Collegati con noi

Cinema

Italian Movie Award, il cinema italiano di qualità premiato a New York

Pubblicato

del

Lui scrive sui suoi profili social “cronaca di un successo sognato, voluto, sudato”. Ma non annunciato. Da persona umile come solo chi è un bravo professionista sa essere, divide anche il successo con un “grazie al mio amico e compagno di palco da 10 anni”. Si riferisce a Luca Abete, eccellente inviato di Striscia la Notizia, ma anche da dieci anni a questa parte conduttore di edizioni di grande successo dell’Italian Movie Award. Un festival che quest’anno, dopo l’edizione italiana, celebrata sempre nella splendida cornice di Pompei, è sbarcata a New York.

La cornice dell’edizione newyorkese del festival è stata Manhattan, nel Paley Center for Media. La conduzione sul palco del teatro è stata tanto una novità quanto una apprezzabile certezza dal punto di vista dei tempi e della capacità professionale: Luca Abete e Diana Del Bufalo che mai avevano lavorato assieme sembravano una coppia affiatata da anni di collaborazione artistica. Sono riusciti a tenere botta ad un teatro pieno che ha assistito alle premiazioni di  Paolo Genovese, Salvatore Esposito, Francesca Chillemi. Hanno saputo tenere alta l’attenzione ad un incontro/intervista/confessione con il regista Paolo Genovese.  Hanno premiato l’attore del film “Sulla Mia Pelle” Alessandro Borghi. L’intera  manifestazione a New York ha ottenuto,  certamente per l’interesse artistico, una copertura mediatica di un partner importante come Mediaset, che aveva sul posto tre canali del bouquet dell’azienda del Biscione: Mediaset Iris, Mediaset Italia e Mediaset Extra. Copertura integrale dell’evento che sarà trasmesso più volte anche nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Soddisfatto del successo Carlo Fumo, regista, anima e motore dell’IMA. Come ama ripetere non c’è un segreto del successo.

“Si tratta di lavorare, fare sacrifici e puntare al massimo della qualità nell’offerta del cinema.  La questione – spiega Fumo – è provare a capire dove va il cinema, quali sono i filoni emergenti, gli attori che si affermeranno per la loro bravura, i registi che avranno successo, come si muove l’industria della produzione e della distribuzione sia sul piccolo che sul grande schermo. All’Italian Movie Award abbiamo sempre privilegiato le idee, i ragionamenti. Abbiamo sempre provato a capire che cosa ci riserva il futuro e ad offrire contributi al mondo del cinema trattando temi importanti e difficili ogni anno. Abbiamo affrontato la quesitone “Ambiente” (quando nessuno ne parlava), discusso delle “Radici” (quando tutti annegavano le identità culturali nella globalizzazione selvaggia), ora puntiamo a capire il “Futuro” nella prossima edizione. Il cinema racconta il mondo che ci circonda e spesso, per fortuna, anticipa anche eventi epocali. Ecco – ragiona Carlo Fumo da New York, una città che è nel futuro – sono curioso di capire che cosa saremo capaci di offrire su questo tema alla prossima edizione di Pompei, che cosa porteremo a New York l’anno prossimo. Il bello è proprio questo. Anche io non so che cosa saremo capaci di fare. Perchè Italian Movie Award è il frutto del lavoro di una bella squadra in cui tutti siamo molto giovani” dice con un sorriso che è tutto un programma, che fa capire l’affiatamento con chi lavora per un anno intero al festival.

Unico rammarico per l’edizione americana dell’IMA è stato l’assoluto disinteresse, la mancanza di qualunque sostegno (non solo o non soltanto economico) da parte delle istituzioni italiane negli Usa. Assenti benché invitati Ambasciata, Consolato, Istituto di cultura e anche le aziende private, i marchi italiani più importanti, quelli che contano negli States. Un peccato perchè all’estero tra connazionali un minimo di solidarietà, anche umana, non guasta mai. Solidarietà e non solo che invece l’Italian Movie Award ha ricevuto a piene mani dal presidente onorario, il professor Antonio Giordano, e dalla Shro, istituzione scientifica nel campo della ricerca oncologica americana fondata da italiani che l’oncologo dirige. Però, l’anno prossimo il festival torna a New York e chissà, ci sarà tempo per le istituzioni e le aziende italiane di recuperare. L’Italian Movie Award, tra le sue peculiarità, ne ha una di cui mena vanto: tutto quello che è stato fatto nei primi dieci anni di vita non ha goduto del contributo pubblico nemmeno per un centesimo di euro. Tutto autofinanziato. E questo forse è il premio che si può assegnare a Italian Movie Award, che di norma i premi li dà.

Advertisement

Cinema

Superman domina il box office: 220 milioni al debutto mondiale

Il nuovo film Superman con David Corenswet debutta con 220 milioni di dollari al box office globale, terzo miglior esordio dell’anno. Seguono Jurassic World Rebirth e F1 con Brad Pitt.

Pubblicato

del

Esordio da supereroe per Superman, il nuovo capitolo cinematografico sull’Uomo d’Acciaio interpretato da David Corenswet, che ha incassato circa 220 milioni di dollari nel suo primo weekend di programmazione mondiale. Di questi, 122 milioni provengono da Stati Uniti e Canada, confermando l’ottimo appeal del personaggio anche nella sua nuova versione.

Terzo miglior debutto dell’anno

Il film diretto da James Gunn si piazza al terzo posto tra i migliori debutti globali del 2025, subito dopo A Minecraft Movie e il live action Lilo & Stitch. La nuova incarnazione dell’eroe kryptoniano è stata accolta con entusiasmo da pubblico e critica, segno che il rilancio dell’universo DC può puntare in alto.

Gli altri film in classifica

Al secondo posto del box office nordamericano c’è Jurassic World Rebirth, che continua a macinare incassi dopo il boom del weekend precedente. Con la presenza di Scarlett Johansson, il film ha già raggiunto 529 milioni di dollari a livello globale, dando nuova linfa alla longeva saga dei dinosauri.

Terza posizione per F1, il film che vede Brad Pitt nei panni di un ex pilota di Formula 1 alle prese con una nuova sfida su pista. Un prodotto pensato per appassionati e amanti del cinema d’azione.

Successi animati per i più piccoli

Completano la top five due pellicole dedicate alle famiglie: il reboot di Dragon Trainer, che riporta sul grande schermo le avventure del giovane vichingo e del drago Sdentato, e Elio, il nuovo film targato Disney Pixar, che continua a confermare la forza dell’animazione americana nel conquistare il cuore di grandi e piccoli.


Continua a leggere

Cinema

Carlo Verdone, 45 anni dopo Un sacco bello: «Leo, il bullo e quel calcio di Leone»

Carlo Verdone racconta al Corriere della Sera il suo debutto con Un sacco bello, il legame con Sergio Leone e i personaggi che hanno segnato il suo cinema.

Pubblicato

del

sas   aCarlo Verdone non aveva ancora trent’anni quando nel 1980 debuttava al cinema con Un sacco bello. Era convinto che la sua carriera sarebbe durata cinque, sei anni al massimo. Invece ne sono passati 45, e il film è diventato un classico, restaurato dalla Cineteca di Bologna e proiettato in piazza Maggiore davanti a migliaia di spettatori.

L’emozione del restauro e l’Italia che non c’è più

«Questo restauro è un regalo enorme», racconta Verdone. «È un film semplice, ma pieno di anima, di verità e anche di solitudine. Rappresenta un’Italia che non esiste più». Oggi, dice, non ci sarebbe spazio per quel candore ingenuo di Leo o per la mitomania inoffensiva del bullo: «Oggi avrebbe tatuaggi e non andrebbe in Polonia, anche perché la Polonia forse è messa meglio di noi».

L’inizio con Sergio Leone e la sfida della regia

Il grande produttore Sergio Leone fu determinante. «Mi fece affiancare da due grandi sceneggiatori, Benvenuti e De Bernardi, e mi disse: “Lo devi girare tu”». Leone gli impose tre mesi di convivenza: «Cinque ore al giorno a casa sua, voleva insegnarmi il cinema».

Tra le sue lezioni? «I dubbi si devono avere prima di girare, non sul set. E guai a mostrare incertezze alla troupe». Una volta gli diede anche un vero calcio: «Avevo il portafoglio in tasca, si fece male lui».

Il giorno prima delle riprese e la passeggiata notturna

La notte prima di iniziare, Leone suonò al citofono: «Sapeva che non riuscivo a dormire, mi portò a passeggiare da ponte Sisto a ponte Garibaldi. Mi raccontava storie di usurai, ladri, omicidi… Mi distrasse così». Anche la mattina dopo, c’era ancora lui.

Un set senza permessi, energia pura e personaggi nuovi

Verdone non aveva roulotte, si cambiava dietro i cespugli. «Eravamo senza permessi, bloccavamo i bus, ma avevo un’energia incredibile». Il film costò solo 300 milioni di lire, ma fu un successo.

La critica lo accolse bene, e Verdone fu percepito come un autore che portava qualcosa di nuovo. «Venivamo da commedie in cui la donna era solo oggetto di desiderio. Nei miei personaggi, invece, era lei ad avere energia».

L’eredità dei personaggi e la società che cambia

A Leo, dice, vuole un affetto particolare: «Il suo candore mi commuove, anche se a fare il bullo mi divertivo di più». E oggi? «Mi fermo a parlare col benzinaio del Bangladesh o la signora della tintoria algerina. Anche loro mi citano le battute dei miei film».

Marisol e un’amicizia che continua

Anche con Veronica Miriel, la “Marisol” di Un sacco bello, i contatti sono rimasti: «Vive a Marbella, ha vissuto tra Perù e le Ande, dipinge. È una bella signora solare e positiva. Ci scriviamo spesso».

Continua a leggere

Cinema

Ecco il Superman ‘immigrato’, alieno e super buono

Pubblicato

del

“Era già tutto previsto”, come dice la canzone di Riccardo Cocciante, ovvero che il Superman di James Gunn, in sala da domani distribuito da Warner Bros. Pictures., sarebbe stato il racconto di un inedito superhero, molto empatico, estremamente gentile e con un’innata fiducia nella bontà degli uomini. Tanto che c’è stato già chi aveva parlato, rompendo l’embargo che proteggeva il film, di un Superman campione di Superwoke, certamente non amato da Donald Trump. Di fatto l’uomo d’acciaio di Gunn è forse davvero troppo perdente per gran parte del film e solo alla fine si riscatta, ma non troppo. Coinvolto in conflitti all’estero e in patria, le azioni di Superman (David Corenswet) per proteggere l’umanità vengono infatti a un certo punto messe in discussione e la sua vulnerabilità permetterà al miliardario della tecnologia e maestro dell’inganno Lex Luthor (Nicholas Hoult) di sfruttare l’opportunità per eliminarlo una volta per tutte.

Tra le accuse al supereroe intanto il fatto che è un alieno, comunque un immigrato, e ancora peggio che la sua mission sulla terra non è affatto quella di servire l’umanità. Dalla sua parte c’è però l’intrepida reporter del Daily Planet, Lois Lane (Rachel Brosnahan), con la quale condivide il lavoro, e l’aiuto di altri metaumani di Metropolis, esattamente il trio della Justice Gang e del compagno a quattro zampe, l’incontenibile Krypto. Perché tutta questa bonarietà in Superman? Le ragioni le spiega nelle sue note lo stesso Gunn: “Mi sono innamorato del personaggio di ‘All-Star Superman’ (miniserie a fumetti di Grant Morrison del 2005) . Per me ha mostrato, meglio di altri, come Superman era un tipo bonario, con la mascella in fuori, sempre pronto a fare la cosa giusta, entusiasta, incredibilmente puro”.

E ancora il regista che dal 1º novembre 2022 è anche co-presidente, co-amministratore e direttore creativo dei DC Studios: ” Ho adorato la bontà che Grant Morrison ha attribuito a questo personaggio che per me è stata di grande ispirazione ed è diventato il fondamento del Superman di questo film. L’ho reso così meno potente, incapace di far tornare indietro il mondo nel tempo e non prende a pugni i pianeti. Certo è molto forte, può sollevare un grattacielo, ma non è completamente invulnerabile. All’inizio del film vediamo un Superman che sanguina. Quando ho immaginato questa scena, ho pensato: ‘Come siamo arrivati ;;a questo punto?’. Va detto che il film che mette in campo, insieme ai molti cattivi, anche la cattiveria dei social e la guerra virtuale dei droni e ambientazioni dark, ha dietro la macchina da presa appunto Gunn affiancato da collaboratori abituali, tra cui il direttore della fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, insieme al compositore David Fleming e ai montatori William Hoy e Craig Alpert. Budget del film circa 250 milioni di produzione e poco meno di 400 milioni di dollari compreso il marketing.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto