Più tempo per ridurre il debito, più trasparenza ma anche più rapidità nei controlli. L’Italia di Giorgia Meloni si avvicina alla difficile prova del debito e della manovra economica con una novità all’orizzonte: la riforma del Patto di stabilità. Il 9 novembre, salvo colpi di scena, la Commissione presenterà la sua proposta ma il pacchetto è ormai in dirittura di arrivo. E, spiegano diverse fonti europee, sta gradualmente guadagnando un ampio consenso degli Stati membri. All’insegna di un principio, innanzitutto: il rientro dal debito resta la stella polare, ma deve essere anche realistico. Una delle principale novità che la Commissione si appresta a proporre è l’abolizione della regola del ventesimo, secondo la quale gli Stati, annualmente, devono ridurre la quota eccedente nella misura di 1/20 del gap fra il livello corrente di debito/Pil ed il limite del 60%. La regola fu introdotta nel 2011 e a Bruxelles, complici anche la crisi del Covid seguita da quella conseguente alla guerra in Ucraina, sono ormai quasi tutti convinti che sia irrealizzabile. Il nuovo piano fiscale di rientro dovrebbe prevedere un periodo di 4 anni, estendibili fino a 7. Il quotidiano tedesco Handelsblatt si spinge anche oltre le anticipazioni che circolano a Bruxelles: gli Stati con debito elevato (la Grecia o l’Italia, ad esempio), avrebbero 4 anni per raggiungere il traguardo del 90% del debito/Pil, dopodiché saranno considerati a rischio medio, spiega il foglio teutonico. I piani di rientro saranno, per così dire, ‘tagliati su misura’ per ogni Stato membro, frutto di un negoziato tra ciascuna cancelleria e la Commissione, sul modello del Recovery Fund. Sarà il Consiglio Ue, quindi ad approvare l’intesa di volta in volta. Nella nuova governance economica l’Ue valuterà gli Stati membri sulla base di un nuovo parametro, l’indice di spesa pubblica, che la Commissione ritiene più esauriente meno manipolabile dei doppio parametro su deficit e debito. Alla maggiore elasticità, tuttavia, faranno da contraltare controlli più rigidi e, di conseguenza, una maggiore facilità di avviare procedure di infrazione nei confronti degli inadempienti. La riforma del Patto, insomma, sarà tutt’altro che un liberi tutti. “La sostenibilità del debito dell’Eurozona e dell’Italia non è visto come “un problema urgente”, ma “siamo certamente preoccupati per la tendenza dei Paesi ad alto debito nel continuare ad accumulare debito”, ha sottolineato lo European Fiscal Board, organo consultivo della Commissione. E secondo il gruppo di esperti “i percorsi di riduzione del debito dovrebbero diventare più differenziati e soggetti a un fermo impegno da parte dei governi nel medio termine”. In linea con la riforma del Patto, quindi. Fino al 31 dicembre 2023, in ogni caso, il Patto resterà sospeso in ossequio ad una proroga resasi necessaria con lo scoppio della guerra. L’11 novembre la Commissione presenterà le nuove stime. “L’economia rallenta, i rischi al ribasso che avevamo previsti si sono concretizzati”, ha spiegato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.