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Italiani passano online oltre 30 anni della loro vita

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Gli italiani trascorrono online in media, 30 anni, 5 mesi e 19 giorni della loro vita. Si tratta di più di un terzo rispetto all’aspettativa di vita media, che nel nostro Paese è di 82 anni. In pratica restano connessi ogni settimana 61 ore, quasi tre giorni. Un terzo di questo tempo è dedicato al lavoro, la parte restante a varie attività online, fra le quali spicca lil tempo speso sulle piattaforme di streaming tv. E’ il risultato di una indagine condotta dal servizio di rete virtuale NordVpn, su un campione tra i 18 e i 64 anni. A livello mondiale di questa particolare classifica siamo sesti: ci superano Taiwan, Corea, Messico, Brasile e Hong Kong al top, si passano online in media oltre 44 anni di vita. Dopo di noi ci sono Portogallo , Spagna, Francia e Australia. Per gli italiani essere connessi 61 ore a settimana, si traduce in 132 giorni all’anno e, appunto, 30 anni e mezzo di vita. Di queste ore quasi 21 sono dedicate al lavoro e più di 40 a varie attività online. La maggior parte del tempo settimanale degli italiani, equivalente a 7 ore e 44 minuti, viene però speso sulle piattaforme di streaming tv, tra cui Netflix, Disney+ e Prime Video. 7 ore e 14 minuti è invece il monte ore destinato ai social media come Facebook, Instagram e TikTok. Altre 4 ore e 44 minuti a settimana sono dedicate alla visione di video, ad esempio su YouTube, mentre 4 ore e 38 minuti sono passate ad ascoltare musica su Spotify, Apple Music, SoundCloud e piattaforme simili. Oltre a ciò, 3 ore e 16 minuti a settimana sono per la ricerca, 2 ore e 26 minuti per l’e-commerce e altre 2 ore e 13 minuti per servizi amministrativi e di online banking. Spendere così tanto tempo online aumenta anche il rischio di cadere vittima di frodi informatiche, soprattutto nell’arco temporale dei trent’anni. Secondo l’indagine, è superiore all’80% il numero deglii utenti italiani che forniscono online nome e cognome, seguito dalla data di nascita (77%), indirizzi completi (63%), titoli professionali (42%), codici fiscali (38%) e situazione sentimentale (22%). Inoltre, un italiano su cinque ha rivelato pubblicamente la propria taglia di abbigliamento (21%) e le coordinate bancarie (19%). Alla domanda “a cosa rinunceresti in cambio della cancellazione definitiva delle tue informazioni personali da internet”, gli italiani hanno risposto: videogiochi (28%), alcolici (27%) o dolci (17%). “Oggigiorno, gran parte della nostra vita può essere condotta online, dall’effettuare pagamenti all’intrattenersi con programmi tv e giochi. Ed è per questo che dovremmo prestare particolare attenzione alle minacce informatiche online” afferma Daniel Markuson, esperto di privacy digitale di NordVPN. (AN

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Neuralink di Elon Musk raccoglie 43 milioni di dollari

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Neuralink, la società fondata da Elon Musk che sviluppa chip impiantabili in grado di leggere le onde cerebrali, ha raccolto ulteriori 43 milioni di dollari di nuovi investimenti. Lo riporta il sito TechCrunch, basandosi su un documento depositato presso la Sec, l’ente federale statunitense che vigila sulla Borsa. Il documento mostra che la nuova iniezione di capitale è arrivata pochi mesi dopo un’altra operazione da 280 milioni di dollari guidata dal Founders Fund di Peter Thiel, uno dei nomi più iconici della Silicon Valley. Secondo il sito, Neuralink ora sarebbe valutata circa 5 miliardi di dollari.

Fondata nel 2016, Neuralink ha ideato un dispositivo in grado di impiantare fili ultrasottili all’interno del cervello. I fili si collegano a un chip progettato su misura contenente elettrodi in grado di leggere informazioni da gruppi di neuroni. Dopo sperimentazioni su animali e dopo diversi dinieghi, a maggio la società di Elon Musk ha ricevuto l’approvazione della Fda per gli studi clinici sull’uomo e ha aperto al reclutamento. Sta cercando un volontario per il suo primo test clinico: un adulto con meno di 40 anni e con i quattro arti paralizzati.

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IA sul lavoro, favorevole il 72% delle aziende italiane

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Il 72% dei leader aziendali in Italia afferma che l’IA generativa sarà vantaggiosa per i dipendenti. È quanto emerge dalla nuova indagine di LinkedIn condotta su oltre 1.000 manager in sei paesi europei. Gli italiani ritengono che l’eliminazione di attività noiose e ripetitive (49%), l’aumento della produttività (45%) e la maggiore disponibilità di tempo da dedicare al pensiero creativo (40%) rappresentino i maggiori benefici che l’IA generativa porterà ai dipendenti. Oltre un terzo (34%) ritiene inoltre che l’ascesa della tecnologia creerà nuovi ruoli all’interno della propria organizzazione.

I dati dell’ultimo report Future of Work: AI at Work di LinkedIn mostrano che l’IA sta già ridisegnando il mondo del lavoro, con le imprese che cercano di massimizzare il potenziale della tecnologia. Le posizioni di “Head of AI” sono triplicate a livello globale negli ultimi cinque anni e, in Italia, gli annunci di lavoro che menzionano l’IA sono quasi quintuplicati (4,7 volte) negli ultimi due anni.

A livello europeo, sono i manager in Germania i più ottimisti sull’IA (93%), seguiti da Regno Unito (81%) e Francia (80%). Nuovi dati diffusi dal Work Trend Index di Microsoft confermano il guadagno in termini di produttività derivante dagli strumenti di IA generativa come Microsoft Copilot. Il 77% tra i primi utenti che hanno provato il nuovo chatbot per Microsoft 365 per svolgere il proprio lavoro ha dichiarato di non volervi più rinunciare. LinkedIn prevede che le competenze richieste ai lavoratori cambieranno almeno del 65% entro il 2030, accelerate dai rapidi sviluppi dell’intelligenza artificiale. “Un futuro all’insegna dell’intelligenza artificiale è possibile, ma sarà fondamentale che i leader aziendali in tutto il mondo comprendano come preparare la forza lavoro” ha sottolineato in una nota ufficiale Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia.

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Tecnologia

Negoziato in salita sulle regole Ue per l’IA

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Bruxelles si preparava a brindare al via libera dell’AI Act, la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale, ma i festeggiamenti rischiano ora di slittare al nuovo anno. A mettere i bastoni tra le ruote di un negoziato già complesso, ci hanno pensato Italia, Francia e Germania che in un documento hanno espresso la propria contrarietà a introdurre nel provvedimento delle “norme non testate” sui modelli più performanti dell’IA come GPT-4, alla base del chatbot ChatGPT. Sul punto, uno dei più spinosi delle trattative che vedono coinvolte le istituzioni europee, i tre big dell’Ue suggeriscono di scegliere la via dell’autoregolamentazione attraverso codici di condotta per gli sviluppatori di IA.

E questo per non gravare le imprese di eccessivi oneri amministrativi che soffocherebbero l’innovazione in un settore cruciale per il futuro. Un tema caro soprattutto al presidente francese, Emmanuel Macron, che nei giorni scorsi aveva esortato a elaborare una “regolamentazione non punitiva per preservare l’innovazione”. Nella ricerca di un delicato equilibrio tra progresso e tutela dei diritti umani, spetta al Parlamento europeo puntare i piedi. “Non siamo disposti ad accettare autoregolamentazioni light per i modelli più potenti” spiega Brando Benifei, capodelegazione degli eurodeputati Pd al Parlamento Europeo e relatore dell’AI Act, aprendo, tuttavia, alla possibilità di limitare il campo di applicazione di questa specifica regolamentazione a modelli a uso generale. I codici di condotta non sono sufficienti, basti pensare, spiega Benifei, alla vicenda di OpenAI che “ha mostrato tutta l’instabilità anche della governance delle imprese sviluppatrici di modelli potenti, che comportano cioè un rischio sistemico”.

Imperativo quindi introdurre “obblighi chiari” e “sanzionabili”, dice ancora l’eurodeputato dem ricordando che nella proposta di Roma, Parigi e Berlino “non c’è nessun incentivo a rispettare le regole auto-attribuite”. Ma a minare il campo verso la chiusura del dossier c’è anche la questione dell’uso degli strumenti di IA nell’ambito della sicurezza nazionale, su cui gli Stati dell’Ue chiedono delle ampie deroghe rispetto all’impostazione più restrittiva del Parlamento. La conclusione dell’accordo sull’AI Act, attesa per il 6 dicembre, dipenderà, per Benifei, dallo “sforzo che farà il Consiglio di trovare un punto di caduta sufficientemente ambizioso”.

Fino al via libera e all’attuazione della legge sull’IA, gli Stati non se ne staranno però con le mani in mano. Un segnale in questo senso arriva dal Garante per la protezione dei dati personali che ha avviato un’indagine conoscitiva su siti internet pubblici e privati per verificare l’adozione di misure di sicurezza adeguate ad impedire la raccolta massiva di dati personali, nota come webscraping, per l’addestramento degli algoritmi di IA da parte di soggetti terzi. A seguito dell’indagine conoscitiva, l’Autorità potrà adottare i necessari provvedimenti, anche in via d’urgenza.

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