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Economia

Ita: Lufthansa conferma offerta con Msc

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 Scadono a mezzanotte i termini per presentare le offerte vincolanti al Ministero dell’Economia e delle Finanze per Ita Airways. Lufthansa ha gia’ confermato di aver presentato la sua proposta per una quota di maggioranza di Ita Airways insieme a Msc. Prevista anche quella del fondo Usa Certares, che con Lufthansa-Msc era entrata nella data room della newco. Sembra improbabile che arrivi a questo punto un’offerta anche dal fondo Indigo. La data room, ossia la stanza virtuale con tutti i documenti, conti e dati riservati della compagnia, e’ stata chiusa alle 18 di oggi. Tra le due proposte in arrivo la piu’ forte, sia sotto il profilo industriale che finanziario, dovrebbe essere quella del Gruppo Aponte con il colosso Lufthansa, le due societa’ avevano anticipato tutti presentando una manifestazione di interesse lo scorso gennaio e chiedendo anche un periodo di esclusiva di 90 giorni. La cifra che circolava al tempo si aggirava tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro per una quota di maggioranza della nuova compagnia di bandiera. Certares mette sul piatto una partnership, ma solo commerciale e senza una partecipazione nel capitale, con Air France-Klm e Delta Airlines. La compagnia francese, infatti, non puo’ investire se prima non restituisce al governo di Parigi i fondi pubblici ricevuti per fronteggiare la pandemia da Covid. Sulla vicenda si e’ espresso l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone, secondo cui Lufthansa sarebbe il partner “ideale” di Ita e permetterebbe a Fiumicino di crescere ulteriormente. “Consideriamo positivamente il modello di business di Lufthansa, la compagnia tedesca ha un’esperienza molto vasta nella gestione di vettori usciti da una crisi e nella gestione di piu’ hub”, ha spiegato l’a.d di Adr in una intervista a Bloomberg qualche giorno fa. Anche l’a.d della compagnia tedesca, Carsten Spohr, ha sempre detto che Lufthansa e’ il partner “giusto” per Ita, spiegando che con loro Fiumicino diventerebbe il quinto hub del Gruppo dopo Francoforte, Monaco, Zurigo e Vienna. Una volta ricevute le offerte, il Mef, azionista unico della newco, fara’ le proprie valutazioni “per scegliere il partner ideale della compagnia” ma scegliera’ anche la proposta piu’ valida per il Paese “nei termini ampi e non solo finanziari”, come ha sottolineato il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, e rimarcando che “un punto importante e’ avere un’azienda che stia in piedi, che sia parte di un gruppo piu’ ampio che assicuri connessioni e voli con il resto del mondo”. Il governo punta a chiudere la cessione di Ita entro fine giugno ma inizialmente il Mef restera’ nella societa’ con una quota di minoranza che potra’ poi essere venduta in una fase successiva. Intanto Swissport, la societa’ che ha vinto la gara indetta da Alitalia in amministrazione straordinaria per la cessione dell’handling di Fiumicino, e’ pronta a rilevare solo 1.451 persone, ovvero mille in meno rispetto agli attuali. La dimensione occupazionale totale dell’handling di Fiumicino e’ di 2.451 al 10 gennaio 2022.

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Azionisti Stellantis approvano lo stipendio dei manager: a Tavares 23,5 milioni di euro

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Gli azionisti di Stellantis hanno approvato con il 70,2% dei voti lo stipendio del management, tra cui quello del Ceo Carlos Tavares. I voti contrari sono stati quindi pari a quasi il 30%.

Nel 2023 l’amministratore delegato di Stellantis ha guadagnato 13,5 milioni di euro, 1,4 milioni in meno dell’anno precedente, ma ha ricevuto anche un bonus di 10 milioni di euro. Si tratta di incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi del gruppo e alla trasformazione di Stellantis in un’azienda di mobilità tecnologica sostenibile. Complessivamente quindi la remunerazione del manager è di 23,5 milioni di euro a fronte dei 14,9 del 2022, con un incremento che supera il 55%. Elkann ha ricevuto, invece, 4,8 milioni, uno in meno del 2022: una paga base di 924.404, fringe benefit del valore di 684.230 euro e 3,2 milioni di incentivi variabili.

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L’Alfa Romeo cambia nome alla Milano, si chiamerà Junior

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La nuova Alfa Romeo Milano dopo la polemica con il governo cambia nome: la prima compatta sportiva del Biscione si chiamerà Junior. “Pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutte le prescrizioni di legge, e in considerazione del fatto che ci sono temi di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova auto, Alfa Romeo decide di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione”, ha spiegato Jean-Philippe Imparato, amministratore delegato del brand, che ha confermato la produzione a Cassino della nuova Stelvio nel 2025 e della nuova Giulia nel 2026, mentre nulla è stato ancora deciso sui modelli del 2027. “La cautela è importante, faremo il nostro piano industriale sulla base di considerazioni che riguardano competitività e clienti. Questo vale per tutte le vetture che faremo in Italia”, ha sottolineato.

Soddisfatto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che nei giorni scorsi aveva definito “illegale” la scelta del brand Stellantis di produrre in Polonia il nuovo modello Alfa Romeo con il nome Milano “perché viola la legge sull’Italian Sounding”. “Credo sia una buona notizia – ha commentato Urso – che giunge proprio nella giornata del made in Italy che esalta il lavoro, l’impresa, la tipicità e la peculiarità del prodotto italiano che tutti ci invidiano nel mondo. Una buona notizia, che penso possa esaltare il lavoro e l’impresa e consentirci di invertire la rotta, anche per quanto riguarda la produzione di auto nel nostro Paese”. Il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, parla di “una vittoria del governo Meloni che dal giorno del suo insediamento sta portando avanti una battaglia per la tutela e il rilancio del Made in Italy”.

Per Imparato, che non ha sentito il ministro, “il caso è chiuso”: “Non procediamo legalmente, abbiamo da lavorare. Il nome sarà cambiato su tutti i mercati dove l’auto sarà venduta. Per noi il senso non è fare polemica, ma fare business” ha spiegato il manager che ha incontrato anche i concessionari. “In una delle settimane più importanti per il futuro di Alfa Romeo – ha detto il ceo del brand del Biscione – un esponente del governo italiano dichiara che l’utilizzo del nome Milano, scelto dal marchio per chiamare la nuova compatta sportiva appena presentata, è vietato per legge. Il nome Milano, tra i favoriti del pubblico, era stato scelto per rendere tributo alla città dove tutto ebbe origine nel 1910. Non è la prima volta che Alfa Romeo chiede il parere del pubblico per scegliere il nome di una vettura. Successe già nel 1966 con la Spider 1600: in quel caso il nome scelto dal pubblico era stato Duetto”. Il nuovo nome junior è un omaggio al passato.

“Una scelta del tutto naturale, essendo fortemente legato alla storia del marchio ed essendo stato fin dall’inizio tra i nostri preferiti e tra i preferiti del pubblico. Era al secondo posto dopo Milano”, ha sottolineato Imparato. “Siamo perfettamente consapevoli – ha affermato il manager – che questo episodio rimarrà inciso nella storia del marchio. E’ una grande responsabilità ma al tempo stesso è un momento entusiasmante. Come team scegliamo ancora una volta di mettere la nostra passione a disposizione del marchio, di dare priorità al prodotto e ai clienti. Decidiamo di cambiare, pur sapendo di non essere obbligati a farlo, perché vogliamo preservare le emozioni positive che i nostri prodotti generano da sempre ed evitare qualsiasi tipo di polemica. L’attenzione riservata in questi giorni alla nostra nuova compatta sportiva è qualcosa di unico, con un numero di accessi al configuratore online senza precedenti, che ha provocato il crash del sito web per alcune ore”. Imparato ha concluso con una battuta: “è come avere lanciato due modelli in pochi giorni, prima la Milano e poi la Junior. Siamo davvero unici”.

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Made in Italy, fatturato dei distretti industriali in crescita del 0,8 %

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Il fatturato delle imprese nei distretti industriali è stimato aver mostrato un lieve incremento nel 2023 (+0,8%), collocandosi abbondantemente sopra i livelli del 2019 (+20%). E’ quanto emerge dalla sedicesima edizione del rapporto annuale realizzato dalla direzione studi e ricerca di Intesa Sanpaolo. L’analisi, che ha preso in esame i bilanci di circa 20.800 imprese localizzate nei distretti industriali, è stata presentata a Milano dal presidente di Intesa Sanpaolo professor Gian Maria Gros-Pietro, dal capo economista della banca Gregorio De Felice e dalla responsabile della ricerca industry & local economies Stefania Trenti.

Le attese per il biennio in corso sono positive: è previsto un aumento del fatturato a prezzi correnti delle imprese distrettuali pari all’1,1% nel 2024 e del +2% nel 2025. È proseguito il processo di rafforzamento patrimoniale delle imprese distrettuali: il patrimonio netto in percentuale del passivo è salito sopra la soglia del 30% nei distretti, leggermente superiore ai valori osservati al di fuori dei distretti. Un’originale analisi di lungo periodo sui bilanci aziendali mostra come questa percentuale si sia raddoppiata in vent’anni (era di poco sotto il 16% nel triennio 1998-2000). In crescita, secondo l’analisi, gli investimenti per efficientare i processi produttivi e potenziare l’autoproduzione di energia.

Un quarto delle imprese distrettuali è riuscito a contenere l’aumento delle bollette al 4% nel quinquennio 2019-23. La doppia transizione green e digitale sarà il principale driver degli investimenti: le imprese con investimenti 4.0 ottengono vantaggi sia in termini di crescita sia di produttività. Nel 2023, secondo il rapporto sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo, tutti i settori mostrano valori del fatturato maggiori rispetto a quelli del 2019. Spiccano, in particolare, i distretti specializzati nella meccanica e nell’agro-alimentare che anche nel 2023 hanno registrato una buona crescita del fatturato, grazie alle performance ottenute sui mercati internazionali (+7,9% e +4,5% rispettivamente la crescita dell’export).

L’export distrettuale è rimasto sostanzialmente stabile, confermando i livelli record toccati nel 2022 quando per la prima volta si era superata di slancio la quota dei 150 miliardi di euro esportati. I distretti hanno saputo superare la debolezza del mercato tedesco cogliendo le opportunità di crescita presenti in altri mercati, come ad esempio, la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, il Messico, l’Arabia Saudita, la Cina. Si tratta di “un’ulteriore conferma della straordinaria capacità e velocità di adattamento delle imprese distrettuali che spiccano nel panorama italiano per propensione all’export e capacità di creare valore nel territorio”, si legge nel rapporto. Nel 2023, infatti, l’avanzo commerciale dei distretti è salito di altri 4,4 miliardi di euro (+4,8%), toccando la quota record di 94,3 miliardi di euro.

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