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Israele attacca Gaza con i raid e le truppe di terra

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Truppe israeliane sono entrate stanotte a Gaza per un attacco di terra contro le postazioni di Hamas bersagliate negli ultimi giorni da pesantissimi raid aerei dopo la pioggia di razzi verso lo Stato ebraico. “Ho detto che avremmo fatto pagare un prezzo molto alto ad Hamas. Lo facciamo e continueremo a farlo con grande intensita’. L’ultima parola non e’ stata detta e questa operazione proseguira’ per tutto il tempo necessario”, ha scritto il premier israeliano Benyamin Netanyahu in un messaggio pubblicato su Twitter dopo l’annuncio dell’esercito dell’avvio delle operazioni di terra, accompagnate da nuovi raid. Il portavoce militare Jonathan Conricus ha precisato che i soldati sono pentrati dal nord della Striscia, senza tuttavia dare particolari sulla quantita’ di forze impegnate nell’enclave palestinese. Le forze israeliane hanno comunque ordinato a chiunque si trovi in territorio israeliano entro 4 km dalla frontiera di entrare in un rifugio e di restarvi “fino a nuovo ordine”. Di fronte all’ennesima escalation del conflitto, il Consiglio di sicurezza dell’Onu e’ stato convocato per domenica. Per tutta la giornata di ieri Israele aveva continuato ad ammassare le truppe al confine con la Striscia e a richiamare altri riservisti, facendo presagire l’imminenza di un’operazione di terra, evocata a piu’ riprese dallo stesso esercito.

La guerra con Hamas – mentre continuano i raid e il lancio di razzi su Tel Aviv e vicino agli aeroporti israeliani – scivola cosi’ in uno scontro diretto sul campo dopo essersi aggravata nella serata di ieri di un altro dramma: un’intera famiglia, compresi quattro bambini e la madre incinta, e’ rimasta uccisa in un pesante bombardamento israeliano nella zona di Sheikh Zayed, nel nord di Gaza, che ha provocato almeno 11 morti e 50 feriti, secondo la ricostruzione dell’agenzia palestinese Wafa. Al quinto giorno di conflitto le chance di un cessate il fuoco imminente appaiono ridotte al lumicino. La comunita’ internazionale, malgrado gli appelli alla de-escalation e qualche timido tentativo di mediazione, sembra assistere impotente. E non e’ servito da deterrente per l’operazione di terra neanche la grave situazione che Israele sta affrontando al suo interno, con le violenze incessanti tra ebrei ed arabi: un secondo fronte imprevisto e foriero di sviluppi devastanti. Finora dalla Striscia sono piovuti su Israele circa 1.600 razzi, anche di nuova concezione, accompagnati dalla novita’ dei droni esplosivi. Razzi che hanno bersagliato il sud e le zone centrali del Paese. L’aviazione ebraica ha risposto con centinaia di attacchi, soprattutto contro la catena di comando e di intelligence di Hamas e della Jihad e contro i lanciatori di missili anti tank. In particolare e’ stata centrata una struttura dei servizi di Hamas con “dozzine di terroristi operativi” all’interno.

Un edificio, hanno spiegato ancora i militari, che serviva come comando principale per la sua rete di sorveglianza. Il bilancio, secondo il ministero della Sanita’ di Gaza, e’ salito ad oltre 100 morti (compresi 27 bambini), con oltre 500 feriti. Hamas, hanno sottolineato gli esperti, sta mostrando una crescente e innovativa capacita’ di fuoco, usando tra l’altro – come ha rivelato Abu Obeida, portavoce delle Brigate al-Qassam, ala militare dell’organizzazione – i nuovi razzi denominati ‘Ayash250′, che avrebbero una gittata di 250 chilometri. Sono questi ad essere stati lanciati verso l’aeroporto internazionale Ramon, a nord di Eilat, e piuttosto distante dalla Striscia. Minaccia che ha portato le maggiori compagnie aeree europee e americane a sospendere i voli per l’aeroporto Ben Gurion almeno fino a sabato. Ma a preoccupare la leadership israeliana sono anche – o forse soprattutto – le violenze che da giorni, a partire dagli scontri di Gerusalemme, stanno infiammando le citta’ miste con una vera e propria caccia all’uomo tra ebrei e arabi e tentati linciaggi da entrambe le parti. Il ministro della Difesa Benny Gantz ha quindi ordinato “un massiccio rinforzo” delle forze di polizia nel tentativo di raffreddare “gli attacchi contro civili ebrei ed arabi”. “Siamo in stato di emergenza”, ha detto Gantz, che ha disposto il rinforzo di 10 battaglioni della polizia di frontiera. “Nessun soldato – ha tuttavia precisato – sara’ coinvolto in queste attivita’, visto che non fanno parte della missione dell’esercito”.

Una politica non condivisa dal premier Benyamin Netanyahu che invece da Lod – cittadina scintilla delle violenze – ha annunciato che per sedare i disordini Israele potrebbe “fare ricorso ad arresti amministrativi (ossia non convalidati da un giudice, ndr) ricorrendo anche ai soldati, come peraltro avviene anche in altri Paesi”. Fatto sta che i disordini continuano a dilagare da sud a nord: da Bat Yam a Haifa, da Tiberiade al Negev alla periferia di Tel Aviv, fino ad Acco (S.Giovanni d’Acri), dove nei giorni scorsi e’ stato appiccato il fuoco ad uno dei piu’ famosi ristoranti della citta’, ‘Uri Buri’, di proprieta’ di un ebreo. Lo stesso e’ avvenuto per negozi e proprieta’ arabe. Una spirale difficile da contenere. Sul fronte politico infine sembra allontanarsi un governo di unita’ anti-Netanyahu. Il leader di Yamina Naftali Bennett stasera ha escluso di poter far parte di un esecutivo con Yair Lapid. Secondo alcuni media anzi Bennett riprendera’ i colloqui proprio con il Likud di Netanyahu. La decisione pare legata proprio ai disordini tra arabi ed ebrei: al governo alternativo a Netanyahu si accreditava la possibilita’ che potesse essere sostenuto dall’esterno dai partiti arabi.

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La Nato verso nuovi Patriot e Samp-T all’Ucraina

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Da Capri a Bruxelles a Washington, l’Occidente imbocca la strada per concretizzare gli aiuti militari – compresa la difesa aerea – essenziali per Kiev in difficoltà nella guerra. Durante il Consiglio Nato-Ucraina con Volodymyr Zelensky, il segretario generale Jens Stoltenberg ha assicurato che “presto” ci saranno nuovi annunci sui sistemi di difesa per il Paese invaso. “L’Alleanza ha mappato le capacità degli alleati, ci sono sistemi che possono essere dati all’Ucraina”, ha riferito Stoltenberg al termine dell’incontro. “In aggiunta ai Patriot ci sono altri strumenti che possono essere forniti, come i Samp-T”, quelli a produzione franco-italiana. Un annuncio che arriva mentre prendono corpo i “segnali incoraggianti” evocati dal segretario di Stato Usa Antony Blinken: dopo mesi di stallo, la Camera americana ha spianato la strada ai quattro provvedimenti per gli aiuti a Ucraina, Israele e Taiwan, mettendo in agenda il voto per domani.

E il Pentagono si sta preparando ad approvare rapidamente un nuovo pacchetto di aiuti militari che include artiglieria e difese aeree: secondo una fonte americana, parte del materiale potrebbe raggiungere il Paese nel giro di pochi giorni. In generale, per Kiev in ballo ci sono gli oltre 60 miliardi di dollari di forniture per le forze armate che – ha ricordato Blinken – “faranno una differenza enorme”. “Se i nuovi aiuti non verranno approvati c’è il rischio che sia troppo tardi”, ha ammonito il ministro degli Esteri Usa, mentre Zelensky ha ribadito l’allarme: i soldati “non possono più attendere” la burocrazia occidentale, la Nato deve dimostrare “se siamo davvero alleati”. La situazione sul terreno “è al limite”, ha aggiunto il leader ucraino al segretario della Nato Da parte dell’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha “confermato quello che ha detto il presidente del Consiglio” sul fatto che il nostro Paese “farà il possibile per la protezione aerea dell’Ucraina”, mentre Kiev vuole dagli alleati ogni sistema disponibile, dai moderni Patriot – “almeno altre sette sistemi” – ai Samp-T italo-francesi. Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto ha partecipato al Consiglio Nato-Ucraina, nel quale si è convenuto sulla necessità di uno sforzo ulteriore per sostenere Kiev. L’Italia ragiona sugli ulteriori aiuti militari da fornire quanto prima all’Ucraina e sul tavolo – si apprende – c’è la possibilità di un nuovo decreto per l’invio degli armamenti.

Anche se Crosetto ha più volte sottolineato che quasi tutto ciò che si poteva dare è stato dato. Già a Capri, dove ha partecipato al G7 Esteri, Stoltenberg aveva confermato la volontà degli alleati di accelerare sulla difesa aerea ucraina. E nel loro documento finale, i Sette ministri hanno espresso la “determinazione a rafforzare le capacità di difesa aerea” del Paese invaso, confermando l’impegno a lavorare per esaudire le richieste di Kiev, ribadite anche dal capo della diplomazia ucraina Dmytro Kuleba, tra gli ospiti del summit in Italia. Il sostegno del G7 è pronto a tradursi anche in ulteriori sanzioni contro Teheran “se dovesse procedere con la fornitura di missili balistici o tecnologie correlate alla Russia”.

Il Gruppo ha poi puntato il dito contro la Cina, chiedendo nel suo documento finale di “interrompere” il sostegno alla macchina bellica di Mosca. Infine, i Sette hanno ribadito l’impegno ad attuare e far rispettare le sanzioni contro i russi, minacciando di “adottare nuove misure, se necessario”. In vista del vertice dei leader in programma a giugno in Puglia, il G7 lavora inoltre alle “possibili opzioni praticabili” per usare i beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina, “in linea con i rispettivi sistemi giuridici e il diritto internazionale”. Finora l’Ue ha trovato le basi legali solo per l’uso degli extraprofitti, ma bisogna ancora capire se si può fare un passo in più mettendo le mani direttamente sugli asset.

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Teheran avverte Israele, ‘non fate altri errori’

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“Un fallimento”, “fuochi d’artificio”, “la situazione è completamente normale”. La Repubblica islamica tace sulle esplosioni o minimizza l’attacco notturno, attribuito a Tel Aviv, che ha colpito una base militare a Isfahan nel giorno dell’85esimo compleanno della Guida suprema Ali Khamenei. Vari esponenti del governo e delle forze armate iraniane hanno continuato a minacciare una “risposta massima e definitiva” contro lo Stato ebraico mentre l’attacco veniva sminuito. Secondo Teheran, le esplosioni sentite nella notte sono dovute al sistema di difesa iraniano che ha preso di mira “mini droni di sorveglianza americani o israeliani”, lanciati a meno di una settimana dall’attacco dell’Iran contro Israele, in ritorsione per l’uccisione di sette membri delle Guardie della rivoluzione in un raid contro l’ambasciata iraniana di Damasco.

Dopo la chiusura, temporanea, dello spazio aereo su Teheran e altre città, i media della Repubblica islamica si sono affrettati ad assicurare che, in seguito all’abbattimento di “oggetti volanti sospetti”, la situazione era tornata alla completa normalità mentre i siti nucleari nella zona non sono stati danneggiati dall’attacco, come confermato anche dall’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea), e hanno continuato ad operare “in totale sicurezza”. L’attribuzione dell’attacco a Israele è stata inizialmente bollata come “un’assurdità” dal comandante in capo dell’Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, mentre il Consiglio per la Sicurezza Nazionale ha negato di aver tenuto una riunione d’emergenza, smentendo indiscrezioni apparse sui “media stranieri”. Il governo di Teheran e i vertici militari hanno evitato in ogni modo di parlare direttamente dell’attacco, con l’eccezione del ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian che, senza esplicitamente accusare lo Stato ebraico, ha definito l’attacco un “fallimento”, dipinto come una vittoria ed “esagerato dai media filo israeliani”, sottolineando che i droni sono stati abbattuti senza causare danni o vittime.

“La nostra prossima risposta sarà immediata e ai massimi livelli nel caso in cui il regime di Israele si imbarchi nuovamente in avventurismo e intraprenda azioni contro gli interessi dell’Iran”, ha ribadito Amirabdollahian, affermando che un eventuale risposta “decisiva e definitiva” contro Israele è già stata pianificata nel dettaglio dalle forze armate iraniane. La responsabilità di Israele è stata comunque indicata da figure politiche minori. Come il deputato Mehdi Toghyani, secondo cui “il disperato tentativo del regime sionista, con l’aiuto di agenti locali, di portare avanti un attacco con vari piccoli droni contro una base militare di Isfahan è fallito e ha portato loro ulteriore disgrazia”. Più cauto Javad Zarif, l’ex ministro degli Esteri e negoziatore per Teheran all’epoca dell’accordo sul nucleare del 2015, che ha chiesto alla comunità internazionale di fermare Israele “alla luce degli imprudenti fuochi d’artificio di Isfahan”.

Nessun commento sull’attacco da Khamenei, come anche da parte del presidente Ebrahim Raisi, che ha completamente ignorato i fatti di Isfahan durante un’apparizione pubblica a Damghan, nella provincia settentrionale di Semnan. “Questa operazione ha dimostrato l’autorità del sistema della Repubblica Islamica e la potenza delle nostre forze armate”, ha detto il presidente iraniano tornando a parlare della ritorsione di Teheran contro Tel Aviv per il raid di Damasco.

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Kiev esulta, ‘abbattuto bombardiere russo’. Mosca nega

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Per la prima volta dall’inizio dell’invasione, le forze ucraine hanno annunciato di aver colpito e abbattuto un bombardiere russo. Lo stesso che poco prima aveva lanciato un raid sulla regione di Dnipro, con un nuovo bilancio di morte in un’altra notte di guerra in Europa: almeno nove persone uccise fra cui tre minori, di 14, 8 e 6 anni. I feriti sono 24. A Dnipro è stato preso di mira anche un edificio residenziale, distruggendolo in gran parte, e la linea ferroviaria, secondo quanto ha denunciato subito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale ha fatto visita ai soldati nel Donetsk, dove l’esercito russo sta aumentando la pressione.

Lo stillicidio di morti nel cuore dell’Europa viaggia però di pari passo alla guerra di parole, con Mosca che ha negato a strettissimo giro di aver perso un suo bombardiere sotto il fuoco ucraino: il ministero della Difesa russo ha affermato che il Tupolev Tu-22M3 è sì precipitato nella regione russa di Stavropol, ma a causa di un guasto tecnico, aggiungendo che nell’incidente ha perso la vita uno dei quattro membri dell’equipaggio. “Le informazioni preliminari disponibili indicano che l’incidente è stato causato da un malfunzionamento tecnico”, si legge in un comunicato del ministero. A bordo dell’aereo “non c’erano munizioni” e il velivolo “si è schiantato in una zona disabitata”, prosegue la nota, secondo cui il Tu-22M3 è precipitato mentre rientrava alla base dopo aver completato una missione di combattimento.

Il resoconto dell’Aeronautica di Kiev racconta un’altra storia: nella notte le forze ucraine hanno abbattuto 30 obiettivi aerei russi su 36, incluso il bombardiere strategico a lungo raggio Tu-22M3, hanno specificato sul loro canale Telegram i militari. Quindi i dettagli. L’esercito russo ha lanciato due missili da crociera X-101/X-555, 14 droni kamikaze Shahed-131/136, 12 missili guidati X-59/X-69, due missili da crociera Iskander-K e sei missili da crociera X-22, ha affermato Kiev, aggiungendo: oltre al bombardiere Tu-22M3, sono stati distrutti i due missili da crociera X-101/X-555, i 14 droni Shahed, 11 missili guidati X-59/X-69 e i due missili X-22. L’artiglieria russa ha bombardato anche la comunità di Kutsurbskaya, nell’area di Mykolaiv, provocando la morte di una donna e il ferimento del marito e di un ragazzo, stando al governatore della regione, Vitaly Kim, citato dalla stampa ucraina. Intanto nella città di New York, vicino al fronte nel Donetsk, una persona è rimasta uccisa e un’altra è rimasta ferita in un bombardamento, ha annunciato il governatore locale.

Mentre continuano gli aggiornamenti sull’attacco nella regione di Dnipro, da dove l’operatore ferroviario Ukrzaliznytsia ha fatto sapere che una donna che era in servizio in quel momento è stata uccisa e altri sette ferrovieri sono rimasti feriti, e i servizi di soccorso continuano a scavare fra le macerie consapevoli che il numero delle vittime potrebbe aumentare ancora. Le capacità di terra dell’esercito ucraino, privo di munizioni e uomini, sono “limitate” e rimarranno tali finché la Russia manterrà il vantaggio nei cieli, ha lamentato Zelensky intervenendo al Consiglio Nato-Ucraina ribadendo l’appello a rafforzare e soprattutto concretizzare il loro sostegno all’Ucraina: “Abbiamo bisogno di almeno altri sette Patriot o sistemi di difesa aerea simili – ed è un numero minimo”, ha detto. La Nato deve decidere “se siamo alleati davvero”, ha insistito il leader ucraino: “Il nostro cielo deve diventare di nuovo sicuro. E dipende interamente dalla vostra scelta. Scegliere se la vita ha davvero lo stesso valore ovunque. Scegliere se avete un atteggiamento uguale verso tutti i partner. Scegliere se siamo davvero alleati”.

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