Collegati con noi

Esteri

Italiani scappati da Beirut in guerra: molta paura ma ora felici di essere qui

Pubblicato

del

Volti stanchi, tirati. Nei racconti la paura vissuta negli ultimi giorni, le esplosioni udite ma anche il sollievo di essere, ora, al sicuro in Italia. L’incognita di quando poter tornare nel Paese dove vivono e dove hanno lasciato familiari, colleghi ed amici. E’ lo stato d’animo raccolto all’aeroporto di Fiumicino tra alcuni dei 178 connazionali, molti dei quali con doppio passaporto italiano e libanese, arrivati con il volo charter da Beirut organizzato con il sostegno del Ministero degli Affari esteri ed atterrato all’1:15. Allo scalo romano l’abbraccio, tra commozione e gioia, con dei familiari giunti ad accoglierli.

“La situazione sta peggiorando e siamo preoccupati per le persone che conosciamo che sono rimaste in Libano – è la testimonianza di una giovane operatrice di una ong italiana -. Sono rientrata con due colleghe. Spero che la situazione possa migliorare presto, ma non penso succederà. Spero si possa fermare tutto questo e di poter tornare presto lì”. “Abbiamo deciso ieri di venire in Italia dopo che l’Ambasciata ci ha contattati dicendoci che era a disposizione questo charter – il racconto di un italo libanese, arrivato con la moglie -. Il quadro è assai complicato in Libano ed a questo punto abbiamo valutato che era meglio essere al sicuro in Italia e vedere poi il da farsi, a seconda dall’evolversi della situazione. L’ambasciatore italiano a Beirut ha fatto un lavoro meraviglioso. Ora siamo felici di essere in Italia”. Ed ancora le parole di un altro connazionale: “Dopo l’escalation degli ultimi giorni abbiamo deciso di tornare in Italia: i bombardamenti, dopo le province meridionali, sono arrivati a Beirut. Abbiamo avuto paura. Le esplosioni si sono sentite in tutta la città. Pur stando noi in quartieri tendenzialmente sicuri era impossibile non udirle. Due giorni fa ci hanno comunicato dell’opportunità di questo volo, poi confermato ieri sera: abbiamo deciso di partire. La cosa più triste è soprattutto stata quella di lasciare indietro, in Libano, chi non è fortunato come noi, colleghi, amici libanesi, e salire su questo volo. Abbiamo lasciato dietro molta tristezza per un Paese al collasso, sotto le bombe. Non sappiamo ora quando potremmo tornare a casa in Libano: è tutto molto triste, si sappia che il Paese sta vivendo giornate difficili, terribili”. “Nessuno pensava che i bombardamenti arrivassero sino al centro di Beirut: alcuni missili sono caduti a due km dalla mia abitazione che ha tremato tutta”, la testimonianza di un altro italiano.

“Il Governo italiano ha compiuto un buon lavoro per assisterci e consentire il nostro arrivo in Italia. Quando la situazione è peggiorata anche a Beirut città, per via dei bombardamenti, abbiamo deciso di venire in Italia. L’Ambasciata è stata subito attiva, disponibile, ci ha contattato, tutto è stato veloce ed in 24 ore ha organizzato questo viaggio. Ho dei familiari a Padova ed ora vedremo come andranno le cose”, le parole di un cittadino con doppio passaporto italo libanese.

“Ho colto l’opportunità di poter tornare in Italia. L’ambasciatore ci ha sempre assistito, è stato sempre con noi. Certo, in Libano la situazione è difficile. Ci vuole una decisione politica per trovare una soluzione”, un’altra testimonianza. Infine, una giovane italo-libanese arrivata con i genitori: “Ci hanno contattato due giorni fa per il volo. Ci siamo organizzati ed abbiamo deciso di partire. La paura è stata tanta, siamo traumatizzati, non ho parole. Abitavamo nella zona sud del Libano, abbiamo sentito le esplosioni. Abbiamo fatto 15 ore in auto per arrivare a Beirut e sono stati giorni di grande tensione e stanchezza”.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Giudice sospende caso contro Trump per assalto al Capitol

Pubblicato

del

Tanya Chutkan, la giudice che supervisiona il caso contro Donald Trump per l’assalto al Capitol, ha accolto la richiesta del procuratore speciale Jack Smith di sospendere le procedure in corso e ha annullato tutte le scadenze pendenti nella fase pre-processuale. Un passo legato alla consolidata prassi del Dipartimento di Giustizia secondo cui un presidente in carica non può essere perseguito.

Continua a leggere

Esteri

Discussioni al Pentagono su come reagire a ordini illegali Trump

Pubblicato

del

Dirigenti del Pentagono stanno tenendo discussioni informali su cosa fare se Donald Trump dovesse dare un ordine illegale, come ad esempio dispiegare l’esercito internamente, e si stanno preparando all’eventualità che possa modificare le regole per poter licenziare numerosi funzionari pubblici di carriera. Lo riferisce la Cnn. Durante la campagna elettorale, Trump ha ventilato l’ipotesi di impiegare l’esercito contro i suoi nemici politici e anche per respingere i migranti al confine col Messico. La legge americana generalmente vieta l’impiego delle truppe attive per scopi di ordine pubblico. Esistono anche timori che possa smantellare il ruolo dei civili nel Pentagono e sostituire il personale licenziato con dipendenti scelti per la loro lealtà nei suoi confronti.

Continua a leggere

Esteri

Il futuro di Harris dopo la sconfitta

Pubblicato

del

Kamala Harris non pensa ancora al futuro. La ferita della sconfitta è ancora troppo fresca per consentirle di guardare avanti con lucidità. Ipotizzare la strada che intraprenderà, riferiscono amici e consiglieri, è prematuro ma la vicepresidente potrebbe avere varie opzioni fra cui scegliere una volta che i tempi saranno maturi. La possibilità che resti in politica è la più remota. Al momento anche solo pensare a una sua ricandidatura alle elezioni del 2028 appare un miraggio, considerata la facilità con cui Donald Trump ha vinto. Ma quattro anni in politica sono un’eternità e Harris ha accesso a una vasta rete di donatori che, se il mandato del presidente-eletto dovesse essere caotico, forse potrebbe sostenerla ancora nel cercare di realizzare il sogno di infrangere il soffitto di cristallo. Harris difficilmente – riporta il New York Times – potrebbe decidere di ricandidarsi per il Senato: i due senatori che rappresenteranno la California sono appena stati eletti ed è improbabile che lascino a breve. Nel suo stato Harris potrebbe aspirare a diventare governatrice, raccogliendo l’eredità di Gavin Newsom qualora decidesse, come si vocifera da tempo, di scendere in campo nel 2028.

Fra gli incarichi istituzionali c’è chi sogna che Joe Biden la nomini alla Corte Suprema prima del suo addio alla Casa Bianca. Un’ipotesi irrealizzabile visto che i democratici dovrebbero prima convincere la giudice Sonya Sotomayor a lasciare e poi premere sull’acceleratore per confermare Harris prima del 20 gennaio. Le ipotesi che, al momento, sono le più accreditate fra i sui alleati sono il settore privato, anche nei panni di lobbista, o l’ingresso in un think tank dove avrebbe la possibilità di portare avanti le sue cause senza le restrizioni imposte dal ruolo di vicepresidente di Biden. Harris potrebbe optare anche per scrivere un libro, sulla scia di quanto fatto da Hillary Clinton nel 2016 dopo la sconfitta contro Donald Trump. Quello che appare certo è che la vicepresidente, trascorsi questi ultimi 70 giorni alla Casa Bianca, si prenderà del tempo per sé stessa e per riflettere sulle sue prossime mosse fra passeggiate e cibo non consumato in aereo. Poco prima del voto, per l’esattezza il 27 ottobre, Harris aveva infatti chiarito che fra i suoi piani post-elezioni ci sarebbe stato “ingrassare qualche chilo”. “Mi stanno consumando”, aveva scherzato ignara di quello che l’avrebbe attesa solo qualche giorno dopo.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto