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Israele sul punto di riaprire la guerra: i fratellini Bibas uccisi a mani nude a Gaza

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Kfir e Ariel Bibas, rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 quando avevano nove mesi e quasi tre anni dalla loro casa nel kibbutz di Nir Oz, “sono stati brutalmente assassinati a sangue freddo dai terroristi, a mani nude. Non li hanno uccisi sparandogli. Dopo la loro morte sono state compiute azioni orribili per coprire le atrocità commesse: hanno mutilato i corpi in modo che l’Idf potesse essere incolpato di averli uccisi in un bombardamento”. Con queste parole, affidate al portavoce dell’esercito Daniel Hagari, Israele ha descritto l’orrore emerso dalle autopsie eseguite all’istituto di medicina legale Abu Kabir e dall’intelligence dell’esercito. E respinto duramente la ricostruzione dei terroristi di Gaza secondo cui i due bambini avrebbero perso la vita a causa di un attacco aereo dell’Idf nei primi giorni della guerra. I risultati dell’esame autoptico “sono stati inviati agli alleati affinché vedano con i loro occhi e il mondo sappia come si comporta Hamas”, ha riferito Hagari.

L’Idf inoltre ha contestato ai jihadisti della Striscia la mancata restituzione della salma di Shiri, la madre dei due piccoli, definendola “una flagrante violazione dell’accordo di tregua e liberazione degli ostaggi tra Hamas e Israele”. Al posto del corpo di Shiri Bibas, nella bara nera inviata da Hamas sono stati trovati i resti di un’anonima donna di Gaza il cui Dna non corrisponde ad alcuno dei rapiti. Israele ha chiesto ora l’immediato ritorno del corpo: “Non rimediare il prima possibile è una grave violazione dell’intesa”. In serata le Brigate al Qassam hanno riferito ad al Jazeera di avere consegnato i resti della donna alla Croce Rossa che sono stati subito affidati all’istituto di medicina legale israeliano per il riconoscimento. Un funzionario di Hamas, Ismail al-Thawabteh, aveva spiegato l’errore dichiarando che il corpo di Shiri Bibas “è stato fatto a pezzi e si è mescolato ad altri corpi sotto le macerie dopo un attacco israeliano”. Ora il gruppo terroristico chiede la restituzione del corpo della donna gazawi mandata a Israele nella bara con la foto di Shiri. Il presidente Usa Donald Trump, parlando a Fox radio news, ha commentato sdegnato la consegna delle bare: “È stato terribile, una scena barbara. È difficile credere che stia accadendo nell’era moderna”, ha detto, lasciando intendere che Netanyahu vuole riprendere la guerra e che gli Usa lo sosterranno: “Bibi non ha alcun dilemma sul riprendere il conflitto”.

Il governo di Gerusalemme intanto sembra non aver intenzione di far saltare l’accordo, perlomeno per il momento, mentre gli ultimi sei ostaggi vivi dei 33 da liberare nella prima fase dell’intesa stanno per tornare a casa, insieme con altri quattro corpi di rapiti morti. Ma Netanyahu ha voluto mandare un messaggio inequivocabile a Hamas, nella prima dichiarazione dopo l’identificazione dei fratellini Bibas. “Oggi il cielo trema. E’ un giorno tragico. I selvaggi di Hamas li hanno strappati dalle braccia della madre, lei ha lottato come una leonessa per proteggerli. Immaginate il loro orrore. Immaginate la confusione. Bambini, per l’amor di Dio. Chi rapisce un bambino e un neonato e li uccide? Dei mostri. Ecco chi”, ha detto in un messaggio video tenendo in mano la foto di Kfir e Ariel. “Come primo ministro di Israele, giuro che non avrò pace finché i selvaggi che hanno giustiziato i nostri ostaggi non saranno consegnati alla giustizia. Non meritano di camminare su questa terra. Niente mi fermerà. Niente”, ha promesso con rabbia. Nel frattempo la famiglia Bibas, che ha ricevuto la catastrofica conferma della morte dei bambini dopo 503 giorni di angoscia, ha postato un messaggio su Facebook per dire che “non vuole vendetta, ma solo che Shiri ritorni”.

“Primo ministro Netanyahu, non abbiamo ricevuto parole di scuse da voi in questo momento doloroso”, ha aggiunto la zia dei piccoli, Ofri. Il padre Yarden, rapito anche lui il 7 ottobre ma separatamente dal resto della famiglia e rilasciato due settimane fa, è stato informato direttamente da Hagari: “Mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto che il mondo intero venga a conoscenza e rimanga scioccato dal modo in cui hanno ucciso i suoi bambini”, ha raccontato il portavoce dell’Idf. Che in conferenza stampa ha risposto pure sulle esplosioni di tre autobus e di un ordigno di 5 chili pronto per deflagrare giovedì sera vicino a Tel Aviv, affermando che chi ha organizzato l’attacco multiplo sarà catturato. Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz sono stati di persona venerdì nel campo profughi di Tulkarem, da dove lo Shin Bet ritiene che siano partiti i terroristi. Entrambi hanno annunciato che le “roccaforti del terrorismo in Cisgiordania saranno eliminate. E l’esercito lancerà ulteriori operazioni dopo i falliti attentati sui bus”.

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La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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Mosca, fermato l’agente di Kiev per uccisione del generale

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Il servizio d’intelligence interna russo (Fsb) ha detto di avere fermato un “agente dei servizi speciali ucraini” accusato di avere piazzato la bomba sull’auto fatta saltare in aria ieri vicino a Mosca, che ha ucciso il generale Yaroslav Moskalik (nella foto), membro dello stato maggiore. L’Fsb, citata dall’agenzia Ria Novosti, afferma che l’ordigno è stato fatto saltare in aria a distanza con un segnale inviato “dal territorio ucraino”.

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Zelensky a Roma per i funerali di Papa Francesco, forse incontra Trump

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato a Roma per partecipare ai funerali di Papa Francesco. Lo ha confermato il suo portavoce, Sergei Nykyforov, spiegando che anche la First Lady Olena Zelenska prenderà parte alla cerimonia funebre.

Incertezza fino all’ultimo sulla presenza

Fino a poche ore prima dell’annuncio, Zelensky aveva espresso dubbi sulla possibilità di raggiungere la capitale italiana, affermando di non essere certo di “avere il tempo” per partecipare all’evento e per rivedere il presidente americano Donald Trump, anch’egli atteso ai funerali. Alla fine, il presidente ucraino ha scelto di essere presente per rendere omaggio a Papa Francesco.

Un momento solenne di rilievo internazionale

La partecipazione di Zelensky e della First Lady alla cerimonia sottolinea l’importanza del momento, che vede la presenza di numerosi capi di Stato e di governo provenienti da tutto il mondo.

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