Raccontare l’Italia con il cibo. Da Predoi a Lampedusa, la cucina come filo rosso per narrare la magia del Belpaese, valorizzato non solo dagli storici monumenti e dall’immenso patrimonio archeologico, ma anche dai propri piatti tipici, dalla cultura culinaria peculiare di ognuna delle venti regioni che lo compongono.
Una varietà ben percepibile attraversando gli oltre 200 stand allestiti per la quinta edizione di Ischia Safari: chef, pizzaioli e pasticcieri non solo isolani e campani, ma provenienti – o operanti – dalle più disparate zone d’Italia, pronti a fa conoscere e assaggiare i propri piatti. Pietanze che intrinsecamente contengono anche la storia dei luoghi in cui sono state ideate e degli ingredienti impiegati per la loro preparazione, che spesso meriterebbero una narrazione a sé.Basti pensare alle alici di Cetara protagoniste della pizza gourmet del pizzaiolo Giorgio Caruso, che ormai cinque anni fa è partito alla volta di Milano aprendo la pizzeria Lievità, che oggi conta tre locali di indiscusso successo. “Queste alici hanno una storia – dice Caruso – sono state pescate nel Golfo di Salerno, messe in conserva nelle nostre botti di legno che vengono trasportate a Milano, e poi da lì sono tornate al sud, per essere qui stasera”.
Scendendo più a sud sicuramente colpisce la rivisitazione del caldaro, la zuppa di pesce tipica dell’Argentario, un piatto la cui storia risale al ‘600. Per Ischia Safari, lo chef Emiliano Lombardelli l’ha destrutturata e reinterpretata come un raviolo. E poi c’è la storia di Federico Marrone, giovane pasticcere ventenne che, dopo un’esperienza in Francia, è tornato a casa a L’Aquila, a lavorare nel ristorante dei genitori, lì dove tutto è iniziato quando avevo otto anni. L’Abruzzo è servito nel piatto: il parrozzo, dolce tipico della regione, è accompagnato da una mousse di yogurt prodotto sul Gran Sasso, a rimarcare la forte presenza di materie prime ben selezionate. Un altro chef molto attento alla tipicità degli ingredienti è sicuramente Giuseppe Biuso di Lipari, che reinterpreta il pane cunzato eoliano in una cialda con capperi, acciughe e pomodorini del territorio.
Ma Ischia Safari non è solo chef: è anche prodotti e storie. Così si scopre l’Associazione del pomodoro cannellino flegreo, creata con il proposito di far conoscere questo prodotto. Una storia di agricoltori che seguono un determinato disciplinare, prettamente manuale, e senza l’utilizzo di prodotti chimici. La prerogativa del prodotto è quella di contenere una percentuale di potassio maggiore rispetto ad altri pomodori, per cui è molto più sapido: ciò lo rende estremamente versatile in cucina.
Poco lontano da questo peculiare stand, troviamo i formaggi di Giuseppe Iaconelli, che spiega la sua visione su come andrebbe cambiata la narrazione riguardo al settore di cui si occupa da anni. “Il rapporto degli italiani con il formaggio è ottimo, come consumi e come appeal del prodotto rispetto al consumatore – spiega – quello che andrebbe cambiato sta da parte di noi produttori e dal punto di vista di chi si occupa di comunicazione”. La centralità del formaggio nella cultura culinaria italiana, comunque, non viene messa in discussione: “Il formaggio è sicuramente un ambasciatore dei territori senza eguali”. Ogni luogo ha il suo, per un totale di 403 tipicità riconosciute, un primato senza eguali.
E di caseario si occupa anche l’azienda Rapuano, i cui prodotti sono apprezzatissimi da diverse realtà imprenditoriali ischitane. Dal Sannio Beneventano si sono fatti conoscere fino in America, grazie all’attenzione per il biologico. Taralli di tutti tipi, vini, pecorino, caciocavallo e la famosa salsiccia rossa di Castelpoto. Il segreto c’è: forno a legna per i taralli, e stagionatura naturale per i formaggi. E il responsabile vendite Antonio Caruso svela un particolare che dice molto sulle condizioni climatiche attuali: “Quest’anno non presentiamo il miele perché l’annata non è stata una delle migliori, altrimenti l’avremmo abbinato al formaggio”.
Lo chef Giorgio Locatelli ha annunciato l’apertura di un nuovo ristorante a Londra in uno dei centri dell’arte britannica e internazionale: la National Gallery a Trafalgar Square. “E’ un grosso progetto che comincerà a maggio”, ha detto il celebre “giudice” di Masterchef Italia in un’intervista al podcast Foodminds che arriva a una settimana da un altro annuncio dello chef, fatto in quel caso “col cuore pesante”, sulla chiusura della sua Locanda Locatelli nella capitale del Regno Unito dopo oltre 20 anni e la conquista di una stella Michelin. “E’ la prima volta che la National Gallery decide di avere un ristorante italiano e ha scelto noi dopo un bando pubblico che abbiamo vinto qualche settimana fa”, ha dichiarato con grande soddisfazione Locatelli.
“Sarà un ristorante sulla linea della Locanda, lavoreremo sempre con gli stessi ingredienti e vogliamo essere una grande pubblicità per il made in Italy in quell’istituzione”, ha sottolineato lo chef riferendosi sempre alla National Gallery, fra l’altro diretta dall’italiano Gabriele Finaldi. Nell’annunciare la chiusura della Locanda Locatelli aveva comunque già fatto riferimento a un nuovo progetto a cui stava lavorando affermando che “quando una porta si chiude, un’altra si apre”. Lo chef 61enne, originario della provincia di Varese, si è trasferito da tempo nel Regno dove vive con la moglie britannica Plaxy Exton, e nella sua carriera ha alternato la cucina stellata al piccolo schermo, lavorando anche ad alcuni documentari della Bbc per il programma ‘Italy Unpacked’, oltre a pubblicare diversi libri.
A 61 anni, lo chef Giorgio Locatelli, noto giudice di Masterchef Italia dal 2018 e figura di spicco della ristorazione italiana a Londra, ha annunciato la chiusura della sua celebre Locanda Locatelli. Situato nel cuore del quartiere chic di Marylebone, il ristorante, una stella Michelin, era un punto di riferimento per la cucina italiana di alta qualità nella capitale inglese da ben 23 anni.
L’annuncio sui social e un futuro da svelare
L’annuncio della chiusura è arrivato tramite un post sui social del ristorante, che ha lasciato trasparire sia tristezza sia speranza per il futuro. “È con la tristezza nel cuore, e per ragioni che non dipendono da noi, che annunciamo la chiusura definitiva del locale. Ci mancheranno tutti i nostri clienti, molti dei quali nel tempo sono diventati degli amici. Ma quando una porta si chiude, un’altra si apre”, si legge nel messaggio. Il post si chiude con un accenno a nuovi progetti e un augurio per un 2025 prospero e felice.
Da quanto emerso, la chiusura è legata a un cambiamento nell’assetto del Hyatt Regency London-The Churchill, l’hotel cinque stelle che ha ospitato il ristorante fin dalla sua apertura. La Locanda riaprirà altrove, probabilmente sempre a Londra, ma con un progetto più ampio, i cui dettagli restano per ora segreti.
Un’eredità di gusto e tradizione italiana
Originario di Corgeno di Vergiate, un piccolo paese sul lago di Comabbio in provincia di Varese, Giorgio Locatelli ha sempre portato avanti una filosofia culinaria basata su ingredienti di alta qualità, il rispetto per la tradizione italiana e una particolare attenzione alla stagionalità. Piatti iconici come le pappardelle ai fegatini di pollo, il minestrone, o l’insalata di puntarelle hanno conquistato il cuore dei suoi clienti, grazie a un equilibrio tra tradizione e innovazione.
La Locanda Locatelli, inaugurata nel 2002 insieme alla moglie Plaxy Exton, ha ricevuto la stella Michelin nel 2003, confermandosi un luogo d’eccellenza per la cucina italiana all’estero.
I primi passi e la nuova avventura
Prima di aprire la Locanda, Locatelli aveva già lasciato il segno con il ristorante Zafferano, aperto nel 1997, che ottenne la stella Michelin nel 1999. Da sempre legato alla città di Londra, dove vive dal 1986, lo chef ha saputo affermarsi come uno dei maggiori ambasciatori della cucina italiana all’estero.
Sebbene Locatelli non abbia ancora rilasciato dichiarazioni sulla chiusura, gli accordi per la nuova avventura prevedono il massimo riserbo. Quel che è certo è che il nuovo progetto non è legato alla collaborazione annunciata tempo fa con la National Gallery, ma potrebbe segnare un nuovo capitolo nella sua carriera.
Aspettative per il futuro
La chiusura della Locanda Locatelli rappresenta la fine di un’era, ma anche l’inizio di una nuova avventura. I fan dello chef e della sua cucina attendono con curiosità di scoprire quale sarà la prossima tappa per uno dei più celebri interpreti della tradizione gastronomica italiana.
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Napoli conquista il primato come città numero uno al mondo per il cibo, secondo gli Awards 24/25 di TasteAtlas, una delle piattaforme più autorevoli nella valorizzazione della gastronomia globale. Con un punteggio di 5,00, la città partenopea supera giganti gastronomici come Milano, Bologna, e persino Parigi, confermandosi una meta imprescindibile per gli amanti della buona cucina.
La supremazia della cucina napoletana
Non solo la città, ma anche i suoi piatti simbolo brillano nella classifica delle 100 Migliori Pietanze al Mondo. Napoli è rappresentata da ben tre piatti iconici:
Pizza napoletana (2° posto, punteggio 4,75): il simbolo per eccellenza della città, amata e imitata in tutto il mondo, è stata riconosciuta come uno dei capolavori culinari più apprezzati a livello globale.
Parmigiana di melanzane alla napoletana (38° posto, punteggio 4,51): un piatto ricco di sapori, che esalta la semplicità e la bontà degli ingredienti mediterranei.
Linguine allo scoglio (50° posto, punteggio 4,50): un’esplosione di gusto che celebra il connubio tra pasta fresca e frutti di mare freschissimi.
Un primato meritato
Questo riconoscimento non è solo un tributo alla tradizione culinaria di Napoli, ma anche al ruolo che la città riveste come ambasciatrice del gusto italiano nel mondo. L’autenticità dei sapori, la qualità degli ingredienti e la maestria dei suoi artigiani del cibo rendono Napoli unica nel panorama gastronomico internazionale.
Il valore della tradizione
La cucina napoletana è molto più di un insieme di ricette: è una cultura, una storia di generazioni che tramandano segreti e tecniche per preservare il sapore autentico della città. Dai vicoli dei Quartieri Spagnoli ai ristoranti stellati, il cibo di Napoli è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi e racconta l’anima di una comunità.
Napoli al centro del turismo gastronomico
Questo primato non farà che accrescere l’attrattiva di Napoli come destinazione di turismo gastronomico. I visitatori di tutto il mondo avranno un motivo in più per immergersi nella città del Vesuvio, esplorando non solo la cucina, ma anche le sue bellezze artistiche, storiche e paesaggistiche.
Napoli non è solo una città, è una tavola imbandita che aspetta di essere scoperta e amata da chiunque desideri vivere un’esperienza indimenticabile.