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Cultura

Italia protagonista al Festival del Libro di Parigi

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Francia e Italia nuovamente unite nel nome della cultura: si è ufficialmente aperto al Grand Palais Ephémère di Parigi, il Festival du Livre de Paris, con l’Italia ospite d’onore fino a domenica ed un ricco cartellone di incontri ed eventi cui partecipano oltre 50 autori del Belpaese. “Sono estremamente felice di essere qui perché sono un convinto assertore della civiltà del libro e del valore dei libri”, ha dichiarato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, inaugurando il Padiglione Italia al fianco del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, l’assessore alla Cultura del comune di Roma, Miguel Gotor, il presidente dell’associazione italiana editori Ricardo Franco Levi e l’ambasciatrice d’Italia in Francia, Emanuela D’Alessandro.

Salutando il pubblico parigino, prima del taglio del nastro tricolore, Sangiuliano ha ricordatovi l’odierna intervista al Corriere della Sera del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per un nuovo ‘Rinascimento europeo’ che parta proprio dalla Cultura. “Mattarella dice che i libri sono veicolo di conoscenza: sono assolutamente d’accordo con questa visione”, ha detto il ministro alla sua seconda trasferta a Parigi in pochi mesi, tornando ad omaggiare, come già fatto al suo arrivo ieri, grandi autori della letteratura d’Oltralpe: Chateaubriand, Balzac, De Maistre, “l’immenso Flaubert”, Victor Hugo ma anche Jean-Paul Sartre, “un autore nel quale ho rinvenuto ragionamenti molto interessanti”, ha puntualizzato.

Allestito nella parte più luminosa e spettacolare del Grand Palais Ephémère, con vista mozzafiato sulla Tour Eiffel, il Padiglione Italia è delimitato da grandi arcate bianche che richiamano le forme del Palazzo della Civiltà italiana all’Eur (il cosiddetto Colosseo quadrato). Sulla scena centrale, che fino a dopodomani ospiterà incontri e dibattiti, una coloratissima riproduzione della Scalinata di Trinità dei Monti, allestita proprio nell’asse della Dama di Ferro. Come se due monumenti così simbolici di Parigi e Roma potessero guardarsi e parlarsi. “Non eravamo e non siamo mai stati un governo fascista”: ha detto Sgarbi nell’intervento dinanzi al pubblico seguito a quello di Sangiuliano.

Il sottosegretario alla Cultura ha ricordato l’episodio di 21 anni fa, nel marzo 2002, quando l’Italia – anche all’epoca ospite d’onore a Parigi – si ritirò dal Salon du Livre in seguito alle contestazioni contro il governo Berlusconi. “Venimmo aggrediti come fascisti”, “essere qui oggi è per me una sorta di vendetta”, ha poi ironizzato Sgarbi, aggiugendo che “i governi vengono eletti dai popoli: i popoli scelgono magari anche sbagliando ma hanno scelto e noi siamo ancora qui”. Poco prima, nelle sue vesti di storico dell’arte, aveva presentato un capolavoro della pittura italiana, ‘Tolomeo II discute la traduzione in greco del Pentateuco con gli studiosi ebrei’, del pittore barocco Giovanni Antonio Galli, detto lo Spadarino, portato appositamente al Salon du Livre. “Un’opera potentemente letteraria e umanistica”, ha spiegato Sgarbi, parlando di “punto di congiunzione tra arte e letteratura”. Tra gli autori contemporanei annunciati da oggi 21 aprile nella capitale francese gemellata con Roma, Alessandro Baricco, Erri De Luca, Paolo Rumiz, Paolo Cognetti, Giancarlo De Cataldo, Antonio Scurati ma anche ‘italiani di Parigi’ come Andrea Marcolongo, Giuliano Da Empoli (arrivato nella finalissima dell’ultimo Prix Goncourt con il Mago del Cremlino), Emanuele Coccia o Maurizio Serra, primo italiano ad essere stato accolto nella ristretta cerchia dell’Académie francaise. A ruba tra i corridoi del Grand Palais Ephémère anche il manifesto del Festival: un ragazzo al manubrio di una Vespa rossa e una ragazza che legge seduta dietro, in bianco rosso e verde, sullo sfondo della Tour Eiffel.

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Cronache

I presepi del Vaticano: in piazza San Pietro e nell’Aula Paolo VI

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Sono due i presepi vaticani 2023, uno in piazza San Pietro e l’altro in Aula Paolo VI. Le due natività, volute fortemente dallaDiocesi di Rieti e affidate per la  realizzazione a Fondaco Italia, sono state pensate per celebrare gli ottocento anni dal primo presepe della storia, voluto nel 1223 da San Francesco d’Assisi a Greccio, nel reatino.

Nel 1223, preso dallo sconforto per le violenze e per lo spargimento di sangue che investiva Betlemme, travolta dalle crociate, il patrono d’Italia chiese al suo amico Giovanni Velita e sua moglie Alticama di portare una greppia (mangiatoia) un bue, un asino e di invitare tutta la popolazione di Greccio a radunarsi la sera del 24 dicembre. Da quel momento Greccio, come qualsiasi altro luogo dove viene realizzato il presepe, è diventato Betlemme.

“Il nostro obiettivo – ha spiegato Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia – è soprattutto la tutela del patrimonio artistico italiano. L’idea delle natività vaticane nasce dal restauro del santuario di Greccio, l’eremo francescano in provincia di Rieti dove, nel 1223, ottocento anni fa, San Francesco inventò il presepe.

Oltre ad ispirarci al santo di Assisi, al quale è dedicato questo progetto, ci siamo rifatti a quella straordinaria comunità di intenti e abbiamo coinvolto una serie di realtà imprenditoriali ed eccellenze artistiche per realizzare i due presepi vaticani”.

“Siamo lieti di tornare a Roma – ha dichiarato Riccardo Bisazza, presidente di Orsoni Venezia 1888 – dove abbiamo già collaborato a un importante restauro della Basilica di San Pietro, e di ritrovare il Santo Padre che, nel 2018, inaugurò a Bucarest la nuova Cattedrale della Salvezza del Popolo per la quale siamo impegnati a realizzare le tessere di mosaico che un team di 70 mosaicisti sta utilizzando per la decorazione dell’interno della cattedrale ortodossa più grande al mondo.
Il presepe di San Francesco in Sala Nervi accompagnerà le prossime festività e sarà visto in tutto il mondo durante le dirette dal Vaticano; siamo orgogliosi di aver contribuito al progetto di Fondaco Italia con i mosaici veneziani che testimoniano un’eccellenza Made in Italy unica al mondo.”

Il presepe di piazza San Pietro, pensando alla prima natività vivente, è stato progettato come un’istallazione artistica che prende la forma di una scenografia teatrale. La realizzazione è stata possibile grazie al contributo di partner privati ed affidata agli esperti artigiani di Cinecittà che hanno interpretato il disegno dell’artista presepista Francesco Artese, i personaggi sono stati realizzati dal maestro artigiano presepiale Antonio Cantone di Napoli, coordinati dai curatori Enrico Bressan e Giovanna Zabotti di Fondaco Italia.

La struttura, collocata sopra una base a forma ottagonale, come richiamo all’ottocentenario, prende spunto dalla roccia del Santuario di Greccio ed è concepita come una quinta che, in un perpetuo dialogo armonico, viene abbracciata idealmente dal colonnato di Piazza San Pietro.

Davanti ad essa, collocata a terra, una vasca in cui scorre, simbolicamente, il fiume Velino, ovvero le acque che, oggi come allora, dalla Valle Santa reatina giungono a Roma.

La scena vede al centro l’affresco della grotta di Greccio (opera del 1409 attribuita al Maestro di Narni di scuola giottesca) davanti al quale un frate officia la messa in presenza di San Francesco con in braccio il Bambinello, la Madonna e San Giuseppe in adorazione a lato della greppia, dietro a cui giacciono il bue e l’asinello.

Ad assistere alla rappresentazione tre frati, Giovanni Velita e la moglie Alticama, ovvero gli amici che hanno aiutato San Francesco a dare vita alla sua “opera prima”. I personaggi, in terracotta dipinta e di grandezza naturale, sono stati realizzati realizzati da Cantone e Costabile di Napoli, mentre l’illuminazione è stata affidata alla lighiting designer Margherita Suss.

La natività musiva dell’Aula Paolo VI, invece, è stata resa possibile grazie al contributo di Orsoni Venezia 1888, l’unica fornace a fuoco vivo a Venezia, che utilizza le stesse tecniche oltre un secolo per produrre mosaici in foglia d’oro 24 carati, ori colorati e smalti in più di 3.500 colori, dai rossi imperiali ai blu Madonna fino ad una gamma che conta più di 120 toni differenti per i colori degli incarnati.

Orsoni ha realizzato le tessere per il presepe in Sala Nervi: oltre 30.000 tessere per 4,5 mq di smalti di cui il 5% di tessere in foglia d’oro 24 carati, trasformate in opera sacra dal Maestro mosaicista Alessandro Serena. La scena raffigura una natività classica con San Francesco inginocchiato, in segno di totale devozione, in povertà e semplicità, mentre Chiara è orante accanto a lui.

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Cultura

Premio Carlo Missaglia, lunedì la prima edizione

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Si terrà lunedì la prima edizione del premio intitolato a Carlo Missaglia, l’indimenticato chansonnier e uomo di cultura napoletano, scomparso il primo gennaio di quest’anno. Il comitato scientifico, composto da Valerio Caprara, Enzo De Paola, Sara Missaglia, Fabio Pignatelli della Leonessa e Federico Vacalebre, assegnerà le tre statuette, opera dello scultore Renzo Bighetti, ad altrettanti rappresentanti della canzone, della cultura e dello spettacolo. il premio è ospitato da ‘Progetto Itaca Napoli’, associazione no profit che opera nel campo della salute mentale .

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Cultura

A Pompei una fabbrica del pane-prigione di 2000 anni fa

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È una fabbrica del pane di 2000 anni, ma soprattutto un panificio-prigione dove gli operai erano rinchiusi e ridotti in schiavitù e gli asini sfruttati per macinare il grano. A Pompei, durante gli scavi nella Regio IX, insula 10, per un intervento di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l’area ancora non indagata, è venuto alla luce un ambiente angusto e senza affaccio esterno, con piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce.

Nel pavimento, poi, addirittura intagli per coordinare e sincronizzare, a causa degli spazi ristretti, il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati. Quelle che a prima vista potrebbero sembrare delle “impronte” si può ritenere siano in realtà appunto intagli realizzati appositamente per evitare che gli animali da tiro scivolassero sulla pavimentazione e contemporaneamente tracciare un percorso, formando in tal modo un “solco circolare” (curva canalis). “La scoperta di un panificio-prigione a Pompei – dice il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico. Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia”.

“A ottobre ho illustrato alla commissaria Ue Elisa Ferreira gli straordinari risultati conseguiti dal programma di interventi del Grande Progetto Pompei. Di recente abbiamo assicurato nuovi finanziamenti a Pompei affinché le ricerche e la valorizzazione possano continuare. L’Italia tutta deve essere orgogliosa dei continui successi di Pompei, che si conferma fra i luoghi più visitati e rappresentativi del nostro immenso patrimonio culturale”, conclude il ministro. Quello del panificio prigione “è – spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel – uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento. È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro”.

Emerge una fotografia/testimonianza del lavoro massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali negli antichi mulini-panifici, del cui racconto si dispone grazie a una fonte di eccezione, lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo dopo Cristo, che nelle Metamorfosi racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto ad un mugnaio. Le fonti iconografiche e letterarie suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina.

L’usura dei vari intagli può essere ascritta agli infinti giri, sempre uguali, svolti secondo lo schema predisposto nella pavimentazione. Più che a un solco viene pertanto da pensare all’ingranaggio di un meccanismo di orologeria, concepito per sincronizzare il movimento intorno alle quattro macine concentrate in questa zona. “In ultima analisi – evidenzia Zuchtriegel – sono spazi come questo che ci aiutano anche a capire perché c’era chi riteneva necessario cambiare quel mondo e perché negli stessi anni un membro di un piccolo gruppo religioso di nome Paolo, poi santificato, scrive che è meglio essere tutti servi, douloi che vuol dire schiavi, ma non di un padrone terrestre, bensì di uno celeste”.

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