e Tria emerge infatti anche nel pre-consiglio dei ministri, con i tecnici dei ministeri M5s che bloccano la bozza di decreto crescita presentata da via XX settembre perche’ non contiene alcune norme chieste da Luigi Di Maio. Per non parlare delle riunioni preparatorie del Def: i Cinque stelle vorrebbero il pil programmatico piu’ in alto di quanto stimato dai tecnici di Tria. E cosi’ l’asticella oscilla tra uno striminzito 0,3% e un ben piu’ ampio 0,6 o 0,7%. Anche la Lega vuole fissare l’asticella piu’ su, ma per ora si tiene prudente, nell’attesa di capire come evolve lo scontro M5s-Tria. La miccia e’ pronta a riesplodere giovedi’ al senato col voto delle mozioni sull’oro di Bankitalia: M5s caldeggia il parere positivo del governo, il Mef frena.

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Addio Luca Giurato, giornalista e conduttore col sorriso

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Luca Giurato ovvero la leggerezza e l’ironia al servizio del pubblico, la spontaneità e le gaffe che gli avevano fatto guadagnare anche una rubrica satirica in suo nome della Gialappa’s. Scompare oggi ad 84 anni e così lo ricordano tutti, a partire dai vertici Rai, per la sua grande popolarità che lo aveva portato a condurre alcuni tra i più seguiti programmi Rai, primo tra tutti Unomattina. Giornalista prima che conduttore, figlio di Giovanni, diplomatico siciliano che fu agente consolare in Uruguay. Ma la vena artistica della famiglia risaliva al nonno materno, ovvero il drammaturgo e regista Giovacchino Forzano. Nato a Roma il 23 dicembre del 1939, è scomparso improvvisamente oggi a Santa Marinella, dove si trovava con la moglie Daniela Vergara, anche lei giornalista televisiva.

A Roma aveva conseguito la maturità classica al liceo Virgilio e poi aveva iniziato la sua carriera giornalistica a Paese sera, per poi scrivere per La Stampa. Nel 1986 la nomina a direttore del Giornale radio di Radio Rai, per poi passare alla vicedirezione del Tg1 fino al 1990. Solo nel 1992 il salto: fu allora che passò davanti alla telecamera, in principio come conduttore di A tutta stampa, rassegna stampa all’interno del Tg1 notte. Poi l’anno successivo l’approdo a Domenica in, con Mara Venier, con lui opinionista a L’isola dei famosi nel 2008, che oggi lo saluta su Instagram: ”Ciao Luca, ti ho voluto tanto bene…per me un giorno molto triste”. Le fa eco anche Antonella Clerici (”Ciao Luca quante risate”), con cui fu a Unomattina, ma sino al 2008 al suo fianco si erano alternate anche Livia Azzariti, Paola Saluzzi e poi successivamente Monica Maggioni e Eleonora Daniele. Il giornalista dal sorriso contagioso nel 2004-2005 condusse Italia che vai insieme a Francesca Chillemi e Guido Barlozzetti il sabato pomeriggio su Rai 1.

Due anni fa la scomparsa del fratello Blasco, morto a Roma il 26 dicembre, direttore della fotografia. Nel 2017 l’ultima apparazione televisiva, quando decise dedicarsi solo alla vita privata. “La scomparsa di Luca Giurato addolora profondamente tutta l’azienda che si stringe affettuosamente alla moglie Daniela e a tutti i suoi cari, con un sentimento di profonda riconoscenza. Perché Luca Giurato è stato un giornalista che ha incarnato al meglio – basti ricordare Unomattina, ma non solo – l’essere volto e voce del servizio pubblico, entrando nelle case degli italiani quasi come uno ‘di famiglia’, con uno stile inconfondibile, sorridente e ‘accogliente’, accompagnato da altrettanto inconfondibili simpatia, leggerezza e ironia. Doti umane e professionali che restano patrimonio prezioso del servizio pubblico”. Così lo salutano a nome di tutta la Rai l’Ad e presidente Rai, Roberto Sergio, e il dg Giampaolo Rossi.

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Napoli, bimba bocciata alle elementari: Tar accoglie ricorso genitori

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Il Tribunale Amministrativo Regionale di Napoli, quarta sezione presieduta da Paolo Severini ha accolto il ricorso presentato dai genitori di una bambina di prima elementare di un stituto comprensivo di Napoli, annullando la bocciatura della loro figlia. Lo rende noto l’avvocato Claudio Ciotola che ha rappresentato la famiglia. La bambina era stata bocciata, riferisce il legale, a causa del suo scarso rendimento scolastico.

Secondo l’avvocato, la scuola avrebbe dovuto attivare misure di supporto personalizzate per l’alunna, volte a migliorare il suo rendimento scolastico, piuttosto che ricorrere a una decisione così drastica. L’avvocato Ciotola ha espresso soddisfazione per il risultato ottenuto, ribadendo “l’importanza di un approccio educativo inclusivo e attento alle esigenze di ogni singolo alunno, soprattutto nella scuola primaria, dove il percorso formativo dovrebbe essere improntato al sostegno e all’incoraggiamento, piuttosto che alla penalizzazione”.

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‘L’Iran ha fornito missili a Mosca’, sanzioni a Teheran

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L’ennesima “escalation” paventata da giorni dall’Occidente sullo sfondo dei conflitti che infiammano il mondo, dal fronte russo-ucraino al Medio Oriente, è già terreno di scontro concreto. Questa volta con al centro della bufera di nuovo l’Iran, accusato – dagli Usa in primis, dagli alleati europei a ruota – d’aver iniziato a fornire missili balistici a Mosca in barba a tutti i moniti sulle “conseguenze” che ne sarebbero potute derivare: conseguenze tradottesi ora in un ulteriore pacchetto di sanzioni. A formulare la denuncia contro la Repubblica Islamica è stato Anthony Blinken, segretario di Stato americano, a margine di un faccia a faccia al Foreign Office con il ministro degli Esteri britannico, David Lammy: momento saliente della sua prima missione bilaterale sull’isola dal passaggio di consegne a Downing Street due mesi orsono fra i conservatori e i laburisti di Keir Starmer (atteso a sua volta da Joe Biden alla Casa Bianca venerdì 13).

Missione servita ad appianare screzi – veri o presunti – innescati la settimana scorsa dalla decisione unilaterale del Regno di sospendere l’invio di una quota (simbolica) di armi dirette a Israele nel timore d’un loro utilizzo “in grave violazione del diritto internazionale” nella Striscia di Gaza palestinese; e per riallineare Londra e Washington, nel nome della storica “relazione speciale”, non solo sulla comune parola d’ordine del sostegno senza se e senza ma a Kiev, ma pure sul dosaggio degli avvertimenti indirizzati all’alleato israeliano dell’indocile Benyamin Netanyahu.

Unità d’intenti certificata dalla risposta – confezionata proprio a Londra – al nuovo guanto di sfida attribuito a Teheran. Blinken ha rotto gli indugi, con Lammy al fianco, sostenendo che gli Usa hanno ormai le prove di un salto di qualità nella cooperazione missilistica fra l’Iran e le forze di Vladimir Putin. Secondo l’accusa, decine di militari russi sarebbero già stati addestrati in territorio iraniano all’uso di razzi a medio-corto raggio Fatah-360 (120 chilometri di gittata). “Missili balistici”, ha detto il segretario di Stato, in parte trasferiti frattanto in Russia.

E che Mosca “intende probabilmente usare nel giro di alcune settimane contro gli ucraini”. “Noi avevamo ammonito in privato l’Iran che un passo del genere avrebbe costituito una drammatica escalation”, ha insistito quindi Blinken, rinfacciando alla nuova leadership iraniana di aver ripetutamente invocato una riapertura del dialogo, in particolare con l’Europa, per ottenere un alleggerimento delle sanzioni, ma di muoversi in realtà in tutt’altra direzione: “Con azioni destabilizzanti come queste, otterrà esattamente l’effetto opposto”, ha tagliato corto.

Detto fatto, ecco le nuove sanzioni. Estese da Washington anche alla compagna di bandiera Iran Air; e riprodotte a stretto giro in una dichiarazione congiunta da Regno Unito, Francia e Germania, gli altri tre Paesi occidentali coinvolti a suo tempo negli abortiti negoziati con Teheran sul nucleare civile. Nel loro comunicato, Londra, Parigi e Berlino hanno evocato in dettaglio misure punitive “immediate” con l’interruzione dei servizi aerei con l’Iran (la cancellazione dei voli passeggeri è stata confermata dalle autorità britanniche fin da queste ore), assieme a restrizioni aggiuntive contro individui e organizzazioni sia russe sia iraniane legate al complesso militar-industriale, nonché contro il business delle navi cargo di Mosca sospettate di partecipare al trasporto di componenti missilistiche.

“La fornitura iraniana di missili balistici alla Russia alimenta l’invasione illegale dell’Ucraina e il barbaro attacco a una democrazia sovrana, noi eravamo stati chiari che avrebbe avuto una risposta significativa”, ha riecheggiato da parte sua Lammy. Non senza ribadire il ruolo in prima fila del Regno fra “i partner” Nato – anche sotto il nuovo governo succeduto alle compagini Tory di Rishi Sunak o di Boris Johnson (amico numero uno di Volodymyr Zelensky) – per assicurare a Kiev tutto il sostegno necessario “whatever it takes”. Un impegno che il neo-inquilino del Foreign Office si prepara a testimoniare in una rara missione in tandem con Blinken in Ucraina annunciata oggi: qualcosa d’inedito “da ben oltre un decennio” da parte dei capi delle diplomazie dei “due alleati più stretti di tutti”.

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